Ogni mattina, in Italia, quando sorge il sole, un pendolare si sveglia e sa che dovrà armarsi di santa pazienza perché tanto arriverà in ritardo al lavoro. Poi, quando entra in stazione, sente un’eco lontana dire “lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”. È il rapporto Pendolaria 2023 a fare luce sulla (tragicomica) situazione del trasporto pubblico, e soprattutto ferroviario, italiano.
Il rapporto Pendolaria 2023: i dati
La situazione è agghiacciante: ritardi infrastrutturali, linee non elettrificate, collegamenti poco frequenti e con tabelle orarie a dir poco insensate, linee a binario unico, lentezza nella riattivazione dei quelle interrotte a causa di guasti, incidenti e inadeguatezze di vario genere e risorse economiche stanziate decisamente non sufficienti.
Rispetto agli standard europei l’Italia è, manco a dirlo, in forte ritardo. Stando ai dati che fornisce il rapporto Pendolaria 2023, siamo dotati di soli 254 km di metropolitane rispetto ai 656 km della Germania e ai 614 km della Spagna dove la sola città di Madrid è coperta da 291 km. Le linee ferroviarie suburbane sono solo 740 km rispetto ai 2.038 tedeschi o ai 1.443 spagnoli. Negli ultimi 5 anni abbiamo inaugurato mediamente solo un chilometro e mezzo di linee metropolitane e 2,1 km di tranvie all’anno (che si approssimano allo zero, e non è uno scherzo, nell’ultimo triennio).
L’Italia, poi, come al solito, corre a diverse velocità. Se la situazione al Nord, con tutti i problemi del caso, bene o male tiene, la situazione al Sud è catastrofica.
Un po’ dappertutto, però, treni vecchi, infrastrutture perennemente guaste e spesso non elettrificate, binari unici, sovraffollamento dei vagoni, ritardi e cancellazioni e scuse inutili da parte di speakers insensibili alle necessità umane, costringono molti viaggiatori a intraprendere avventure altrettanto azzardate: ricorrere ai mezzi privati e imbottigliarsi nel traffico. Una prospettiva non certo migliore ma, se non altro, puoi sfogare la frustrazione attaccandoti al clacson e unendoti al coro degli insultatori seriali. Legambiente calcola che il 62% degli spostamenti avviene con mezzi privati a motore. Tutto ciò ha ovvie conseguenze non solo sulla tenuta psicologica dei viaggiatori ma anche sull’aria che si respira nelle città ormai soffocate dallo smog.
L’Italia, peraltro, negli ultimi 10 anni ha investito molto di più nel trasporto su gomma, che non nel trasporto su ferro: abbiamo inaugurato più di 300 km di autostrade e migliaia di chilometri di strade, a fronte dei soli 91 km di metropolitane e dei 63 di tranvie.
La cura del ferro
Per raggiungere gli obiettivi dell’agenda 2030 e, soprattutto del green deal europeo, che prevede taglio del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030 e l’azzeramento entro il 2050, secondo Legambiente è necessaria una cura del ferro. Ciò significa investire 2 miliardi di euro all’anno da qui al 2030 per portare il trasporto ferroviario italiano al passo con il resto dell’Europa e in linea con gli obiettivi internazionali a cui abbiamo aderito. Secondo il rapporto Pendolaria 2023, lo si può fare solo incentivando il trasporto ferroviario e disincentivando quello su gomma.
È fondamentale invertire la rotta e puntare su importanti investimenti per la “cura del ferro” del nostro Paese, smettendola di rincorrere inutili opere come il Ponte sullo Stretto di Messina. Occorre investire in servizi, treni moderni, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce, in linee ferroviarie urbane, suburbane ed extraurbane, potenziando il servizio dei treni regionali e Intercity. Al Ministro Matteo Salvini l’associazione ambientalista chiede di dedicare ai pendolari almeno la stessa attenzione che ha messo in questi mesi per il rilancio dei cantieri delle grandi opere”
Stefano Ciafani, presidente di Legambiente
Le peggiori linee ferroviarie d’Italia
Dopo lo stop forzato dovuto alla pandemia, torna a grande richiesta la classifica delle peggiori linee ferroviarie italiane. Quelle in cui, per intenderci, ogni viaggiatore sa quando parte ma non sa quando e se arriverà a destinazione. Quelle in cui ogni viaggiatore, oltre a sfidare la sorte, è costretto a tenersi in tasca preziosissimi amuleti portafortuna o ad appellarsi a qualche santo. Insomma, quelle in cui tra guasti, ritardi, cancellazioni, sovraffollamento e treni ormai vecchi, saggi e con la barba bianca, le persone si ritrovano in un girone infernale per espiare colpe che non hanno nemmeno commesso.
Ecco la classifica:
- Le ex linee circumvesuviane: 142 km, 6 linee e 96 stazioni di disagio. Regione Campania si sta impegnando sul rinnovo del parco treni ma la consegna del primo è prevista per, al più presto, settembre 2024: “ci scusiamo per il disagio”.
- Roma – Lido (metromare): 26 km, 13 fermate, frequenza ogni 23 minuti (vai a sapere perché). Costanti guasti.
- Roma nord – Viterbo: 102 km, 35 fermate, treni soppressi, biglietterie chiuse o inesistenti. Tempo di percorrenza stimato: 177 lunghissimi minuti (quasi 3 ore per chi non avesse voglia di fare il calcolo).
Entrambe le linee romane, pare, saranno trasformate in linee metropolitane a tutti gli effetti. La speranza è l’ultima a morire.
- Catania – Caltagirone – Gela:
Nonostante i grandi e ciclici dibattiti sul Ponte sullo Stretto di Messina, che all’apparenza sembrano concentrare tutti i problemi di trasporto in Sicilia, le criticità quotidiane dei pendolari sono ben altre: treni in ritardo, se non soppressi, ed aumenti tariffari.
- Milano – Mortara: 44 km, 20.000 passeggeri al giorno. L’inaffidabilità fatta ferrovia, stando ai dati forniti da Trenord.
- Verona – Rovigo e Rovigo – Chioggia: linee vetuste a binario unico, costanti guasti, ritardi e cancellazioni.
- Genova – Acqui – Asti: 63 km di cui 46 a binario unico. Velocità media: 60 km/h.
- Novara – Biella – Santià: metà elettrificata e metà sperimentalmente a idrogeno. Il passaggio dall’una all’altra parte è decisamente complicato. Il Piemonte, peraltro, è la regione con il maggior numero di linee sospese (15 inattive da 10 anni).
- Trento – Bassano del Grappa: 96 km, treni vecchi e costantemente guasti.
- Portomaggiore – Bologna: perenni disagi causa lavori in corso. I bus sostituitivi hanno solo peggiorato la situazione.
Le buone notizie
Nonostante tutto, però, il rapporto Pendolaria 2023 segnala alcuni timidi segnali di ripresa:
- Il numero di avventurieri in viaggio ogni mattina è tornato a crescere dopo due anni di calo dovuto alla pandemia (+40% rispetto al 2021, +110% per l’alta velocità). Non siamo ancora al livello pre covid, quando a sfidare la sorte erano quasi in 6 milioni tra treni e metropolitane, ma ci siamo quasi.
- Il numero di treni regionali in servizio è in crescita, anche se con forti disparità tra le regioni.
- L’età media del parco treni è in calo: in media 15 anni e 3 mesi. Anche in questo caso, però, le disparità tra regioni sono evidenti. Un dato emblematico: nella quasi totalità delle regioni del Sud, i treni sono mediamente maggiorenni.
- Cospicui interventi di elettrificazione della rete, in atto o in progetto. Sono 1700 i km di rete interessati e sono distribuiti in tutta la penisola. Per la prima volta non siamo il carro del carbone: abbiamo già il più del 70% della rete ferroviaria nazionale elettrificata e con questi interventi supereremo il 78%, contro il 60% della Germania e il 63% della Spagna.
Per il rapporto Pendolaria 2023, queste sono le poche buone notizie a cui si possono aggrappare i pendolari. I pendolari più ottimisti, s’intende, quelli che prima di intraprendere il viaggio quotidiano entrano in modalità zen (auricolari, musica rilassante, un buon romanzo e via!) o quelli che la prendono con filosofia e ridono per non piangere.