Le riforme di Trump che favoriscono l’immigrazione

Tenetevi Trump e ridateci Lex Luthor

Muri, ban, immigrazione. Non c’è stato discorso elettorale tenuto dall’attuale presidente degli Stati Uniti d’America dove uno di questi concetti non sia in qualche modo stato proferito, trasformandoli in cavalli vincenti per la vittoria contro la democratica Hillary Clinton.





Una volta eletto, l’uomo della ferrea stabilità ma dal ciuffo ribelle, ha però tradito i propri intenti alimentando indirettamente una delle cause maggiori delle migrazioni sul nostro pianeta. E non sto parlando della guerra.

Aldilà del Muslim ban e della onnipresente promessa del faraonico muro di divisione con il confinante Messico, il Tycoon si è ben guardato da provare a capire a fondo il fenomeno migratorio, mettendo le basi per un sostanziale aumento.

Secondo un rapporto stilato nel 2015 dall’ Internal displacement monitoring centre`(che ho trovato in internet, non su Wiki Leaks né da fonti governative di Pyongyang) dei 27,7 milioni di profughi nel mondo registrati dall’Onu più di 19 sono scappati dalla terra natìa a causa di disastri ambientali. L’innalzamento dei livelli dell’acqua, il crollo di dighe, l’aumento di aridità, l’alopecia boschiva e altri fenomeni sopraggiunti in maniera repentina e sicuramente imputabili ai cambiamenti climatici hanno prodotto più del doppio degli sfollati generati da guerre e sanguinosi conflitti.

L’eliminazione del Clean Power Plan di Obama, il taglio dei finanziamenti all’agenzia di protezione dell’ambiente e la riapertura all’utilizzo di fonti di energia prevalentemente fossili a discapito di alternative rinnovabili o a basso impatto sono solo alcune delle riforme messe in atto da Trump in meno di sei mesi di mandato. Riforme in aperto contrasto alle indicazioni della conferenza internazionale sul clima di Parigi, svoltasi solo un anno prima delle elezioni americane e oggi più che mai lontane dall’essere applicate.

In campagna elettorale The Donald aveva definito il cambiamento climatico “una bufala dei cinesi” e nonostante le evidenze scientifiche non concedono molto spazio ad interpretazioni le parole di Scott Pruitt, fedelissimo di Trump a capo dell’Epa, non lascerebbero molte speranze al futuro del pianeta:

Le emissioni di anidride carbonica? Non incidono sul cambiamento climatico. Non sono d’accordo con chi lo afferma.

L’eurodeputato Barbara Spinelli ha definito questo il secolo dei rifugiati ambientali alludendo ad un peggioramento progressivo delle condizioni climatiche della Terra.

Qualsiasi governo incapace di far fronte alla difficile questione ecologica diventa complice così di crescenti ondate migratorie. La mancanza di cooperazione tra stati in un’ottica di salvaguardia globale prenderà la forma di un problema con cui, prima o poi, una consistente parte del pianeta dovrà fare i conti. Un problema che nessun muro potrà mai contenere.

Ricordatelo. Ricordatelo ogni volta che vi verrà voglia di tessere le lodi delle politiche migratorie di Donald Trump o che vi starete per lamentare della scomodità nel differenziare i vostri rifiuti.

 

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