Le origini del Gospel, da canto di sofferenza a simbolo di speranza

Le origini del gospel

Oggi è diventato il genere musicale simbolo delle feste natalizie, un inno alla speranza, ma quali sono le origini della musica gospel?


“Oh Happy Day, I Will Follow Him, Mary’s Little Boy Child,…” sono i celeberrimi titoli che tutti intonano durante le festività natalizie, in particolare quando il nuovo anno sta per arrivare, oppure quando si partecipa ad una tradizionale messa americana. Ma sono pochi a conoscere la storia di questi brani a carattere così religioso e così carichi di speranza. Le origini del gospel, infatti,  rimandano alla sofferenza degli africani in America, durante i 200 lunghi e cupi anni di tratta degli schiavi.




La musica gospel è un genere caratterizzato da canti eseguiti in coro, generalmente a cappella, cioè senza l’accompagnamento di basi strumentali, puntando sulla varietà dei toni vocali che conferisce alle canzoni l’inconfondibile sonorità. I tempi sono ben scanditi. Il testo, di solito, è caratterizzato da strofe che fungono da domanda, alternate ai ritornelli che contengono la risposta. Sono proprio queste principali caratteristiche che aiutano a ricostruire le origini del gospel, collegandole ai canti degli schiavi.




Le Work Song per alleviare le sofferenze

I benefici della musica e del canto sono innumerevoli. Numerosi studi hanno dimostrato che ascoltare la musica adatta ad una determinata circostanza può assolutamente migliorare la salute psichica. Molte melodie riducono lo stress e stimolano la produzione di serotonina, l’ormone del buonumore. Inoltre, praticare regolarmente il canto in ambienti domestici o lavorativi genera benessere fisico, ma permette anche di misurare il tempo. Da tutti questi presupposti, nei primi anni del 1600, nascono le Work Songs, i canti da lavoro alle origini dell’attuale musica gospel. Queste pratiche nacquero nei campi in cui le tribù africane consumavano la loro schiavitù. Uomini, donne e bambini, come la triste storia ci racconta, venivano letteralmente rapiti e deportati in America e in seguito venduti alla stregua di strumenti agricoli. Essi, dopo orrendi “controlli qualità” e “collaudi” venivano regolarmente comprati dai proprietari terrieri presso appositi “mercati”.




Trovandosi in condizioni di lavoro disumane, gli schiavi africani potevano solo rifugiarsi nella loro cultura musicale. Cominciarono quindi ad utilizzare la musica per dar sfogo alla loro sofferenza, per alimentare fantasie su un futuro migliore, ma anche per coordinare i movimenti della squadra lavorativa.

I messaggi in codice nascosti alle origini del gospel

Per gli schiavi la musica era anche mezzo di comunicazione. Essi dovevano stare molto attenti nel dialogare tra di loro perché anche una singola parola poteva essere motivo di terribili punizioni. Quindi coniarono delle vere e proprie frasi in codice che, mascherate dal canto, passavano inosservate ai sorveglianti. Spesso si riferivano ai loro padroni utilizzando simboli come animali o personaggi biblici. Lo stesso accadeva per pregare, in quanto non sempre era loro consentito riunirsi. È proprio in questo contesto che avviene il primo collegamento con il mondo sacro che si trova alle origini del gospel.

Il Gospel dalla fine della schiavitù ad oggi

Con l’abolizione della schiavitù, molti afroamericani si trapiantarono nelle grandi città portando con loro oltre 200 anni di patrimonio musicale, ancora conosciuto come Work Song. Fu solo in quegli anni che si iniziò a parlare di Gospel. Infatti questo genere nasce dalla commistione tra le sonorità delle work song a quelle del jazz e del blues, anch’essi appena nati da simili origini. Ciò che distingueva il Gospel da questi ultimi due generi era il suo contenuto religioso. Infatti questi canti prendevano il nome di “God’s spell” (parola di Dio), che poi si trasformò in Gospel per errore fonetico. Oggi il gospel è un simbolo di spiritualità e di speranza.

Silvia Zingale

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