Al Centro Saint-Bénin di Aosta prosegue fino al 20 settembre la mostra “Leonard Freed. Io amo l’Italia” che con un corpus di cento opere rende omaggio alla fotografia internazionale d’autore.
La rassegna proposta dall’Assessorato dell’Istruzione e Cultura della Regione autonoma Valle d’Aosta, curata da Enrica Viganò e realizzata in collaborazione con il Leonard Freed Archive e Admira, offre al pubblico una ricca selezione di immagini scattate dal fotografo americano, membro della celebre agenzia Magnum Photos, in diverse città fra cui Firenze, Milano, Napoli, Roma, Venezia e in piccole località italiane, a partire dalla metà del Novecento agli inizi del nuovo secolo.
Gli scatti, tutti in bianco e nero, raccontano il rapporto fra Leonard Freed e l’Italia – terra che ha amato profondamente e che lo ha ospitato per oltre quarantacinque soggiorni – tappa importante della sua autorevole carriera.
Emerge dai suoi lavori, colmi di sentimento, una colossale forza che si scorge nei volti e nelle inquadrature, ritratti in maniera realistica e liberi da stereotipi, ma dotati di grande sensibilità ed umanità.
“La storia d’amore” con l’Italia, così come lui stesso la definiva, ha inizio tra il 1952 e il 1958, quando, mosso dall’interesse per l’arte, compie i primi viaggi in Europa e scopre la passione per la fotografia.
Da sempre attratto dallo studio della natura umana, dei comportamenti, dei caratteri, s’innamora da subito degli italiani che ne incarnano le differenti tipologie e che ha modo di osservare anche nella Little Italy di New York, dove si trasferisce nel 1954. Passano quindi in secondo piano i paesaggi, l’arte, l’architettura, la politica, che rappresentano lo sfondo della sua personalissima analisi della società.
La ricerca di Leonard Freed, sensibile all’antropologia culturale e all’indagine etnografica, scaturisce dalla necessità di ritrovare il senso delle proprie origini attraverso lo studio di comunità tradizionali. Ne deriva il suo esser affascinato dalla vita della gente comune, dal calore e dalla spontaneità che si osserva negli scatti che immortalano lavoratori siciliani, persone che passeggiano, bambini che giocano o che vanno a scuola, uomini e donne che compiono i gesti tipici della loro quotidianità, soldati, aristocratici veneziani e romani.
La sua analisi trasversale della società offre uno spaccato di 50 anni di storia, dove se da un lato sono evidenti i cambiamenti e le differenze socio-economiche legati al trascorrere degli anni, dall’altro si percepisce una continuità gestuale che esula dal passare del tempo. Gli atteggiamenti, le espressioni, i gesti appaiono come cristallizzati in un passato che diviene presente.
Il suggestivo percorso espositivo offre quindi una minuziosa descrizione della popolazione italiana, dove a scene di uomini che spingono carretti di legno – per il trasporto di frutta nella Little Italy di New York degli anni ’50 o nel frettoloso spostamento di un enorme pesce nell’assolata Sicilia degli anni ’70 – si alternano scene di semplice rilassatezza. Lo si scorge negli scatti con persone sedute davanti alla propria abitazione o nell’immagine di un uomo intento ad offrire prodotti tipici (Sicilia, 1974), secondo i costumi dell’ospitalità mediterranea.
Spiccano opere dal gusto vivace e ironico in cui i preti giocano a tirarsi palle di neve in Piazza San Pietro (Roma, 1958), o dove tre cani attendono di entrare in una Farmacia (Venezia, 2004) o, ancora, una movimentata panoramica su un gruppo di ragazzini, divertiti dall’esplosione di petardi (New York, 1955). Il carattere poetico e riflessivo, ma al contempo di estrema forza, è trasmesso da Napoli, 1956: il ritratto di una ragazza dallo sguardo espressivo fisso in camera si staglia sullo sfondo di un gruppo di donne che guardano all’orizzonte. Della stessa carica emotiva, seppur priva di sguardi e di espressioni dirette, è Firenze, 1958, che cattura un momento di riposo di tre giovani soldati seduti su un ponte della città, avvolta da una leggera foschia.
Del rapporto con la fotografia e con i suoi soggetti Leonard Freed aveva un’idea molto chiara e affermava infatti: “Sono come uno studente curioso, che vuole imparare. Per poter fotografare devi prima avere un’opinione, devi prendere una decisione. Poi quando stai fotografando, sei immerso nell’esperienza, diventi parte di ciò che stai fotografando. Devi immedesimarti nella psicologia di chi stai per fotografare, pensare ciò che lui pensa, essere sempre molto amichevole e neutrale”. E ancora: “Voglio una fotografia che si possa estrapolare dal contesto e appendere in parete per essere letta come un poema”.
La mostra Leonard Freed. Io amo l’Italia è corredata da un volume italiano-inglese, riccamente illustrato, edito da Admira Edizioni.
Centro Saint-Bénin
La struttura espositiva, diretta da Daria Jorioz, dirigente regionale dell’Assessorato dell’Istruzione e Cultura, è aperta al pubblico sin dal 1986. Le esposizioni temporanee sono ospitate negli ambienti della seicentesca cappella del complesso monumentale del priorato di Saint-Bénin, fondato intorno all’anno Mille e diventato a partire dal 1604 Collegio di studi superiori. Per più di tre secoli il “Collège Saint-Bénin” alimentò la cultura locale e formò la classe dirigente laica della Valle d’Aosta. Secondo la tradizione, fu proprio dai Benedettini di Saint-Bénin che S. Anselmo apprese i primi rudimenti della cultura e coltivò la vocazione che lo avrebbe portato sul seggio primaziale di Canterbury.
L’edificio, restaurato dalla Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Valle d’Aosta, presenta ancora l’antico campanile romanico a bifore del XII secolo e conserva al suo interno un sontuoso altare barocco ornato da colonne tortili.
Il Centro Saint Bénin di Aosta ha offerto al pubblico numerose mostre dedicate all’arte moderna e contemporanea nazionale e internazionale ed ha ospitato diversi importanti artisti quali: Arturo Martini, Francesco Messina, Felice Casorati, Antonio Canova, Auguste Rodin, Maurizio Cattelan, André Derain, Maurice De Vlaminck, Damien Hirst, Anish Kapoor, Wolfgang Alexander Kossuth, Shirin Neshat, Mimmo Paladino, Giò Pomodoro, Giorgio De Chirico, Andy Warhol.