L’eccidio di Avola, dicembre 1968: la rivolta per il salario

Ederschunck, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons Eccidio di Avola

L’eccidio di Avola: l’epilogo di una classe in rivolta

All’inizio di dicembre, il secondo giorno del mese dell’anno 1968, la statale 115 che conduce ad Avola, in provincia di Siracusa, si trasformò in un vero e proprio campo di battaglia. L’eccidio di Avola fu la conseguenza di un grande sciopero, indetto dai braccianti, che era iniziato il 24 novembre. Lo sciopero era stato proclamato per ottenere aumenti salariali e l’eliminazione delle disuguaglianze di trattamento tra diverse zone della provincia. Il culmine della portesta di contadini e braccianti portò a quella che la storia chiama come eccidio di Avola, quando la polizia aprì il fuoco sulla massa, uccidendo due persone.

Lungo la strada in cui erano avvenuti gli scontri si trovavano carcasse di veicoli in fiamme, chiazze di sangue e tracce di un violento scontro che aveva coinvolto polizia e lavoratori. I braccianti di Avola e dei comuni vicini avevano deciso di bloccare le strade, esasperati dall’indifferenza degli agrari e dall’assenza di risposte alle loro richieste. Alla guida della protesta c’erano le principali sigle sindacali, unite per dare forza alla mobilitazione.

La repressione violenta

Il 2 dicembre, durante un blocco sulla statale per Noto, la situazione degenerò. La polizia, comandata dal vicequestore Samperisi, lanciò lacrimogeni sulla folla, ma il vento riportò il fumo verso gli agenti stessi. A quel punto, senza ulteriori esitazioni, la polizia aprì il fuoco sui manifestanti. In pochi minuti, due braccianti, Angelo Sigona e Giuseppe Scibilia, persero la vita e 48 persone rimasero ferite, alcune in modo grave.

Le immagini dei bossoli sparsi sull’asfalto e i racconti dei testimoni lasciarono il paese sotto shock. Le autorità tentarono di giustificare l’azione come necessaria per ripristinare l’ordine pubblico, ma il paese e l’intera nazione reagirono con indignazione.

La risposta all’eccidio di Avola fu imponente e duratura in tutto il Paese: non solo contadini, ma anche studenti, operai e sindacalisti si unirono alla lotta. Dopo la repressione, il 4 dicembre i sindacati annunciarono uno sciopero nazionale in tutta Italia, rivendicando le lotte per i diritti, mentre richieste di disarmo delle forze dell’ordine in servizio di ordine pubblico si fecero sempre più insistenti.

Le piazze di città come Firenze, Napoli e Roma si riempirono di manifestanti, uniti nel chiedere giustizia e garanzie per i lavoratori. L’indignazione travalicò i confini della Sicilia, trasformando Avola in un simbolo della lotta per i diritti sindacali.

Le rivendicazioni e il contesto

Le richieste dei braccianti erano semplici ma fondamentali: aumenti salariali, parità di trattamento tra zone diverse e rispetto dei contratti di lavoro. In un contesto di forti squilibri economici, la provincia di Siracusa era un paradosso: ricca di guadagni agricoli, ma con uno dei redditi pro capite più bassi d’Italia.



Gli agrari, sostenuti da una politica conservatrice, si rifiutavano di negoziare, mentre i sindacati cercavano un dialogo per evitare l’escalation. Lo scontro di Avola, tuttavia, non fu un episodio isolato: si inserì in un clima nazionale di forti tensioni sociali, con movimenti di lavoratori, studenti e contadini in agitazione in diverse aree del Paese.

Le disuguaglianze e le discriminazioni economiche portarono i contadini a muoversi in massa in una delle più grandi rivolte a cui il Paese assistette negli anni del ’68 e ’69 nella società rurale del Sud Italia.

Un fragile risultato

Dopo una lunga notte di trattative, il ministro dell’Interno Restivo riuscì a mediare un accordo. Il contratto fu firmato e le richieste dei braccianti accolte, ma il prezzo pagato era stato altissimo. Le indagini giudiziarie sull’accaduto furono archiviate nel 1970, senza che alcun responsabile venisse identificato.

Il ministro del Lavoro Giacomo Brodolini, recatosi ad Avola dopo i fatti, dichiarò che la tragedia rappresentava una conseguenza diretta delle condizioni di arretratezza del Mezzogiorno. Brodolini ribadì l’impegno per l’attuazione dello Statuto dei Lavoratori, sottolineando la necessità di politiche concrete per garantire giustizia e dignità.

Un simbolo indelebile

L’eccidio di Avola segnò una pagina drammatica nella storia delle lotte sindacali italiane. Nonostante il parziale successo delle rivendicazioni, la tragedia rimane un monito sulle conseguenze della repressione e un simbolo della necessità di difendere i diritti dei lavoratori.

A più di cinquant’anni di distanza, i fatti di Avola continuano a essere ricordati come un momento cruciale nella lunga battaglia per la giustizia sociale in Italia. E ancora una volta, anche l’eccidio di Avola è rimasto impunito: nonostante si sappia chi è il responsabile, mai nessun colpevole è stato dichiarato.

Lucrezia Agliani

Exit mobile version