Nonostante i massicci investimenti provenienti dai ricavi del petrolio, l’economia dell’Arabia Saudita sta attraversando un periodo di notevoli difficoltà. Sebbene il governo abbia investito trilioni di petrodollari in settori che vanno dal golf ai videogiochi, il paese rimane fortemente dipendente dalle risorse petrolifere. Questa situazione ha portato l’economia dell’Arabia Saudita a cadere in recessione nel 2023, evidenziando le fragilità di un sistema che cerca di reinventarsi attraverso il programma Vision 2030, ma che continua a scontrarsi con numerose sfide interne ed esterne.
La dipendenza dal petrolio
L’economia dell’Arabia Saudita è una delle più dipendenti al mondo dal petrolio. Il settore petrolifero costituisce circa il 90% dei guadagni da esportazione, l’80% delle entrate statali e il 40% del PIL. Anche quella parte dell’economia che non deriva direttamente dal petrolio è, in realtà, profondamente legata a questo settore, poiché molte delle attività economiche interne dipendono dalla spesa pubblica.
Nonostante questa forte dipendenza, la volatilità dei prezzi del petrolio rappresenta un rischio significativo. Per mantenere il bilancio in equilibrio, l’Arabia Saudita ha bisogno di un prezzo del petrolio ben superiore a quello attuale.
Bloomberg stima che il “break-even” dell’Arabia Saudita, cioè il prezzo del petrolio necessario per bilanciare il bilancio statale, sia salito a 112 dollari al barile, molto al di sopra del prezzo attuale, che si aggira intorno ai 75 dollari al barile. Questo rende l’economia dell’Arabia Saudita vulnerabile agli shock del mercato petrolifero, mettendo in discussione la sostenibilità a lungo termine del modello economico attuale.
Vision 2030: un piano ambizioso difficile da realizzare
Annunciato nel 2016 dal principe ereditario Mohammed bin Salman, il programma Vision 2030 ha l’obiettivo di ridurre la dipendenza dell’economia saudita dal petrolio e diversificare le sue fonti di reddito. Le ragioni dietro questa necessità sono sia economiche, sia politiche.
Da un punto di vista politico, il petrolio non può garantire un numero sufficiente di posti di lavoro per la crescente popolazione saudita, creando disuguaglianze significative tra chi lavora nel settore petrolifero e chi è impiegato in altri settori.
Dal punto di vista economico, invece, la domanda globale di petrolio potrebbe diminuire nei prossimi decenni, lasciando il paese esposto alla fluttuazione dei prezzi e all’incertezza del mercato.
La trasformazione dell’economia dell’Arabia Saudita si è dimostrata più difficile del previsto: creare industrie competitive a livello internazionale, che non dipendano dai sussidi governativi alimentati dal petrolio, è una sfida complessa. L’Arabia Saudita non ha settori esportatori tradizionali come l’agricoltura o la manifattura, per cui ha deciso di puntare su settori come il turismo. Tuttavia, anche questo settore ha faticato a crescere, a causa di vincoli sociali e infrastrutturali.
Sul fronte interno, l’economia domestica saudita è ancora troppo dipendente dalla spesa pubblica. Due terzi dei lavoratori sauditi sono impiegati dal governo, e i loro stipendi sono finanziati principalmente dai profitti derivanti dal petrolio. Questo rende difficile creare una domanda interna indipendente, una condizione necessaria per ridurre la dipendenza dalle importazioni e stimolare la crescita economica locale.
Spese elevate e rischi finanziari per l’economia dell’Arabia Saudita
Per finanziare la trasformazione prevista dal programma Vision 2030, l’Arabia Saudita ha aumentato drasticamente la spesa pubblica e quella del Fondo Sovrano (PIF, Public Investment Fund).
Nel 2023, il PIF ha speso circa 30 miliardi di dollari, la cifra più alta mai registrata per un fondo sovrano. Questa somma dovrebbe aumentare ulteriormente, raggiungendo i 70 miliardi di dollari entro il 2025. Il fondo ha investito in numerosi settori, tra cui energie rinnovabili, intrattenimento e sport, con l’obiettivo di diversificare l’economia dell’Arabia Saudita e creare nuove fonti di reddito.
Tuttavia, questa strategia ha un costo elevato. L’aumento delle spese ha portato il prezzo di equilibrio del petrolio a livelli record, e il governo ha cominciato a registrare deficit di bilancio. Nel settembre 2023, il governo saudita ha ammesso che il deficit di bilancio previsto per l’anno sarebbe stato del 3%, ben oltre l’1,9% originariamente previsto.
Riforme sociali e politiche volte a migliorare l’economia dell’Arabia Saudita
Parallelamente alla trasformazione economica, Mohammed bin Salman ha introdotto una serie di riforme sociali e politiche mirate a modernizzare la società saudita e attirare investimenti esteri.
Tra queste riforme spiccano la concessione alle donne del diritto di guidare, lavorare e viaggiare senza il consenso di una figura maschile, e la limitazione dell’influenza della polizia religiosa. Questi cambiamenti, seppur significativi, hanno creato tensioni con i settori più conservatori della società saudita, in particolare con il clero.
Mohammed bin Salman sta cercando di mantenere un equilibrio delicato: da una parte vuole modernizzare il paese e rendere l’economia dell’Arabia Saudita più competitiva a livello globale, dall’altra deve gestire le pressioni interne delle forze conservatrici che, come accaduto in passato, potrebbero opporsi alle sue riforme.
Un futuro incerto
Nonostante i massicci investimenti e le riforme sociali, l’economia dell’Arabia Saudita non è ancora riuscita a ridurre significativamente la sua dipendenza dal petrolio. Il PIL non petrolifero è aumentato, ma in gran parte grazie agli investimenti governativi, e le esportazioni non petrolifere sono rimaste stagnanti.
La recente riduzione di alcuni progetti ambiziosi, come la futuristica città di Neom e le iniziative legate al calcio e al golf, dimostra che molti di questi investimenti non stanno portando i risultati sperati.
L’economia dell’Arabia Saudita rimane, quindi, in bilico tra un passato legato al petrolio e un futuro incerto. Se il programma Vision 2030 non riuscirà a progredire nei tempi previsti, il paese potrebbe trovarsi di fronte a difficoltà economiche crescenti, aggravate dalla diminuzione dei ricavi petroliferi e dall’incapacità di creare nuove fonti di reddito stabili e sostenibili.