L’emancipazione femminile nel mondo della criminalità organizzata

emancipazione femminile nel mondo della criminalità organizzata

L’emancipazione femminile nel mondo della criminalità organizzata sta vivendo una trasformazione senza precedenti, mettendo in luce una nuova realtà in cui le donne stanno assumendo ruoli sempre più rilevanti e influenti all’interno delle varie organizzazioni criminali italiane.

Nel corso degli anni, la criminalità organizzata ha subito notevoli cambiamenti, e uno di questi è stato l’emergere del ruolo delle donne all’interno di queste organizzazioni. Sebbene le donne siano tradizionalmente state considerate figure di supporto, spesso limitate a ruoli di supplenza rispetto ai mariti, padri o fratelli coinvolti nel crimine, oggi esse stanno guadagnando forza, potere e autonomia all’interno delle varie mafie italiane.

Un caso emblematico che illustra questa trasformazione è quello di Maria Filippa Messina, coniuge del boss di Calatabiano, Nino Cintorino. Maria Filippa ha trascorso tre anni in regime di carcere duro dal 1996 al 1999, dopo essere arrestata mentre progettava una strage tra i clan rivali. Questo evento segna il passaggio da una figura di semplice sostegno a quella di una vera e propria madrina sanguinaria.

Ma concentriamoci sul presente, che offre numerosi spunti per comprendere il ruolo che le donne hanno assunto negli ultimi anni all’interno della criminalità organizzata. Molte di loro sono diventate manager dello spaccio di droga e sono coinvolte nella gestione dei soldi e dei patrimoni, spesso fungendo anche da esattrici. Un esempio eclatante è Rita Spartà, moglie del boss Salvatore Gurrieri, coinvolta nella riscossione di tangenti dopo il fermo delle attività dovuto al Covid di un commerciante che aveva versato tangenti ai Santapaola di San Giovanni Galermo per decenni. Spartà è stata arrestata nel blitz Juke Box ed è stata condannata in primo grado.

La presenza delle donne all’interno delle organizzazioni criminali può servire anche come copertura per azioni violente, contribuendo a confondere le indagini e a nascondere la mano di chi sta dietro le sbarre. Un esempio significativo è il pestaggio e la sparatoria avvenuti alcuni mesi fa nell’autonoleggio di via Negrelli a Catania. Questo episodio ha visto la presenza sul luogo di compagne di pezzi da novanta del gruppo San Cocimo di Cosa Nostra. Chi ha sparato, Salvatore Musumeci, detto Salvuccio ‘a mina, è figlio di Concetta Zuccaro, sorella del noto boss ergastolano Maurizio, rendendo così Musumeci nipote del capomafia.

Un altro esempio di coinvolgimento femminile nella criminalità organizzata è Rosa Morace, moglie del capomafia Santo Mazzei, che si è costituita in un carcere del centro Italia dopo che la Cassazione ha reso definitiva la sua condanna per associazione mafiosa nel processo Ippocampo. Questo evento segna un altro passo nella storia delle donne all’interno della mafia.

Recentemente, la squadra mobile ha arrestato Maria Crocifissa Ravasco e suo marito Michele Vinciguerra per il traffico di droga tra Catania e Calabria, con presunti legami con il clan Cappello. Tuttavia, Vinciguerra ha deciso di diventare collaboratore di giustizia questa estate, portando con sé l’intera famiglia nel programma di protezione. Questa mossa potrebbe offrire agli investigatori nuove prospettive sull’organizzazione della criminalità mafiosa, nonché sul ruolo delle donne all’interno di questa realtà.


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L’emancipazione delle donne nel mondo della criminalità organizzata è un fenomeno in continua evoluzione. Da figure di supporto e supplenza, le donne stanno diventando sempre più attive e influenti all’interno delle organizzazioni criminali, svolgendo ruoli di gestione e anche di leadership. La loro presenza offre nuove sfide e opportunità per le forze dell’ordine e gli investigatori, poiché cercano di comprendere e contrastare questa evoluzione nel contesto della criminalità organizzata italiana.

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