Bolsonaro è stato accusato dai leader della lotta indigena. Questa volta il presidente del Brasile potrebbe finire sul banco degli imputati per il reato di ecocidio.
Bolsonaro accusato dai leader indigeni
Lo scorso 22 gennaio l’avvocato francese William Bourdon ha presentato una denuncia alla Corte Penale Internazionale per conto dei leader indigeni Raoni Metuktire, capo della tribù Kayapó, e Almir Narayamoga Surui, capo dei Surui Paiter. Secondo l’accusa, l’atteggiamento aggressivo di Bolsonaro contro le politiche ambientali e le sistematiche violazioni dei diritti dei popoli indigeni costituiscono crimini contro l’umanità.
Prima che si arrivi a un processo vero e proprio l’iter è ancora lungo. Spetta alla Corte dell’Aja stabilire se ci siano o meno le basi per procedere con un’indagine. Ma, avverte William Bourdon, “stiamo facendo una corsa contro il tempo, considerando la devastazione dell’Amazzonia”.
Secondo l’avvocato una causa di questo tipo costituirebbe uno storico precedente, trattandosi del primo caso legato a questioni ambientali trattato dalla Corte Penale Internazionale. In questo modo l’ecocidio, ossia la distruzione consapevole dell’ambiente ai danni di un ecosistema o di una specie, sarebbe considerato un crimine tanto serio quanto i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e il genocidio.
La politica devastatrice di Bolsonaro
Dalla sua elezione a presidente, Bolsonaro, appartenente a una destra fascista che rappresenta il Brasile più nazionalista e conservatore, ha “sacrificato l’Amazzonia agli interessi industriali”, allentando progressivamente le restrizioni a tutela dell’ambiente. Quella a cui si assiste nel grande paese sudamericano da due anni a questa parte è un’impennata senza precedenti della deforestazione.
Già da tempo gli scienziati e gli ambientalisti denunciano la politica distruttiva del presidente, che sta spingendo la più grande foresta pluviale del pianeta a un punto di non ritorno. È chiaro quindi: grazie all’amministrazione Bolsonaro, l’Amazzonia si sta estinguendo. E sono i numeri a dirlo: secondo un report dell’ONG Observatório do Clima, negli ultimi due anni la deforestazione è aumentata del 50% e l’invasione dei territori indigeni è cresciuta del 135%. Eppure, le sanzioni per i crimini ambientali sono diminuite del 42%, e il budget destinato all’ambiente è stato tagliato di un 27,4%.
Bolsonaro è una minaccia continua per i popoli indigeni
L’atteggiamento di Bolsonaro non è distruttivo solo nei confronti dell’Amazzonia. Lo sfruttamento indiscriminato delle risorse della foresta mina i diritti e la sopravvivenza degli indigeni. “Nessuno ha parlato così male dei popoli indigeni o ci ha minacciati come lui”, dice il leader Raoni Metuktire che, nonostante i suoi 91 anni, non ha paura di far sentire la voce del suo popolo e degli altri popoli della foresta.
La tutela delle minoranze etniche brasiliane non è mai stata una priorità per Bolsonaro che, in numerose occasioni, ha fatto affermazioni razziste e offensive. “È un peccato che la cavalleria brasiliana non sia stata efficiente come quella americana, che ha sterminato gli Indiani”, aveva dichiarato. E pare proprio che da quando è salito al governo stia cercando di rimediare con uccisioni, persecuzioni e trasferimenti forzati ai danni dei popoli indigeni. Lo scorso anno Raoni lo aveva apertamente accusato di utilizzare la pandemia per eliminare i popoli della foresta.
Bolsonaro accusato per la quinta volta
Il presidente del Brasile non è nuovo alle accuse di crimini contro l’umanità. Tre denunce sono state rivolte a lui e al suo governo per la controversa gestione della crisi sanitaria causata dal coronavirus. Nel novembre 2019 due organizzazioni brasiliane avevano denunciato Bolsonaro per “istigazione al genocidio delle popolazioni indigene”.
Camilla Aldini