Di Clara Campi
Leonarda Cianciulli è un nome che ci suona familiare, così come il soprannome con cui è famosa: la saponificatrice di Correggio. Eppure pochi di noi conoscono davvero la sua storia, che si perde tra leggende e dicerie.
Durante il regime fascista, in Italia non era permesso parlare di cronaca nera, quindi pochi vennero a conoscenza delle malefatte e dell’arresto di Leonarda Cianciulli, nel 1941, ma tutta l’Italia la conoscerà presto: il suo processo si svolgerà infatti cinque anni dopo e sarà, a tutti gli effetti, il primo processo mediatico della storia italiana.
Leonarda, nel suo memoriale di 700 pagine titolato “Confessioni di un’anima amareggiata”, ci racconta di essere nata a Montella, in provincia di Avellino, nel 1893, e di non essere mai stata amata dalla madre, perché frutto di uno stupro.
Tuttavia, secondo alcune fonti (non confermate), la storia non sembra essere andata proprio così: mentre sua madre, Serafina, risulta essere davvero stata aggredita sessualmente a quattordici anni e poi costretta ad un “matrimonio riparatore” con il suo aguzzino, Leonarda non è frutto di quello stupro: nascerà infatti molti anni dopo dal secondo matrimonio di sua madre con Mariano Cianciulli.
In ogni caso, la madre di Leonarda non sarà mai amorevole nei suoi confronti, ignorandola fino all’adolescenza.
A quel punto, decide di trovarle marito ed organizza il suo matrimonio con un cugino benestante.
Nel frattempo, però, Leonarda si innamora di un ragazzo più grande, Raffaele Pansardi, e decide di sposarlo andando contro il volere della madre, che in tutta risposta la maledice dicendole che avrà una vita piena di sofferenze.
Leonarda si convince di essere maledetta e vive in un perenne stato di ansia, che la porta a subire un aborto spontaneo subito dopo il matrimonio.
Rimane presto di nuovo incinta e partorisce una bambina, che però si ammala di spagnola e muore.
Leonarda Cianciulli, il cui più grande desiderio era quello di essere madre, continua a provarci ma subirà altri due aborti spontanei, oltre alla tragica morte di ben dieci dei sue figli.
Soltanto quattro di loro si salveranno.
Quando l’ultima nata, l’unica femmina superstite, si ammala Leonarda è disperata, certa che perderà anche lei: pratica allora un rituale per la Madonna, strappandosi otto denti e gettandoli nel fuoco.
Non è ben chiaro cosa se ne facesse la Madonna di otto denti infuocati, ma sta di fatto che la piccola guarisce.
Quando la casa dove vivono crolla in seguito al terremoto dell’Irpinia e del Vulture del 1930, la famiglia decide di trasferirsi a Correggio in cerca di fortuna.
Qui Raffaele trova lavoro come impiegato comunale e Leonarda si ingegna, creando in casa un negozio di vestiti e mobili usati, oltre a leggere la mano e le carte e organizzare occasionalmente piccole truffe.
A Correggio, Leonarda si ambienta presto e diventa molto popolare, scriverà infatti nel suo memoriale: “Non so quanti abitanti abbia Correggio, ma non ce n’è uno che non abbia assaggiato le mie torte”.
Nel 1939, Leonarda sogna la madre che rinnova la sua maledizione e la paura la assale: teme che l’amatissimo primogenito Giuseppe possa venir convocato al fronte e perdere la vita in guerra.
Presa da follia e paranoia, decide che deve fare qualcosa per proteggere i suoi figli, costi quel che costi. Leonarda si convince che esista un solo un modo per spezzare una maledizione così forte: i sacrifici umani.
Ermelinda Faustina Setti è un’anziana vicina di casa che sogna di trovare il suo principe azzurro: Leonarda l’aiuta allora ad organizzare un matrimonio con un suo conoscente fuori città.
Questo conoscente, però, non esiste: quando Faustina è a casa di Leonarda, pronta per la partenza, lei l’aggredisce alle spalle con un martello.
Smembra il corpo, raccogliendo il sangue con un catino, e butta i pezzi in un pentolone con soda caustica per farne del sapone.
Poi aspetta che il sangue si coaguli e lo mescola alla farina per farne dei dolci che offre ai suoi frequenti ospiti.
Francesca Clementina Soavi è una donna di mezz’età, ex tata e insegnante d’asilo in cerca di lavoro. Leonarda si offre di aiutarla e le dice di averle trovato un impiego a Piacenza.
Quando Francesca si presenta pronta per la partenza, Leonarda la aggredisce alle spalle con un’ascia e le fa fare la stessa orribile fine di Ermelinda.
Virginia Cacioppo è un’ex cantante lirica cui Leonarda promette un’impego come segretaria di un teatro a Firenze: anche lei viene aggredita alle spalle con un’ascia, il suo corpo trasformato in torte e saponette.
A questo punto tre dei figli sono protetti, manca un’ultimo sacrificio per completare l’opera.
Cianciulli sceglieva sempre con attenzione le sue vittime, assicurandosi che si trattasse di donne sole che nessuno avrebbe cercato.
Commette tuttavia un errore di valutazione con Virginia, ignorando che fosse particolarmente legata a sua cognata, Albertina.
Albertina denuncia la sua scomparsa e, frustrata dal poco interesse dimostrato dalla polizia locale, si rivolge al commissariato di Reggio Emilia, cui consegna un’agendina con segnati i numeri dei buoni del tesoro di Virginia.
Ed è proprio tramite un buono del tesoro che si risale a Leonarda, che viene accusata di aver ucciso le sue vittime per impadronirsi del loro patrimonio. Lei nega tutto, almeno finché gli investigatori iniziano ad accusare Giuseppe di essere il colpevole.
A quel punto Leonarda, sempre pronta a tutto per i suoi figli, si addossa tutte le colpe, ma sottolinea di non averlo fatto per i soldi, bensì per salvare la prole da morte certa.
Giudicata colpevole, viene condannata a tre anni di manicomio e trenta di carcere, ma non uscirà mai dal manicomio, dove, leggenda narra, passerà il resto della vita a cucinare torte e biscotti che però nessuno ha il coraggio di assaggiare.