La vittoria di Will Smith per il suo Oscar come migliore attore è in ombra, oscurata dalle tante facce della violenza incarnatesi in pochi minuti sul palco di Los Angeles. Uno scherzo non autorizzato sul corpo di Jada Pinkett ed un successivo schiaffo. È sopruso contro sopruso, eppure scandalizzazioni e denunce bramano unicamente il clamore della fisicità. La ridicolizzazione dei corpi perde valore, viene sottovaluta, come di consuetudine
È giusto quanto superficiale condannare esclusivamente il gesto di Will Smith. L’aggressività non è una taglia unica. Piuttosto è flessibile e può vestire molteplici figure, in ognuna delle sue manifestazioni sa come nuocere pesantemente. Le tante facce della violenza si sono riunite su di un palcoscenico e hanno evidenziato, con le successive e relative cronache, un’ingenuità e una superficialità diffusa.
L’indignazione, nell’episodio in causa, se attuata senza trascurare alcun’ombra, può e deve, divenire insegnamento. Si tratta però di riconoscere ogni spigolo della tossicità per poterla combattere e successivamente educare i più alla sua assenza.
Ironia fuori luogo sull’acconciatura di Jada Pinkett
Jada, ti voglio bene. Soldato Jane 2, non vedo l’ora di vederlo!
L’erroneità nelle parole di Chris Rock è palese. Ridere di un corpo è un atto di derisione, una presa di posizione specifica. L’insita intenzione positiva non può, ad oggi, persistere quale scusante. Una donna senza capelli non è un pretesto di divertimento, non se non è lei stessa a proporre e sostenere evidentemente il gioco. Le donne calve o rasate sono già ghettizzate perché non aderenti a uno standard estetico considerato doveroso e questo dovrebbe portare ad azioni esattamente contrarie a quelle avvenute in questo triste spettacolo.
Ridicolizzare ciò che è già comunemente discriminato è distruzione del disomogeneo ciò di cui abbiamo bisogno è accettazione, progresso cognitivo, dialogo disciplinato.
L’equilibrio comunicativo attraverso il quale evitare l’offesa è chiaro, ma sappiamo ancora ridere del privilegio? o necessitiamo esclusivamente del debole da schernire?
Il motivo sottostante l’acconciatura di Jada Pinkett, ossia l’alopecia, non influenza la scena se non sottolineando negativamente l’inconvenienza scomoda delle parole usate. Prendiamoci gioco della fortuna, dei contesti anacronistici, del paradosso perché giustizia ed educazione devono vivere ed attivare messaggi significativi anche nella comicità.
Dimenticarsene è sinonimo di alimentare disprezzo ed ignoranza. Perpetuare nel giudizio approssimativo ed antiquato.
Lo schiaffo e le tante facce della violenza
Reagire allo scherno ingiusto è tollerante? Certo, lo è. Non solo è comprensibile ma doveroso poiché è nel silenzio che si assopiscono battaglie fondamentali.
Ma la violenza fisica è povertà d’intelletto. Uccide buoni propositi e contenuti, distogliendo l’attenzione, come in questo preciso caso, da altri temi che necessitano di risoluzione.
TIENI IL NOME DI MIA MOGLIE FUORI DALLA TUA FOTTUT* BOCCA
Will Smith ha recitato forse il peggiore dei suoi ruoli e non unicamente a causa del singolo gesto. Smith ha scelto di difendere sua moglie senza una sua precisa richiesta, ha reagito all’atto di derisione privandola di un suo eventuale desiderio di contestazione.
Ha fatto sì che il mondo vedesse Jada Pinkett come l’esatta raffigurazione fiabesca di femmina: ingenua, buona, silenziosa. Come gli appartenesse.
L’amore fa fare follie?
Siamo alla terza violenza della serata.
Solo l’amore nocivo di narrazioni distopiche ed avvelenate da errati luoghi comuni, porta ad agire nella follia.
Folle è il commento di Chris Rock e folle è lo schiaffo. Folle è sempre la violenza, non l’amore antitetico che sà perfettamente come agire nell’equilibrio, quando vive nel sano.
Follia è questa auto-consolazione imbevuta di retorica e, ancora una volta, follia sono i narratori e gli spettatori disposti ad accettarne le incongruenze.
La violenza ha tante facce e tutte devono essere sradicate, analizzate ed eliminate. Ma siamo troppo concentrati a guardarne una soltanto, la più evidente, per occuparci del quadro completo.
Quella cui tutti volgono lo sguardo però, non è l’unica a essere letale.
Giorgia Zazzeroni