Le persone respinte dai confini europei nel 2023 sono 10.691

Le persone respinte dai confini europei nel 2023 sono 10.691

 

Sono 10.691 le persone respinte dai confini europei nel 2023. Le stime arrivano dall’ultimo report del Protecting Rights at Borders (PRAB).

Il sesto e ultimo rapporto PRAB (Protecting Rights at Borders) si chiama What do we do in the shadows  (“Cosa facciamo nell’ombra”) e documenta 10.691 casi di persone respinte dai confini europei tra il 1° gennaio e il 30 aprile 2023. Come evidenzia il report, i respingimenti vengono usati in maniera sistematica nella gestione delle frontiere. Vittime delle espulsioni dai territori di molti Stati europei sono persone straniere, come migranti, rifugiati e richiedenti asilo. In genere, a effettuare i respingimenti sono la polizia di frontiera, le forze dell’ordine o altre autorità che spesso non tengono conto della situazione di chi cerca sicurezza e non  sono supportati da procedure e giustificazioni legali. Queste pratiche sono spesso vere e proprie violazioni dei diritti e occasione di violenza e abusi sulle persone coinvolte.

 

Il sesto report PRAB nel dettaglio

Il PRAB (Protecting Rights at Borders) è un’iniziativa formata da organizzazioni di protezione e assistenza legale che si occupano del rispetto dei diritti umani alle frontiere esterne e interne all’UE. Tra queste ci sono i confini tra Francia e Italia, Grecia e Turchia, Croazia e Bosnia-Erzegovina, Ungheria e Serbia, Bielorussia e Polonia, Ucraina e Polonia, Grecia e Macedonia del Nord, Slovenia e Italia, Macedonia del Nord e Serbia, Lituania e Bielorussia. Il progetto è sostenuto dal Programma Europeo per l’Integrazione e la Migrazione (EPIM) e dalla Fondazione Open Society Institute.

Le informazioni raccolte dal report vengono dalle testimonianze personali dei partner del PRAB nell’assistenza alle frontiere e dalle interviste approfondite con alcune vittime (1.611 persone). Per ragioni di integrità della raccolta dei dati, il progetto esclude i respingimenti registrati da altre ONG e agenzie delle Nazioni Unite (ONU) che operano alle frontiere. Secondo il report, il numero di casi di respingimento e di negazione dell’accesso alle procedure di asilo è alto e varia da confine a confine. Per esempio, tra Croazia e Bosnia-Erzegovina la percentuale è pari al 44% su tutti i casi, mentre tra Ungheria e Serbia si registra un 88% sul totale. Di tutti i casi registrati, il 16% coinvolge bambini e bambine. Questi numeri sono in aumento rispetto agli anni passati e coinvolgono persone di diverse nazionalità. Un caso a sé è rappresentato dai profughi provenienti dall’Ucraina che, secondo il report, sono “più benvenuti”.

 

Alcune difficoltà nella registrazione di tutti i casi di respingimento

L’aumento del numero di arrivi di migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Europa ha spinto molti Paesi a costruire o rafforzare muri di confine. Esempi sono la recinzione metallica installata nel 2015 dallo Stato della Macedonia ai confini con la Grecia, i 186 km di muro alto 5,5 m costruito dalla Polonia nel 2022, così come il filo spinato che si estende per circa 502 km sui 679 km di confine tra Lituania e Bielorussia. 





Queste strategie sono spesso combinate all’uso dell’intelligenza artificiale (AI) e di tecnologie quali sistemi di sorveglianza, biometria e droni alle frontiere. Il rafforzamento di questi sistemi è avvenuto in parallelo alla limitazione del numero di valichi di frontiera e punti di ingresso ufficiali. L’assenza di accessi sicuri e legali spinge moltissimi a percorrere le vie più pericolose in per entrare negli Stati. Queste aree di passaggio sono spesso remote, pattugliate o nascoste: fattori che rendono difficile registrare tutti i casi. Inoltre, molte delle vittime hanno paura di denunciare perché ne temono l’impatto sul loro ingresso o soggiorno in uno Stato membro dell’UE. Questi fattori rendono difficile registrare tutti i casi di respingimento. I numeri riportati dal report rappresentano infatti solo una piccola parte della cifra reale di persone respinte dai confini europei.

 

Le violazioni dei diritti delle persone respinte dai confini europei 

Al centro del lavoro svolto dal PRAB è pressante la denuncia delle violazioni dei diritti delle persone respinte dai confini europei. Come evidenzia il report, le brutalità della polizia nella gestione delle frontiere rimangono spesso impunite, mentre le vie di giustizia per le vittime sono scarse o inesistenti. Molte delle persone intervistate denunciano abusi fisici e aggressioni: se al confine tra Grecia e Turchia si registra un 54% di casi sul totale, tra Ungheria e Serbia la percentuale di queste denunce si aggira intorno al 62%.

Uno degli esempi riportati riguarda i respingimenti registrati lo scorso maggio sull’Isola di Lesbo (Grecia) e testimoniata da un video pubblicato dal New York Times. Le immagini mostrano 12 persone scaricate da un furgone bianco per poi essere caricate su un motoscafo diretto alla nave 617 della Guardia Costiera Greca, a sua volta destinata a trasportare i migranti su una scialuppa di salvataggio priva di motore che li avrebbe lasciati alla deriva in acque turche. Come evidenzia il report, in Grecia sono state segnalate 174 persone respinte, ma le informazioni complete sui respingimenti via terra e via mare non sono state fornite poiché le aree di confine e le operazioni di frontiera sono off limits per le organizzazioni della società civile

 

Il caso italiano

Per quanto riguarda l’Italia, il report analizza nello specifico la situazione delle persone respinte ai confini con la Francia, la cui percentuale è l’85% sul totale dei casi registrati (3.216 persone). Tra questi ci sono molti minori non accompagnati che si ritrovano collocati in centri di accoglienza per adulti pur presentando i certificati di nascita. I partner del PRAB al confine italo-francese riferiscono che l’accesso alla procedura d’asilo è diventato sempre più difficile. Durante questo periodo i richiedenti asilo non ricevono assistenza e protezione e spesso sono costretti a vivere per strada o in ambienti insicuri e senza servizi igienici. Anche se contraria alle norme nazionali sull’accesso a un alloggio dignitoso per i richiedenti asilo, questa pratica è diventata la normalità. Inoltre, secondo il report l’85% di queste persone ha subito violenze e abusi.

What do we do in the shadows si concentra anche su alcuni casi documentati e denunciati presso i Centri di Rimpatrio (CPR) italiani. Lo Stato d’Emergenza indetto lo scorso aprile a causa dell’aumento dei migranti in Italia e il Decreto Cutro, approvato a seguito del naufragio del 26 febbraio 2023 e confluito nella legge n. 50/2023,  hanno apportato importanti cambiamenti nel trattamento delle persone migranti. Uno dei più influenti è lo smantellamento della protezione speciale per coloro che non hanno i requisiti per lo status di rifugiato ma sono vittime di sfruttamento e violenza, necessitano urgenti cure mediche e sono a rischio di tortura e trattamenti disumani se rimpatriati nei Paesi d’origine. Secondo il report, queste disposizioni porteranno a un aumento del numero di immigrati irregolari sul territorio, rendendo estremamente difficile il soggiorno regolare e l’integrazione e dando adito a una già persistente criminalizzazione dei cittadini stranieri in Italia.

 

La lotta alla criminalizzazione di chi aiuta le persone migranti e l’appello del PRAB

Un’ulteriore problematica evidenziata dal report è la criminalizzazione di coloro che aiutano le persone respinte ad avere accesso ai servizi di base, tra cui cibo, alloggio e assistenza medica, o a intraprendere azioni legali per contrastare le violazioni dei diritti. Accanto alle campagne di diffamazione e alle accuse di contrabbando di esseri umani contro gli attori umanitari, sono state intraprese anche azioni legali e giudiziarie con l’obiettivo di limitare gli aiuti. Citando i dati PICUM (Platform for International Cooperation on Undocumented Migrants) del 2023, il report evidenzia i casi di criminalizzazione di più di 100 persone durante il 2022 per aver agito in solidarietà con i migranti nell’UE. L’appello ultimo del PRAB fa capo all’obbligo legale da parte del diritto internazionale nei confronti dei diritti umani delle persone in movimento e di chi fornisce loro assistenza vitale.

 

Stella Canonico

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