Leonard Peltier è un’attivista statunitense per i diritti dei nativi americani.
Nel 1977 viene arrestato e condannato a due ergastoli per l’omicidio di due agenti dell’FBI.
Da 47 anni, tra irregolarità processuali e periodi di isolamento, Peltier si trova in carcere per un crimine che sostiene di non aver commesso.
Leonard Peltier, undicesimo di 13 fratelli, nasce il 12 settembre 1944 nella riserva indiana dei Turtle Mountain Chippewa, vicino a Belcourt, nel North Dakota.
La sua è un’infanzia nel villaggio è segnata da povertà e miseria, e dall’oppressione della popolazione benestante.
All’età di 4 anni, in seguito al divorzio dei genitori, Leonard viene affidato ai nonni paterni in un’altra riserva: la Turtle Mountain Reservation, nella contea di Rolette, sempre nel North Dakota.
Peltier studia in un collegio indiano di Wahpeton, nel North Dakota, che lui stesso definisce “la mia prima prigione“.
Qui, sperimenta le prime forme di abuso nel tentativo del collegio di strappare le radici culturali dei giovani nativi.
Dopo il diploma, viene mandato alla scuola indiana di Flandreau (South Dakota), che abbandona in prima superiore per andare a vivere con il padre nella riserva delle Turtle Mountain.
L’oppressione dei nativi americani e l’attivismo di Peltier
Peltier sperimenta in prima persona i soprusi e le oppressioni di cui sono vittime i nativi americani negli USA.
L’obiettivo della politica governativa, attraverso la cessazione forzata delle attività e il ritiro dell’assistenza federale, è quello di forzare l’integrazione degli abitanti delle riserve alla moderna società euro-americana.
Molti vengono obbligati ad abbandonare le proprie abitazioni, con la promessa di nuovi alloggi e posti di lavoro nelle moderne città.
Ma gran parte di questi accordi non vengono mantenuti, e molti dei nativi americani cacciati dalle riserve rimangono senza una casa.
Nel 1965, Leonard Peltier si trasferisce a Seattle, terra originaria dei nativi Nez Perces, lavorando come saldatore e operaio edile.
Nella sua attività, di cui diviene presto parziale proprietario, impiega altri nativi americani e fornisce riparazioni a basso costo a chi ne ha bisogno.
L’autofficina di Peltier diviene, infine, un centro di riabilitazione per ex detenuti nativi americani ma, a causa delle spese non sostenibili, l’attività è costretta a chiudere.
A quel punto, Leonard si dedica alla rivendicazione e conservazione di terre da parte dei nativi e alla consulenza per l’abuso di alcol.
AIM e le occupazioni di rivendicazione dei nativi americani
L’ AIM (American Indian Movement) nasce nel 1968, periodo fervente di movimenti sociali, come quello delle Pantere Nere per i diritti degli afroamericani, i quali prendono piede dal profondo sentimento di protesta contro la guerra in Vietnam.
Tuttavia, AIM non si definisce rivoluzionario, ma dichiara come proprio scopo quello di rivendicare la centralità delle radici nativo-americane degli Stati Uniti.
I membri del movimento occupano aree abbandonate le quali, secondo trattati tra Stato federale e comunità native, spetterebbero di diritto ai nativi americani.
Nel 1970, i membri del gruppo, tra cui Leonard Peltier, scavalcano le recinzioni che circondano la base militare di Fort Lawton, nei pressi di Seattle, per rivendicarne il possesso nativo.
I manifestanti vengono subito presi in custodia, e Peltier e alcuni compagni vengono persino picchiati.
Nonostante il gruppo non abbia ottenuto il possesso della base, nel giugno del 1971 partono dei negoziati che concedono ai nativi 40 acri di terra.
Peltier diventa, così, membro ufficiale AIM nel 1972.
Pochi mesi dopo, il gruppo organizza la marcia “dei trattati infranti“ (Trail of Broken Treaties), pochi giorni prima delle presidenziali, che saranno vinte da Nixon.
I nativi americani notificano all’amministrazione una lista di 20 punti per migliorare le relazioni USA-India.
La richiesta fondamentale dei manifestanti è che il popolo nativo americano venga trattato secondo “i nostri trattati”.
I manifestanti si barricano all’interno della BIA (Bureau of Indian Affairs), e pongono fino all’occupazione solo quando il governo promette di esaminare la lista delle 20 richieste. Cosa che, però, non avverrà mai.
La rivolta di Wounded Knee
Il 27 febbraio del 1973, un gruppo di circa 200 nativi Sioux occupa la cittadina di Wounded Knee, prendendo in ostaggio una decina di civili.
Wounded Knee era un luogo simbolico per i nativi, essendo stata, nel 1890, teatro di un massacro in cui persero la vita 300 nativi Lakota.
L’obiettivo della rivolta è protestare contro le misere condizioni di vita riservate dal governo ai nativi americani.
Per 71 giorni, i Sioux si autogovernano con le proprie leggi e consuetudini, e non danno modo a Washington di entrare nella cittadina assediata.
Il governo federale decide, perciò, di avviare dei negoziati, ma i manifestanti rifiutano ogni tentativo di mediazione.
Il 10 maggio, iniziano gli scontri a fuoco che terminano con due morti tra i nativi, una decina di feriti e due militari USA feriti gravemente.
Ciò che i manifestanti ottengono, però, è l’apertura di un’inchiesta sulle loro condizioni di vita problematiche.
L’incidente di Oglala e il ruolo di Leonard Peltier
Poche settimane dopo i fatti di Washington, Peltier rimane coinvolto in una rissa all’interno di un ristorante, e viene accusato del tentato omicidio di un agente di polizia di Milwaukee (Wisconsin).
Dopo 5 mesi in carcere, durante i quali ha luogo l’incidente di Wounded Knee, AIM paga la cauzione di Peltier.
Questo, consapevole di non poter ottenere un giusto processo per l’accusa di tentato omicidio, si dà alla clandestinità.
Ma per l’FBI, Leonard Peltier è ormai un bersaglio noto come “manager AIM“.
Il 26 giugno 1975, un gruppo di Ogala Sioux della riserva indiana di Pine Ridge, nel South Dakota, chiede aiuto all’AIM a causa della tensione altissima tra nativi, FBI, e gruppi armati civili. Giungono quindi sul luogo 17 attivisti, tra cui Peltier, che si accampano a difesa dei nativi.
Quel giorno, i due agenti dell’FBI Williams e Coler sono alla ricerca di un giovane di nome Jimmy Eagle, accusato del furto un paio di stivali da cowboy in pelle.
I due agenti, vestiti in borghese e alla guida di due auto non contrassegnate, individuano un pick-up rosso che corrisponde alla descrizione di quello di Eagle ed entrano nella riserva di Pine Ridge.
Per motivi mai chiariti, si innesca una sparatoria, nella quale perdono la vita Kohler, Williams e un attivista AIM.
L’FBI accusa di duplice omicidio Leonard Peltier e altri due membri del movimento, Robert Robideau e Darrell Butler.
Robideau e Butler vengono arrestati e giudicati non colpevoli per mancanza di prove.
Nel frattempo, Peltier fugge in Canada, ma viene presto estradato negli USA e processato.
Il processo e le controversie legali
Nel 1977, Peltier viene riconosciuto come l’unico colpevole di due omicidi di primo grado e condannato a due ergastoli consecutivi.
Lui si è sempre dichiarato innocente, pur non rinnegando le sua attività di militante nell’AIM.
Gli avvocati hanno più volte richiesto un ricorso al caso, a causa delle molte controversie successivamente emerse.
Una presunta testimone chiave della sparatoria è Myrtle Poor Bear, una nativa Lakota che viveva a Pine Ridge.
Bear ha dichiarato di aver visto Peltier uccidere entrambi gli agenti, ma successivamente ha ritratto la testimonianza.
Solo nel 2000, Myrtle Poor Bear ha dichiarato che la sua testimonianza originale era stata il risultato di mesi di minacce e molestie da parte dell’FBI.
Nel 1980, gli avvocati di Leonard Peltier ottengono documenti che contengono prove balistiche che potrebbero sostenere l’innocenza dell’imputato, ma che durante il processo non erano state messe a disposizione.
L’FBI ammette di aver nascosto migliaia di documenti relativi al caso, ma i tribunali respingono ogni richiesta di un nuovo processo.
Nel 1979, Peltier viene trasferito nella prigione di Lompoc, in California, dove viene a conoscenza di alcuni piani per il suo omicidio.
Per questo motivo evade dal carcere, ma viene rintracciato e riportato in prigione.
Nel 1985, viene trasferito al penitenziario di Leavenworth a Leavenworth, in Kansas. Qui, nel 1999, scrive in carcere la sua autobiografia: “Prison Writings: My Life Is My Sun Dance“.
Oggi, all’età di 75 anni, Leonard Peltier si trova nella prigione di massima sicurezza di Coleman, in Florida.
Negli ultimi anni, la sua salute ha subito un brusco declino, e i medici lo ritengono in pericolo di vita.
Soffre di malattie renali, diabete di tipo 2, ipertensione, una malattia degenerativa delle articolazioni e una costante mancanza di respiro e vertigini.
Inoltre, è cieco da un occhio a causa di un ictus del 1986, ed è costretto all’utilizzo di un deambulatore.
In molti, oggi, ne chiedono la grazia.
Alla fine del suo mandato, il Presidente Clinton era pronto a concederla. Ma fu ostacolato da una manifestazione di 500 membri dell’FBI.
Recentemente, Amnesty International, diversi vincitori del premio Nobel per la pace, tra cui l’arcivescovo Desmond Tutu, la tribù Standing Rock Sioux e il Congresso nazionale degli indiani americani hanno chiesto la scarcerazione di Peltier inviando un appello al Presidente Biden.
Ma per ora, non sono giunte risposte.
Solo nel 2024, Peltier avrà diritto a un’udienza per la libertà vigilata.