Capusutta ovvero Aristofane fra noi
Ho visto Aristofane sorridere nel vedere Socrate, femmineo, inneggiare al ballo, al divertimento, nella confusione delle nuvole che mistificano ogni cosa. Nella risata della corsa, della vitalità del gesto, del gioco, Riminio? è questo il verbo che una roulette vivente con coda di cavallo chiede ai partecipanti ad una tombola. Estraiamo i numeri. Vinciamo. Ed invece alla fine del giro “Anche stavolta non ha vinto nessuno” dice lei.
“Riminia! Riminia! Urlano gli attori in coro. Girala! Girala! La traduzione dal lametino. Chiara rotea la testa, è lei il gioco del Lotto. Lei estrae i numeri sulla ruota di Lamezia Terme. Gli attori ascoltano e controllano i numeri estratti. In scena è di nuovo la febbre del gioco. La gran truffa legalizzata. Aristofane è vivo e vegeto in mezzo a noi, diventa il mondo di oggi. Ancora una volta la tradizione parla le parole del presente. In questa periferia del mondo in cui succede la magia.” da #4storieper4luoghidellaNonScuola.
Aristofane ci stava tutto, in una contaminazione che rispettava il senso del testo originale, non come tanti altri rimaneggiamenti di teatro dove il testo viene piegato a vaudeville e lontana farsa. No, qui eravamo nel testo, ho proprio percepito la connessione con l’autore che ci regalava il suo assenso.
Il teatro è luogo di rappresentazione. C’è una scena e ci sono gli attori e in platea gli spettatori. Si mette in scena un testo che, secondo i greci, doveva creare la catarsi fra il pubblico.
Ogni attore ha un ruolo.
A volte i ruoli si mescolano e gli attori stanno fra gli spettatori, e gli attori non sono attori, bensì chiunque voglia cimentarsi a recitare una parte per vincere quella personale difficoltà ad esser fra la gente.
Dal teatro parrocchiale al teatro dialettale, dal teatro scolastico al teatro di strada, sono varie le forme e l’uso di una modalità scenica. C’è chi usa il teatro per far distrarre, per far la grassa risata della commedia plautina, e mette in scena doppi sensi di pancia per smuovere risata, c’è chi usa il teatro per elegie religiose e recita preghiere edificanti su santi e miracoli, c’è chi usa il teatro come ribellione e chi come integrazione.
Tantissimi i dilettanti, le compagnie che si dilettano a inscenare un loro omaggio ad Eduardo De Filippo, ricordo un Gennariellu, recitato a Napoli, in una cantina, da una compagnia di avvocati, ricordo poi altri testi, di qualsivoglia costrutto, recitati dappertutto.
Anche io ho scritto un monologo e un attore lo ha recitato! Dilettanti che ci dilettiamo amando il teatro che ci rappresenterà.
Non sto parlando di coloro che lavorano nel teatro ma di tutta una folla che calca la scena.
Dilettanti.
Dilettanti.
Adoro il teatro dei laboratori scolastici, adoro le messe in scena dove il teatro viene usato per integrare, per creare comunità, appartenenza, per far vincere ritrosie e timidezze, per trasformare menti giovani dando a loro entusiasmo e possibilità, curiosità e vivacità.
Per tutto questo sono stata felice ieri sera di assistere allo spettacolo Le nuvole, Riadattamento dalla commedia di Aristofane, che il movimento Capusutta ha portato in scena al teatro Comunale Costabile di Lamezia Terme.
Capusutta III Movimento, dicono nella locandina, ed in effetti nel 2010 è iniziato il progetto Capusutta, guidato da Punta Corsara, Compagnia teatrale, costituitasi nel 2011 a Napoli, che ha continuato quello che era stato iniziato al teatro Mercandante dal regista M. Martinelli, del Teatro delle Albe, di Ravenna e che univa pratica teatrale e pedagogia ed ha portato l’esperienza della non-scuola in Calabria, da cui è nata la riscrittura del primo testo Donne al parlamento di Aristofane.
Punta Corsara ora è una realtà teatrale e così forse mi auguro che diventi anche Capusutta, nella sua specifica estemporaneità di possibile teatro fra diverse commistioni.
Un teatro di spettatori che diventano attori, momentaneamente, e che poi riprendano il testo nella vita per uscirne trasformati.
Un teatro di ragazzi dai cinque ai venticinque anni, con situazioni complesse di emarginazione, come era il punto di partenza e allo stesso tempo di arrivo del progetto Capusutta e cioè le esperienze di Scampia e quella di Ravenna.
“Nel 1983 Martinelli ha fondato a Ravenna la non- scuola del Teatro delle Albe, così chiamata perché “non vuole creare attori ma incendiare il cuore degli adolescenti con il teatro. Mandare in corto circuito la loro ignoranza in materia con i grandi classici, da Aristofane a Brecht”. Questa esperienza è stata poi esportata a Napoli, nel quartiere di Scampia con il nome di Arrevuoto, progetto triennale del Teatro Mercadante. Nel 2007 il progetto si è trasformato in Punta Corsara che da pochissimo è diventata associazione ed è guidata da Emanuele Valenti. Punta Corsara ha messo su una compagnia costituita dai ragazzi più motivati del quartiere napoletano che ora girano tutta l’Italia con i loro spettacoli. “Proprio questo è l’obiettivo finale che vogliamo raggiungere – ha affermato Tano Grasso – formare a Lamezia una compagnia stabile che reciti in tutto il Paese”. Così scrisse Tano Grasso allora assessore alla cultura di Lamezia Terme. Ora le nuvole di Aristofane dovrebbero sciogliersi in una pioggia che pulisca le mistificazioni del nostro presente
Le nuvole di Aristofane erano in realtà una parodia della scuola sofista. Una presa in giro di Socrate. Aristofane si divertiva a scoprire gli effetti paradossali dei ragionamenti filosofici e di alcuni insegnamenti. Nelle nuvole vi è un padre che assillato dai suoi creditori manda il figlio dal filosofo affinché impari come difendersi dagli stessi. Come non pagare il debito. Quegli stessi argomenti usati per i creditori però possono essere usati contro di lui in futuro facendolo rammaricare della sua scelta. Credo che sia questo il momento in cui piombiamo nel 2016 direttamente da Atene