Le radici storiche del razzismo: come è nato il concetto di razza e perché?

Le radici storiche del razzismo

La razza, come la intendiamo oggi, è una costruzione sociale relativamente recente, utilizzata storicamente per giustificare pratiche di schiavitù e oppressione. In contemporanea alla nascita della nozione di razza, è stata inevitabile la nascita della nozione di “bianchezza”. Analizzando quest’ultima, possiamo comprendere meglio le radici storiche del razzismo e il suo impatto persistente nel mondo moderno. Mentre la scienza moderna ci insegna che esiste una sola razza umana e che le differenze genetiche tra i vari gruppi etnici sono minime, la nozione di razza è stata abilmente manipolata nel corso della storia per favorire interessi economici e politici.

Le radici storiche del razzismo: la creazione del concetto di razza

Una delle prime domande che sorgono nell’esplorare le radici storiche del razzismo riguarda l’origine del concetto di “bianchezza”. La risposta a questa domanda ci riporta all’epoca delle prime esplorazioni europee e delle pratiche di schiavitù.

Gli studi dedicati alla comprensione delle radici storiche del razzismo ci dicono che prima dell’invenzione del concetto di razza le persone si dividevano per religione, gruppo tribale o lingua, ma per la maggior parte della storia umana, non c’era alcuna nozione di razza. Infatti, nonostante nel mondo antico la schiavitù fosse diffusa, le persone schiavizzavano sia individui dall’aspetto simile a loro, sia individui che avevano un aspetto diverso.

Come ci viene fatto notare dal documentarista John Biewen, la parola inglese “slave” (schiavo) deriva da “slav” (slavo), poiché i popoli slavi furono schiavizzati per secoli da varie popolazioni. Se si prende in considerazione ciò diventa chiaro che la schiavitù non era legata alla razza, poiché il concetto di razza non era ancora stato concepito.

La nascita del razzismo

Gli studi dello storico Ibram Kendi hanno indicato un momento chiave nell’identificazione delle radici storiche del razzismo. Secondo Kendi, l’origine del concetto di razza risale a Gomes de Zurara, un cronista portoghese del XV secolo. Nel 1450, Zurara scrisse un libro che segnò l’inizio di una nuova era nella giustificazione della schiavitù. In questo libro, raggruppò tutte le popolazioni africane che conosceva, descrivendole come inferiori, ignoranti e degne di essere schiavizzate.

Le sue azioni non era spinte dall’ignoranza, ma da una precisa volontà di giustificare le azioni brutali del suo tempo. Zurara era lo storico della corte di Enrico d’Aviz, detto il Navigatore, un principe portoghese le cui spedizioni lungo la costa africana occidentale avevano iniziato a catturare e schiavizzare persone. Zurara aveva il compito di legittimare questa brutalità e la sua “brillante” idea fu quella di creare la categoria di “razza”. Dichiarò che gli africani appartenevano a una razza diversa e inferiore, giustificando così la loro schiavitù.

Queste idee si diffusero rapidamente e furono utilizzate per sostenere la schiavitù razziale che si sviluppò successivamente. Le teorie di Zurara trovarono terreno fertile tra coloro che traevano profitto dal commercio degli schiavi e furono ulteriormente elaborate dai filosofi dell’Illuminismo, che cercarono di dimostrare una presunta superiorità innata dei bianchi. Gli scienziati dell’epoca tentarono di definire le differenze razziali come leggi naturali, contribuendo così a consolidare le radici storiche del razzismo.


Il razzismo sistemico

Le radici storiche del razzismo sono profonde e complesse, intrecciate nel tessuto sociale e politico della società. Nonostante i cambiamenti significativi che hanno segnato la storia, il razzismo rimane una questione persistente nella società moderna. La guerra civile americana, il movimento per i diritti civili e l’elezione del primo presidente nero hanno segnato progressi significativi nel cammino verso l’uguaglianza, ma non sono riusciti a sradicare completamente le disuguaglianze razziali.

Il razzismo sistemico è diverso dal comportamento razzista individuale. Non riguarda le azioni di singole persone, ma il modo in cui la società è strutturata per svantaggiare i neri e avvantaggiare i bianchi. Questo sistema è stato costruito intenzionalmente.

Molti bianchi non riconoscono l’attuale stato di disuguaglianza, spesso perché non lo vedono o non vogliono crederci. La segregazione nei quartieri, nelle scuole e nelle vite quotidiane contribuisce a questa mancanza di consapevolezza.

Cosa potremmo e dovremmo fare a riguardo?

Per combattere il razzismo sistemico è essenziale che i bianchi riconoscano il proprio ruolo e i benefici che traggono da questo sistema. Non si tratta di una colpa individuale, ma di responsabilità collettiva. I bianchi devono utilizzare il proprio privilegio per promuovere il cambiamento e combattere le pratiche discriminatorie. Ciò che è fondamentale è interrogarci sul potere che abbiamo.

Per contribuire efficacemente alla causa antirazzista, non basta evitare insulti razziali e celebrare la diversità. È fondamentale comprendere le radici storiche del razzismo e le disuguaglianze istituzionalizzate, riconoscere il nostro ruolo in un sistema che ci avvantaggia, essere pronti a conversazioni difficili, esaminare i nostri pregiudizi e affrontare verità scomode. In questo modo, possiamo sostenere politiche di uguaglianza e partecipare attivamente ai movimenti contro il razzismo.

 

Elena Caccioppoli

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