Secondo la CEI una nuova legge antiomofobia non solo non serve, ma potrebbe essere pericolosa.
La Conferenza Episcopale Italiana ha espresso le proprie preoccupazioni relative ad una nuova legge antiomofobia in una lunga nota intitolata – ebbene sì – I vescovi contro ogni discriminazione. Un po’ come fare una torta e chiamarla Lotta al diabete.
I vescovi italiani, va detto, partono dall’assunto di Francesco secondo il quale: Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde. Questo per ribadire il loro rifiuto verso ogni forma di violenza e di razzismo o discriminazione. Benissimo, salvo poi dilungarsi nello spiegare che, una nuova legge antiomofobia rischierebbe di aprire a derive liberticide.
Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni. Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione […]. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso
La nota in questione, seppur intitolata, come dicevamo, alla lotta ad ogni discriminazione, ci lascia abbastanza perplessi.
Innanzitutto ci viene il dubbio che i membri della CEI abbiano osservato le recenti disposizioni con troppo zelo. Il riferimento, naturalmente, è alla quarantena imposta durante l’emergenza Covid. Saranno rimasti chiusi nei loro appartamenti, senza guardare fuori neanche in senso lato, attraverso internet e giornali. Altrimenti non si spiega come possa essere loro sfuggito il perpetrarsi di episodi discriminatori, spesso violenti, che non hanno esattamente trovato una valida risposta nell’ordinamento esistente.
Il secondo punto, che ci perplime non poco, è quello di opporsi alla difesa dei diritti di qualcuno perché difenderli andrebbe a ledere i diritti di qualcun altro. Un po’ come chi si oppone alla giornata contro la violenza sulle donne perché anche gli uomini soffrono. Una logica tanto facilmente contestabile da essere quasi imbarazzante. Posto che i diritti – e sottolineiamo diritti, non privilegi – vanno sempre difesi, vorremmo far notare che opporsi con un’obiezione di tal calibro presupporrebbe una scelta.
Se il concetto fosse diritto contro diritto, bisognerebbe necessariamente decidere quale diritto sostenere.
Va da sé che la scelta corrisponderebbe poi alla discriminazione di chi non vi rientri.
Stupita dalle dichiarazioni della CEI Francesca Businarolo, deputata M5S e presidente della commissione Giustizia della Camera. Alessandro Zan, deputato del Pd e relatore del ddl, ha precisato:
Lo ripeto per l’ennesima volta a scanso di fraintendimenti: non verrà esteso all’orientamento sessuale e all’identità di genere il reato di “propaganda di idee” come oggi è previsto dall’art. 604 bis del codice penale per l’odio etnico e razziale. Dunque nessuna limitazione della libertà di espressione o censura o bavaglio come ho sentito dire in questi giorni a sproposito.
Solo Carolina Varchi, capogruppo FdI in commissione Giustizia alla Camera, si è allineata alla posizione della CEI.
A noi sfugge, ormai da anni, come mai un organo religioso esprima le proprie valutazioni rispetto alle leggi, tali o potenziali, di uno Stato laico. Si inneggia alla – sacrosanta – libertà di culto, ma si trascura l’altrettanto – fondamentale – libertà di uno Stato di legiferare a prescindere dalle confessioni religiose.
Ci piace ricordare l’articolo 7 della Costituzione:
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
Mariarosaria Clemente
Quindi secondo lei la Chiesa e i cattolici non dovrebbero avere diritto di parola, non avrebbero nei fatti la facoltà di occupare uno spazio pubblico e di pronunciare parole di ammaestramento o di critica?E’ proprio questa strisciante ipocrisia che deve allarmare : chi non si adegua ai drivers mainstream sarà sempre di più ostracizzato. Una deriva lenta, è la vecchia tecnica della rana bollita.Il veleno viene somministrato sotto forme accattivanti: come si può non essere contrari a combattere le fobie motivate da orientamento sessuale, politico, religioso, dal colore della pelle o da altro. Ma poi …ecco affacciarsi scenari liberticidi ed ecco la solita frase trita e ritrita …la Chiesa se ne stia chiusa nelle sue polverose sacrestie!Quindi volete condannarci a una lenta involuzione!! Ma non siete voi quei medesimi che chiedono alla Chiesa di adeguarsi alla modernità? Evidentemente anche questa è una finzione molto abile, voi volete distruggere la Chiesa, distruggere la religione distruggere la sola, vera speranza dell’Umanità E’ la solita zuppetta massonico positivista oramai andata a male
Secondo me alle Leggi dello Stato deve essere assicurata la totale autonomia dalla Chiesa Cattolica e da qualsiasi altra confessione religiosa. Si tratta di una cosa ben diversa sia dal negare il diritto di parola a chicchessia, che dall’inneggiare all’involuzione della Chiesa. Mi permetto di sottolineare che, accusare chiunque abbia un parere diverso dal nostro di essere vittima e seguace di una non meglio precisata teoria dominante, potrebbe rivelarsi controproducente sotto diversi aspetti. Saluti.