La Legione Internazionale invocata dalla guerra in Ucraina
Sono circa 16.000 i foreign fighter che sono partiti alla volta dell’Ucraina per la guerra per arruolarsi nella Legione Internazionale. Un numero in costante crescita negli ultimi giorni. Il fenomeno non riguarda solo l’ultimo mese di guerra ma muove i suoi primi passi dalla “questione Donbass” nel lontano 2014. Da quando Zelensky ha lanciato l’appello all’inizio del conflitto, le adesioni sono arrivate abbondanti da molti paesi europei ed extra. Per velocizzare l’iter burocratico, Zelensky ha firmato un decreto in cui non si indicava l’obbligo di visto per questi combattenti, mentre il ministero degli esteri di Kiev ha aperto un sito web che fornisce i dati per presentare la domanda.
Il soldato che si impegna a onorare il “contratto” deve sapere che lo farà per l’intera durata della guerra e con tutti i rischi che ne derivano. Le ambasciate ucraine nel mondo si stanno mobilitando da settimane per valutare le domande di questi soldati. Alcuni di questi provengono da paesi che vietano categoricamente l’arruolamento in legioni straniere. Uno di questi è l’Italia.
Guerra e libertà
Nel nome della libertà. È questo il motivo che spinge queste persone a lasciare tutto, prendere un aereo e rischiare la vita sul fronte ucraino. Intervistati da più testate sui luoghi di guerra, esprimono con fierezza tutto il loro ardore crogiolandosi alla sola idea di imbracciare un fucile. Si professano portatori di pace contro la minaccia russa, la stessa che distruggeranno in nome del popolo ucraino. Guerrafondai che non aspettano altro che un conflitto all’orizzonte per consolidare la propria esistenza intrisa di malsani pensieri. La guerra come massima aspirazione e la morte come tripudio finale.
E tra tutti questi, chi sono i più numerosi? Stranamente gli statunitensi, come riportato da Damien Magrou, l’ufficiale che si occupa delle procedure legate alla Legione Internazionale in Ucraina. Ma, d’altronde, un cittadino che nasce in una nazione che spende 778 miliardi (cifra aggiornata al 2020) per gli armamenti, 3,7% del PIL per la difesa divenendo il maggior produttore di armi tra i venti paesi che spendono di più al mondo (la maggior parte di questi alleati), come può crescere se non con l’idea che la “guerra è bella, anche se fa male”?
Ma gli americani non sono i soli e condividono l’onere con canadesi, britannici e sudamericani. La marcia per la liberazione dell’Ucraina è appena iniziata e il sentimento antisovietico è stato riportato in auge a suon di proclami. Dall’altra parte, a opporsi al fenomeno della Legione Internazionale pro-ucraina, l’esercito russo conta nelle sue fila mercenari siriani pagati profumatamente dal Cremlino, nonché milizie cecene inviate dal grottesco presidente della Repubblica cecena Ramzan Kadyrov. La guerra come massima aspirazione coinvolge numerosi individui dalle etnie differenti.
La Legione Internazionale non può avvalersi della retorica del “soldato inconsapevole”
Vi sono soldati che lasciano la propria terra per combattere in un conflitto dalle ragioni a loro sconosciute. Uomini che per volontà delle alte sfere rinunciano alla propria quotidianità per andare incontro alla morte. Colui che è chiamato alle armi non può svincolarsi. Ma vi è anche chi crede fortemente alle ragioni della guerra salpando da continenti lontani sia fisicamente che culturalmente. Gli individui che fanno parte della Legione Internazionale sono guerrafondai tanto quanto lo è Putin, Biden o chi per loro. I foreign fighters non sono eroi di guerra ma carnefici che si aggiungono ad altri carnefici. E forse, l’idea di un’Ucraina libera si manifesta più come giustificazione volta a legittimare il loro sentimento saturo di odio e violenza. In questo senso, viva i disertori: coloro che tengono alla loro pelle più che alle mostrine sul petto o ad una bandiera sul mogano.
Lorenzo Tassi