La svolta conservatrice del Cile: la legge Naín-Retamal e la protezione delle forze dell’ordine

legge Naín-Retamal

Nota anche come ley de gatillo fácil (legge del grilletto facile), quella ufficialmente chiamata legge Naín-Retamal rappresenta un pericoloso attentato alla libertà e ai diritti umani in un contesto relativamente progressista come quello del Cile, dove solo un anno fa veniva eletto presidente Gabriel Boric con un programma incentrato sul rafforzamento dei diritti dei lavoratori e sulle riforme sociali.

Sono trascorsi soltanto poco più di tre anni da quando, in un Cile scosso dalle proteste, milioni di persone si sono riversate nelle strade delle principali città per protestare contro il governo del presidente conservatore Sebastián Piñera, accusato di non avere a cuore né il bene del paese né quello del suo popolo. Se da una parte le proteste insorte in Cile nel 2019 hanno mostrato come anche in quello considerato il più politicamente ed economicamente stabile dei paesi del Sud America vi fosse in realtà un malcontento diffuso al punto tale da diventare una rivolta, dall’altra ciò che ha segnato ancora di più questa delicata fase del percorso democratico cileno è stato il ruolo delle forze dell’ordine e in particolare dei cosiddetti Carabineros nel contrastare i manifestanti, ruolo che la nuova legge Naín-Retamal mirerebbe a rafforzare ulteriormente.

Infatti, mentre milioni di manifestanti scendevano nelle piazze cilene per richiedere che il governo iniziasse a lavorare per affievolire l’enorme divario sociale del paese, anche tramite riforme della giustizia e dei servizi pubblici, hanno fatto il giro del mondo le immagini che ritraevano proprio i Carabineros intenti ad attaccare i partecipanti alle proteste, rendendosi protagonisti di maltrattamenti fisici, violenze sessuali e abusi di potere di vario tipo. Testimonianze brutali che avevano contribuito ad aumentare il malcontento popolare nei confronti delle forze dell’ordine e che in parte hanno concorso alla temporanea svolta progressista del Cile, paese che nel 2022 ha visto il leader di sinistra Gabriel Boric sconfiggere il candidato dell’estrema destra José Antonio Kast per la successione al conservatore Piñera come Presidente del Cile.

Eppure, a distanza di un anno dall’elezione di Boric, votato per il suo programma riformista e improntato all’affermazione dei diritti sociali dei cittadini, è stato proprio il governo del Presidente progressista a promuovere un disegno di legge di matrice reazionaria che, una volta approvato, vedrebbe ampiamente rafforzati i poteri delle forze dell’ordine. Quello rappresentato dalla legge Naín-Retamal è un cambio di rotta repentino e preoccupante, che affonda le sue radici nell’incertezza provocata dalle profonde disparità che dilaniano il Cile e che nasce dal fallimento fragoroso rappresentato dalla bocciatura popolare del progressista e innovativo progetto di Costituzione proposto da Boric lo scorso settembre. L’ormai prossima promulgazione della legge è allora il simbolo di un paese lacerato dalla disuguaglianza sociale, polarizzato e arrabbiato, nel quale le contraddizioni della storia recente hanno dato origine a un quadro tanto preoccupante quando complicato da analizzare.

Il disegno di legge Naín-Retamal: in cosa consiste?

Il disegno di legge Naín-Retamal, a cui più spesso ci si riferisce come alla “legge del grilletto facile”, consiste in un insieme di provvedimenti volti a riformare la funzione e l’uso della forza da parte dei Carabineros, della Polizia Investigativa e della Gendarmeria, nonché della Polizia marittima e dell’aeronautica civile in Cile, di fatto permettendo alle forze dell’ordine del paese di godere di una maggiore tutela da parte dello stato nell’esercizio delle loro funzioni, anche qualora queste sfocino in un (ab)uso di violenza precedentemente perseguibile penalmente. La legge Naín-Retamal amplierebbe infatti di molto il novero delle situazioni nelle quali le forze dell’ordine cilene potrebbero appellarsi al diritto alla legittima difesa, andando a creare quella che si potrebbe definire una “legittima difesa potenziata” che permetterebbe ai Carabineros e agli altri organi menzionati di fare uso aperto di violenza senza temere conseguenze legali, di fatto garantendo loro uno stato di semi-immunità per quanto riguarda il loro operato durante l’esercizio della loro professione, anche tramite un notevole sconto della pena nella rara eventualità vi fosse una condanna per uso improprio della forza da parte dei corpi in questione.

Sebbene sia evidente come dietro un disegno di legge come quello della Naín-Retamal vi sia una ratio di matrice conservatrice, in netta controtendenza rispetto a una qualsiasi volontà di tutelare i diritti dei cittadini di fronte alle ingerenze dello stato, sul sito ufficiale del Ministero dell’Interno e della Pubblica Sicurezza vengono menzionati come strumenti di supporto impiegati dai legislatori nel redigere la nuova legge alcuni dei più importanti documenti redatti proprio per garantire la protezione dei cittadini dagli abusi delle forze dell’ordine. In particolare, viene fatto esplicito riferimento al Codice di Condotta per le Forze dell’Ordine (1979) e ai principi sull’uso della forza e delle armi da fuoco da parte delle forze dell’ordine dell’ONU (1990), alle linee guida della stessa Organizzazione delle Nazioni Unite sui diritti umani e, cosa forse più interessante, alla revisione dell’esperienza comparata di paesi quali Germania, Spagna, Uruguay, Francia e Regno Unito, oltre che agli gli impegni assunti dal Cile dinanzi alla Commissione interamericana per i diritti umani nel caso Alex Lemún contro lo Stato del Cile (2018).

Dunque, laddove è innegabile la natura reazionaria e anti-liberale della legge Naín-Retamal, rimane comunque presente un certo desiderio contraddittorio da parte del governo cileno di mostrarsi ancora progressista e in linea con le potenze occidentali, nonostante sia ormai evidente che la spinta riformista e pronta ad abbracciare una maggiore tutela dei diritti umani si sia esaurita con il tentativo fallito di approvare una nuova Costituzione lo scorso settembre.

L’impensabile svolta conservatrice del governo cileno

Come sia stato possibile passare in poco più di sei mesi da una proposta di Costituzione tra le più riformiste e innovative al mondo all’ormai data per certa promulgazione di una legge che quasi legittima l’uso improprio della forza da parte dei corpi militari e di polizia è una domanda alla quale trovare risposta è tanto complicato quanto doloroso. Se rivelazioni come quella di El Ciudadano , che confermerebbe come ben 112 ufficiali dei Carabineros siano ancora attivi nell’istituzione nonostante siano stati denunciati per reati gravi quali coercizione illegale, tortura o omicidio tra il 2019 e il 2022, dimostrano che forse fin dall’inizio la volontà del governo Boric di fare i conti con il lato oscuro delle proteste cilene non fosse poi così urgente, dall’altro lato a far riflettere è soprattutto il fatto che nel pieno di quelle stesse proteste Piñera non era riuscito a fare approvare una legge che ricordava molto per contenuti la Naín-Retamal.

Se da una parte il fallimento del progetto costituzionale ha indebolito la posizione di Boric davanti al Congresso e mostrato ulteriormente la profondità delle divisioni interne al popolo cileno, a spingere il governo e il Congresso a discutere la “legge del grilletto facile” è stato soprattutto un aumento della criminalità del paese, con tassi di crescita tra i più alti dell’America Latina. Nel 2022 è infatti salito del 33.4% il numero di omicidi commessi in Cile e addirittura del 63.1% quello dei furti, un aumento che i media di destra hanno fortemente strumentalizzato e che ha acquisito sempre più rilevanza nel dibattito pubblico, raggiungendo l’apice dell’attenzione in seguito all’omicidio della sergente di polizia Rita Olivares, avvenuto durante uno scontro tra bande di narcotrafficanti lo scorso 26 marzo. Le forti pressioni mediatiche, le divisioni interne al paese e l’effettivo aumento della criminalità nel paese hanno portato il precedentemente progressista governo Boric a intraprendere un percorso precedentemente inimmaginabile, le cui conseguenze in termini di rispetto dei diritti dell’individuo in Cile potrebbero essere gravissime. A fare ancora più paura, al di là del cambiamento di rotta già preoccupante di per sé, è stata la rapidità con cui questo è avvenuto, che dimostra ancora una volta quanto fragile possa essere la democrazia.

Chiara Bresciani

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