“Le raccolte di racconti non vendono”. Quante volte addetti ai lavori e lettori appassionati si sono imbattuti in questa affermazione? E perché potrebbe diventare un mito da sfatare?
E ancor prima, che cosa si intende esattamente con “racconto”?
Da un punto di vista linguistico, la parola “racconto” ci rimanda ad una tradizione fatta di oralità e immediatezza. Ricorda il susseguirsi di azioni, l’infilare delle perle ad una ad una in un unico filo, ordinatamente. Per forma e lunghezza, permette una lettura del tutto simile all’ascolto ininterrotto della voce di una persona. Si fonda principalmente sulla relazione immediata con il lettore. E il fatto che venga scritto e non tramandato esclusivamente per via orale, lo rende il caposaldo di un genere letterario a sé stante, in quanto ha caratteristiche che lo rendono unico e diverso dagli altri.
La storia dei generi letterari inizia con la necessità di classificazione.
Una necessità che ha a che vedere con il mondo delle scienze naturali, ma anche con le scienze umanistiche. Le sue radici le troviamo nella Grecia classica, nella Poetica (334/330 a.C) di Aristotele. La suddivisione in generi letterari è stata affrontata da tanti studiosi, ed è impossibile non citare Todorov che, prendendo in esame la letteratura fantastica, si trova a confrontarsi con una domanda interessante: i generi letterari sono finiti o infiniti? Anche perché per alcune opere sono quasi impossibili da catalogare in un una categoria precisa.
Sicuramente il racconto è un genere letterario che afferisce alla prosa, ma si differenzia dal romanzo per diversi motivi. Primo tra tutti la lunghezza.
Mentre il romanzo si sviluppa con tempi mediamente lunghi, il racconto si propone al lettore come una fotografia istantanea, in una sorta di poetica del frammento. Dove il romanzo ha possibilità di approfondimento, il racconto deve necessariamente essere più incisivo. Sulla breve percorrenza deve restituire l’impressione del tutto.
Se entriamo in una libreria, vediamo come in vetrina e sugli scaffali sono esposti soprattutto romanzi. Osservando le classifiche delle vendite, ci accorgiamo che le raccolte di racconti non sono mai ai primi posti. Lo stesso destino, per altro, appartiene ai libri di poesia. Questo scenario ha a che vedere soprattutto con l’Italia, piuttosto che con altri paesi come ad esempio i paesi anglofoni che hanno una maggior tradizione di Short Stories.
Ma perché il racconto non è tradizionalmente visto sotto una buona luce? Eppure, i grandi nomi della letteratura di ogni epoca si sono confrontati con questo genere letterario. Nabokov, E. A. Poe, Gogol, Lovecraft, Joyce, Bukowski, Dostoevskij, Melville, Woolf, Calvino, Plath, sono solo alcuni dei grandi autori che hanno brillato nell’arte del racconto.
Il fatto che la maggior parte di questi autori appartenga a tempi passati, potrebbe far pensare che oggi di racconti se ne scrivano pochi. Ma non è così.
Anzi. Sono tantissimi gli autori contemporanei che si confrontano con le brevi lunghezze, raggiungendo risultati brillanti e, a volte, persino sorprendenti. La ragazza dai capelli strani di D.F. Wallace ne è un esempio.
E non si può scordare Tristan Garcia, che con il suo 7 , senza dubbio uno dei libri più significativi degli ultimi tempi, ha contribuito ad una rivalutazione delle raccolte di racconti e al suo recupero come genere.
Nel caso di 7, però, occorre fare una precisazione: Garcia fa un’operazione molto interessante, perché riesce a dare vita ad un vero e proprio romanzo, composto però da sette racconti che sono allo stesso tempo indipendenti e parte di uno stesso disegno.
Il recupero del racconto è un processo che sta andando avanti da qualche anno. Solo nel 2016 sono stati raccolti pubblicati in lingua italiana tutti i racconti di Virginia Woolf, contenuti nel volume Oggetti Solidi.
Questi sono solo alcuni degli elementi che ci permettono di parlare di un rilancio di genere.
Un recupero che vede coinvolti non solo i singoli autori, ma l’intera industria dell’editoria, che sta facendo un’operazione di rilancio sul mercato, che vede coinvolte le grandi case editrici – che tendenzialmente puntano sui grandi nomi – ma soprattutto le case editrici indipendenti che si rivolgono ad un pubblico più ristretto. Un rilancio che spinge a delle riflessioni.
Prima di tutto, il fatto che questa operazione stia dando dei risultati su un fronte economico significa che va a soddisfare le richieste di una fascia di lettori non indifferente; il genere del racconto merita rispetto e bisogna necessariamente uscire dai luoghi comuni che lo vedono come genere di serie b. Ma ci racconta anche qualcosa della nostra società.
Una società che è in continuo movimento, frenetica, che lascia poco tempo alla lettura. Dove l’immagine ha la supremazia sulla parola. Una società fatta di sovraesposizione e in continuo mutamento. Segnato dal marchio dell’instabilità, dell’immediatezza, della fruibilità per fagocitazione fast motion. Una società liquida.
Sofia Dora Chilleri