1954: A Digione, il giovane Laurent (Benoît Ferreux) tenta i suoi primi approcci con le donne, gusta il jazz, è tiranneggiato dai fratelli con più esperienza e scopre di avere un soffio al cuore.
Ragazzo precoce nei gusti letterari, è assai legato alla madre italiana, Clara (Lea Massari), che non è soddisfatta del suo matrimonio e riversa sul suo Renzino carezze e premure.
Il loro affetto, dopo una festa da ballo e qualche bicchiere, arriva a manifestarsi in senso biblico. Il candore e la spontaneità del momento, però, non portano ad un trauma: resta un segreto tra loro due, lontano dalla morbosità, dal senso di tragedia e dalle chiacchiere altrui.
Attorno a loro, nella Borgogna di provincia e nelle terme per la cura del ragazzo, si muove un mondo borghese sospeso tra vizi privati e pubbliche virtù.
Questo è l’ambiente adatto per Louis Malle, il più borghese dei registi inseriti nella Nouvelle Vague, quello che con Truffaut ha più tendenza letterarie, di certo il più prezioso, elegante.
Il dandy del cinema francese puntò nel ‘71 a raccontare la storia di un incesto: tema che il cinema d’autore avrebbe circondato di colpe e rimorsi, magari raccontandolo in ambienti disfunzionali. La sua sceneggiatura (candidata all’Oscar) rifiuta il manierismo greve: la resa del rapporto centrale è efficace, frizzante, intriso di una tenerezza sentita, prodotta con “disinvolta discrezione e sdrammatizzato in modi sani e liberi” (Morandini).
Malle dirige bene Ferreux alle prime armi ma dà libertà a Lea Massari per far proprio il film. Come protagonista, la sua pervasività e il suo calore sono accostabili a quelli di Fanny Ardant ne La signora della porta accanto (1981) di Truffaut: quando entra nel fotogramma, non si hanno occhi che per lei.
La resa del contesto in cui i due inusuali amanti si muovono funziona bene: i più attenti potranno al massimo trovare dei motivi già sentiti nella descrizione diffusa (e intinta di critica affettuosa) dell’ambiente provinciale, per fortuna riscattati dalla scioltezza del tono e dalla naturalezza della narrazione.
Malle riserva a Michael Lonsdale il ruolo di Padre Henri, timido molestatore; ad Ave Ninchi il ruolo di Augusta, domestica energica e piazzata dalle simpatiche sbottate in italiano.
Si nota che il regista ha giocato in casa, nel suo ambiente: non avrebbe avuto altrimenti la facilità di mostrare certi tipi o caratteri della borghesia: uno su tutti, il padre del protagonista, il distinto e distante ginecologo Charles Chevalier (Daniel Gélin).
Film semplice ed intimo, Soffio al cuore non raggiunge la complessità di altri film di Malle ma brilla di fronte a loro per la schiettezza e la semplicità: conta per le interpretazioni magistrali, il suo tono circonfuso di ricordi che in Arrivederci ragazzi (1987) si sarebbe fatto più doloroso, la resa dei rapporti familiari e affettivi, poi resi più aspri e morbosi ne Il danno (1992) con Irons e la Binoche.
Antonio Canzoniere