Leggere è una necessità. Basterebbero queste essenziali parole. Quando si parla di libri, invece, si fanno tanti discorsi astratti e si scade spesso nel banale. “Leggere apre la mente” è sicuramente una verità, ma può trasformarsi in un superficiale ritornello, che infastidisce anche i lettori più appassionati. Se invece oggi, nella Giornata mondiale del libro, ci ricordassimo della natura profonda dei libri e che leggere è una necessità insita nell’animo umano?
Nei libri troviamo infatti la risposta concreta alla nostra sete di conoscenza, al nostro bisogno di amore e alla nostra aspirazione all’eternità. Leggere si configura dunque come un aspetto naturale ed essenziale della nostra natura umana, che aspira sempre all’infinito.
Si potrebbe iniziare ricordando le parole con cui Aristotele apre la sua Metafisica:
Tutti gli uomini tendono per natura al sapere.
Nell’uomo c’è un’aspirazione naturale alla conoscenza. C’è una sete di sapere inestinguibile, che lo ha portato ad andare sempre “oltre”. Una naturale spinta verso l’esplorazione del mondo esteriore e tangibile, ma anche del mondo interiore, invisibile e mentale.
Dove può trovare l’uomo una risposta alla sua sete di conoscenza?
Sicuramente l’esperienza diretta rappresenta il canale primario e principale: si conosce qualcosa perché la si è vissuta in prima persona sulla propria pelle. Tuttavia, non è possibile fare esperienza diretta di tutto ciò che la vita ci offre. Perciò leggere è necessario. È necessario affidarsi a degli strumenti ausiliari, che ci permettano di vivere esperienze indirette, ma comunque in maniera intensa e pregnante. Strumenti, inoltre, che ci aiutino a capire come intervenire nella realtà che ci circonda.
I libri rappresentano dei pozzi inesauribili di conoscenza. Appagano il nostro bisogno di sapere in ogni campo. Libri di ogni genere rispondono ad interessi di ogni genere. Non c’è praticamente nulla che non si possa trovare nei libri. Dai libri classici a quelli contemporanei, da quelli scientifici a quelli di fantasia. Così afferma Sebastiano Vassalli:
Con la lettura ci si abitua a guardare il mondo con cento occhi, anziché con due soli, e a sentire nella propria testa cento pensieri diversi, anziché uno solo. Si diventa consapevoli di sé stessi e degli altri. Gli uomini senza la lettura non conoscono che una piccolissima parte delle cose che potrebbero conoscere. La lettura può dare cento, mille vite diverse ed una sapienza ed un dominio sulle cose del mondo che appartengono solo agli dèi.
Se conoscere vuol dire ampliare la propria visione del mondo, ogni libro ci permette di acquisire nuovi occhi. Non avremo più solo due, ma infiniti occhi, per scrutare meglio la realtà che già conosciamo e per scoprire quella che ignoravamo.
In un libro è raccolta la storia di uomini lontani da noi nel tempo e nello spazio. I libri contengono le storie dell’umanità, le esperienze delle singole persone e dei popoli. Conoscendo i racconti delle vite altrui guadagniamo la conoscenza della nostra vita personale, e la riconosciamo come facente parte di una rete molto più vasta ed articolata. Attuando un parallelo tra la nostra esperienza e quella altrui misuriamo la grandezza e la complessità della natura umana. E arriviamo a sentirci partecipi di un’unica famiglia, di un unico cammino.
Secondo Umberto Eco, prima della nascita del linguaggio, gli uomini vivevano delle vite molto più limitate. Ne La bustina di Minerva, lo scrittore afferma che con il linguaggio gli uomini vecchi, raccontando ai giovani ciò che era accaduto prima che fossero nati, coltivavano una memoria sociale. Così, l’uomo, che nasceva senza esperienza, poteva farsela ascoltando le parole di chi aveva vissuto prima di lui. Secondo Eco, il compito dei vecchi è stato poi preso dai libri:
Oggi i libri sono i nostri vecchi. Non ce ne rendiamo conto, ma la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissuto moltissime. Ricordiamo, insieme ai nostri giochi d’infanzia, quelli di Proust, abbiamo spasimato per il nostro amore ma anche per quello di Piramo e Tisbe, abbiamo assimilato qualcosa della saggezza di Solone, abbiamo rabbrividito per certe notti di vento a Sant’Elena e ci ripetiamo, insieme alla fiaba che ci ha raccontato la nonna, quella che aveva raccontato Sheherazade.
Leggere vuol dire conoscere vite ed esperienze che trascendono la nostra unica vita.
Vuol dire guadagnare tempo, spazio, all’interno di un’unica esistenza limitata. Vuol dire aprirci ad una immortalità umana fatta di tutte le innumerevoli storie venute prima di noi. In questo senso, i libri sono come dei saggi anziani che tramite i loro racconti ci svelano un mondo a noi sconosciuto, ma fondamentale per la nostra coscienza e comprensione del presente.
Ed è proprio conoscendo che possiamo affezionarci, empatizzare con storie diverse dalla nostra. Leggere è una necessità affettiva: i libri rispondono al nostro bisogno di amore, di condivisione profonda.
Conoscere storie altrui ci rende compartecipi, ci immette in una trama di avvenimenti e sentimenti che ci fanno sentire parte di un ordine più grande di noi, ci connette ad un’umanità infinita. Per questo un libro è capace di farci compagnia, di non farci sentire soli, ma sempre vicini ad altri uomini. Leggendo ci sentiamo parte di un’unica comunità umana, che condivide esperienze, dolori e gioie, sebbene composta da individui a volte totalmente diversi gli uni dagli altri. Il libro riesce in un’impresa meravigliosa: appaga il nostro bisogno di sentirci uniti l’un l’altro, e proprio per questo suo valore, perché leggere è una necessità che accomuna tutti, celebriamo la Giornata mondiale del libro.
Come afferma Francis Scott Fitzgerald:
Questa è la parte più bella di tutta la letteratura: scoprire che i tuoi desideri sono desideri universali, che non sei solo o isolato da nessuno. Tu appartieni.
Leggere ci dà la chiave di accesso ad un mondo affettivo immaginario, in cui personaggi storici, ma anche fantastici, diventano nostri amici. Un senso di malinconia ci pervade quando giriamo l’ultima pagina di un libro che amiamo: ci sembra di dire addio ad un amico, di uscire da una storia di cui eravamo entrati a far parte. Eppure, invece, il libro rimane e possiamo ritornare a quel mondo affettivo quando vogliamo, diversamente dalla vita reale, in cui i legami si possono rompere definitivamente.
Il libro, con le sue pagine che resistono al tempo e superano la durata della nostra vita umana, risponde alla nostra aspirazione all’eternità.
Così affermava Orazio, nelle sue Odi (III, 30):
Ho eretto un monumento più duraturo del bronzo.
Con la scrittura delle sue poesie, Orazio afferma di star consegnando alla memoria degli uomini un monumento che non potrà essere distrutto dalle intemperie materiali. La parola scritta, una volta pubblicata e quindi libera di circolare, ha una vita propria rispetto all’autore, e infrange i limiti della vita umana: sopravvive agli uomini. Le nostre parole, consegnate alle pagine di un libro, possono permetterci di guadagnare un piccolo spazio di eternità. Certo, non sappiamo per quanto tempo il libro esisterà, ma questo poco importa. Una volta edito, il libro inizierà ad avere una vita autonoma, potenzialmente eterna e ad alimentare così la nostra aspirazione all’infinito. Il libro entra a far parte della rete delle infinite storie degli uomini di tutti i tempi e aggiunge un tassello alla memoria collettiva.
Il libro è una risposta tangibile, concreta all’aspirazione umana all’eternità. E sotto questo aspetto, il libro cartaceo è forse superiore a quello digitale, come le foto stampate rispetto a quelle salvate sul computer. Sfogliando le pagine di un libro, infatti, sentiamo un possesso reale, la prova concreta che le parole vivono. I libri digitali, invece, risultano inafferrabili, effimeri. C’è una barriera infrangibile tra noi e le parole che appaiono sullo schermo.
In ogni caso, anche a livello digitale, le parole di un libro rivelano di avere una vita propria, che si sottrae alla nostra, una parola libera di circolare e di perpetuarsi per sempre.
Ed oggi, nella Giornata mondiale del libro, ricordiamoci che leggere non è un obbligo, leggere non è un dovere, leggere non ci rende superiori agli altri. Leggere è una necessità, è una risposta ad una esigenza intima e profonda della natura umana, che aspira ad un’infinita conoscenza, un infinito amore ed un infinito tempo.
Giulia Tommasi
Grazie per il bellissimo articolo. Ricorda cose semplici, essenziali ma che, per qualche ragione, finiamo per non considerare