Gianfranco Manfredi è una figura poliedrica che ha attraversato decenni di cultura italiana, muovendosi con agilità tra musica, scrittura, filosofia e arti visive. Nato in un contesto artistico che ne ha stimolato la creatività, ha saputo combinare la sua formazione intellettuale con una carriera artistica ricca di sperimentazione. Le sue musiche e i suoi testi hanno fatto da colonna sonora e politica di un movimento che è stato e che ha vissuto, quello del ’77. Ha descritto nei suoi testi cosa ha rappresentato il movimento politico in quegli anni, la pratica dell’Autonomia rispetto allo Stato, la gioia, la rabbia e la violenza che le politiche istituzionali sono riuscite solo a lasciare alla classe operaia e studentesca.
Le radici e la formazione filosofica
Nato a Senigallia il 26 novembre 1948, Gianfranco Manfredi cresce in una famiglia profondamente immersa nell’arte. Sua madre, Gina Mauri Paolini, insegnava pianoforte, mentre il padre, Enzo Manfredi, era professore d’orchestra e pittore. Questo ambiente stimolante ha favorito sin dalla giovinezza la sua passione per l’arte e la cultura. Trasferitosi a Milano, Manfredi intraprende gli studi in Storia della Filosofia presso l’Università degli Studi, dove si laurea con una tesi su Jean-Jacques Rousseau e le classi sociali, sotto la guida del professor Mario Dal Prà. Questa solida base accademica ha influenzato il suo pensiero critico e la sua produzione artistica.
Gianfranco Manfredi si colloca in un’area politica di sinistra, quella autonoma, che negli anni ’90 si è trovata in netto contrasto e antagonismo nei confronti dello Stato. Il ’77, partito dalle lotte spontanee di studenti e giovani operai, è stato caratterizzato da discorsi nuovi, che hanno definito l’inizio di una nuova era. Un movimento anche femminista, alternativo, pratico, militante: i nuovi soggetti sociali erano pronti per una lotta autonoma nei confronti dello Stato.
Sta nel sogno realizzato,
Sta nel mitra lucidato,
Nella gioia, nella rabbia,
Nel distruggere la gabbia.
Così cantava Gianfranco Manfredi per descrivere l’insurrezione, il fomento e la voglia di cambiare il sistema di quegli anni. Un nuovo orizzonte politico, fortemente criminalizzato dagli organi di Governo e dal PCI, che si basava sui dogmi marxisti e su una radicalizzazione di ogni pratica politica. Un nuovo orizzonte politico che puntava a amalgamare le relazioni sociali personali, d’amicizia o d’amore che fossero, nel politico.
Un artista versatile: cantautore e scrittore
Durante gli anni Settanta, Manfredi si fa conoscere come cantautore, distinguendosi per uno stile che intreccia temi personali e sociali. La sua opera si inserisce nel contesto culturale dell’“area dell’autonomia”, un movimento che si opponeva alle rigide ortodossie marxiste dell’epoca e che, successivamente, aumentò lo scontro anche con il Partito Comunista.
L’album Ma non è una malattia rappresenta un manifesto di questo approccio, combinando ironia, denuncia e una sensibilità unica. Le sue canzoni, come Quarto Oggiaro Story, esplorano la quotidianità con un linguaggio accessibile ma incisivo, rendendolo una voce originale e autorevole nel panorama musicale italiano.
L’Influenza del contesto culturale e politico
Manfredi ha sempre affrontato il panorama culturale e politico con spirito critico. La sua produzione riflette una sintesi originale tra il giovane Marx e pensatori come Freud, Nietzsche e Lacan. Attraverso questa fusione, Manfredi ha contribuito alla creazione di una “nuova cultura rivoluzionaria”, capace di superare i confini ideologici tradizionali.
Le sue opere incarnano una costante ricerca di autenticità, mescolando intuizioni personali con analisi sociali, e offrendo al pubblico una narrazione unica e coinvolgente.
Nella morte della scuola,
Nel rifiuto del lavoro,
Nella fabbrica deserta,
Nella casa senza porta
Così Gianfranco Manfredi racconta gli obiettivi di una politica e di un movimento spontaneo e libero, in “Ma chi ha detto che non c’è”, una delle canzoni più rappresentative del 1977, uscita proprio nel medesimo anno. I giovani del ’77 sognavano, e sognano ancora, un mondo in cui non esista il dominio capitalistico, in cui la scuola non è pensata al solo profitto per il futuro. Le sue denunce sono contro un mondo ormai corrotto, in cui la classe dominante ha a cuore solo il profitto privato, attraverso lo sfruttamento dei lavoratori.
Quindi Gianfranco Manfredi sogna, come avrebbero sognato quegli stessi ragazzi, cantando le sue canzoni sull’erba. Sogna una casa senza porta, dove la proprietà privata non determini i rapporti sociali e sogna l’esplosione di ogni carcere o gabbia che punti alla repressione e al controllo dello Stato sopra i corpi dei ribelli.
Nella storia del futuro,
Nel presente senza storia,
Nei momenti d’ubriachezza,
Negli istanti di memoria
Un nuovo capitolo: la sceneggiatura per il fumetto
Negli anni Novanta, Gianfranco Manfredi amplia ulteriormente i suoi orizzonti creativi, dedicandosi alla sceneggiatura di fumetti. Questo medium gli consente di sperimentare nuovi linguaggi narrativi, raccontando storie che spaziano tra avventura, critica sociale e introspezione. La transizione verso il mondo del fumetto rappresenta un ulteriore capitolo della sua poliedrica carriera, consolidandolo come un artista capace di adattarsi e reinventarsi.
Nonostante la sua intensa attività professionale, la famiglia ha sempre occupato un ruolo centrale nella vita di Manfredi. Sposato con Mirella Lisignoli, psicomotricista e istruttrice di Tai Chi, ha tre figlie: Diana, artista e film-maker, Elena e Cora. La loro casa è un luogo dove arte e riflessione convivono, offrendo un terreno fertile per l’ispirazione creativa.
Un’influenza duratura sulla cultura italiana
Gianfranco Manfredi rappresenta una figura emblematica della cultura italiana contemporanea. La sua capacità di attraversare discipline diverse – dalla musica alla filosofia, dalla scrittura al fumetto – ha lasciato un’impronta indelebile, ispirando artisti e intellettuali. Con una carriera che continua a essere fonte di studio e ammirazione, Manfredi rimane un simbolo di innovazione e coerenza artistica.
Gli anni ’70 hanno rappresentato uno dei momenti più duri della storia italiana, quando immagini terrificanti ricoprivano le notizie sui quotidiani, tra stragi fasciste, come furono Piazza Fontana nel 1969 o la strage di Piazzale della Loggia a Brescia nel 1974. Se non erano stragi o attacchi fascisti a uccidere, ad incarcerare e massacrare erano le forze dell’ordine. Giorno dopo giorno c’erano morti sul lavoro o donne uccise da aborti ancora illegali.
Si arrivava da un momento di profondo fermento sociale, quello studentesco del ’68, che aveva riportato in auge il concetto di lotta armata, violenza nelle piazze e un diverso approccio nelle manifestazioni di strada o nei rapporti con neofascisti e forze dell’ordine.
Sta nel prendersi la merce,
Sta nel prendersi la mano,
Per tirare i sampietrini
Nell’incendio di Milano,
Nelle spranghe sui fascisti
Nelle pietre sui gipponi
Erano questi i “sogni dei teppisti” che volevano realizzare ogni loro desiderio politico, sociale ed economico, anche sulla scia del fomento globale. Erano gli anni dei miti spagnoli, come Bonaventura Durruti, o cubani, come Che Guevara da Cuba alla Bolivia. In moltissime parti del mondo nascevano gruppi rivoluzionari autonomi e in contro potere rispetto allo Stato, che puntavano alla liberazione dalle logiche capitalistiche opprimenti della società borghese, oppure che lottavano per un oppressore colonialista, come la Palestina.
Sta nel mitra lucidato,
Nella fine dello Stato.
La logica collettiva della protesta, l’autodifesa, l’autotutela, i servizi d’ordine nei cortei e nelle iniziative erano delle pratiche ben studiate e apprese dopo anni e anni di aggressioni, provocazioni, ma anche studi e ispirazioni rispetto ai movimenti internazionali, come l’ETA o l’IRA.
Ma chi ha detto che non c’è
La vita e il lavoro di Gianfranco Manfredi sono un viaggio affascinante attraverso le trasformazioni culturali e sociali dell’Italia. Artista, intellettuale e narratore, ha saputo incarnare il suo tempo, offrendo uno sguardo critico e appassionato che continua a influenzare e arricchire il panorama culturale contemporaneo.
Ha saputo raccontare, nelle sue raccolte, un’epoca importante, non dimenticata da tutti, ma che molte rivolte ritorna, proprio con l’obiettivo di realizzare quel sogno – o quantomeno, avvicinarsi alla sua realizzazione – di cambiare il sistema statale e le sue braccia armate. Ma chi ha detto che non ci sarà.
Nella voglia più totale,
Del discorso trasparente.