Le nove occupazioni a Roma sono il grido di un forte disagio sociale

Dal centro alla periferia, dai classici ai tecnici. Dal 6 dicembre almeno nove scuole della Capitale sono in occupazione per rivendicare le necessità dell'intero corpo studentesco

le nove occupazioni a roma del 6 dicembre

Nella prima mattina del 6 dicembre i collettivi studenteschi di nove licei romani hanno attuato il piano di occupazioni simultanee. Le nove occupazioni a Roma sono il sintomo di una rabbia generale ma con dettagli politici chiari, forti e precisi. Dalla solidarietà al popolo palestinese alle iniziative femministe, dai dibattiti sulle carceri alla contestazione delle politiche di Valditara. Le proteste sono state ampiamente condivise dal basso e hanno visto storiche scuole del centro e anche quelle più emergenti delle periferie. 

Contro o a favore delle occupazioni?

Le nove occupazioni a Roma da parte dei collettivi autorganizzati locali sono stati il Virgilio, Mamiani, Aristofane, Colonna, Manara, Morgagni, Tasso, Righi e Aristofane. Questa lunga lista si è aggiunta alle occupazioni precedenti del liceo Albertelli, Visconti e Ripetta in solidarietà con il popolo e la resistenza palestinese. I licei che hanno aderito a questa manifestazione collettiva sono di diversa origine e luogo sociale. Dal centro alle periferie, dagli insegnamenti classici a quelli tecnici, passando per gli artistici. Le forti e prorompenti azioni vogliono sottolineare che il disagio sociale nei confronti dell’insegnamento pubblico è sentito sotto tutti i punti di vista. Il problema è infatti il merito della questione, cioè come le lezioni si affrontano e l’impostazione dell’apprendimento nelle scuole italiane. 

Alle numerose occupazioni sono seguite immediatamente le proteste dei genitori, presidi ed insegnanti, che hanno espresso il loro “pieno dissenso” e hanno chiesto “azioni immediate affinché si ripristini la legalità senza una punizione generale all’intero corpo studentesco”. Il corpo docente del liceo Tasso, ad esempio, ha rivendicato un diritto leso e un danneggiamento fisico della scuola a causa delle irruzioni violente. Ma le proteste contro la settimana – o anche meno – di occupazione sono sempre le medesime. I problemi sistemici amministrativi ed economici continuano a persistere però, danneggiando il vero diritto allo studio.

Le azioni di occupazione, in molti casi, possono ridare vita ai licei e agli studenti, grazie all’autogestione degli spazi, dei saperi e del benessere fisico e psicologico di chi i corridoi li vive ogni giorno. Le occupazioni politiche sono, come in questo caso, un rifiuto nei conforti di un sistema imposto dalle istituzioni, basato sulla competizione e l’individualismo. I collettivi studenteschi cercano infatti nuovi spazi aggregativi, che abbiano come obiettivo la crescita e l’integrazione senza differenza di genere, etnia o classe sociale ed economica. 



Il CAR e il modello di educazione scolastica

Il coordinamento autonomo romano (CAR) è la realtà studentesca che riunisce tutti i collettivi della metropoli romana in un confronto che ormai dura da anni, nonostante le diverse lotte e i diversi momenti storici. Cambia spesso la sigla, ma è sempre la stessa comunità che, con il passare del tempo, si confronta sui problemi. Questo è un anno particolare di occupazioni: più di nove scuole, simultaneamente, hanno compiuto l’azione più “scandalosa” agli occhi dell’opinione pubblica. I disagi sono forti e le necessità di una didattica diversa sono sempre più sentite. Studenti e studentesse hanno sentito la necessità di allontanarsi dalle logiche autoritarie del sistema scuola, riconoscendo che l’ambiente scolastico è il primo passo fuori dalla famiglia in cui il soggetto inizia a modellare la propria persona. 

La scuola è, prima di tutto, un fulcro di relazioni sociali che non si può basare sul merito, sulla competizione o su quell’indifferenza dei saperi, spacciata per neutralità, davanti ai fatti storici. Il progetto delle nove occupazioni a Roma in maniera simultanea è stato costruito per lasciare il segno di una forte autorganizzazione, coesa e coerente in tutta la Capitale. Un atto che manifesti che la società in cui si vive è pregna di problemi non più emergenziali, ma strutturali. Ne sono la prova le violenze di stampo razziale, islamofobe e patriarcali che ogni giorno ognuno rischia di vivere sul proprio corpo. L’obiettivo principale, come infatti il CAR evidenzia nel comunicato, è quello di “decostruire un sistema scolastico e proporne uno nuovo”. Le proposte sono quindi state avanzate. Il problema ora è accoglierle, o quantomeno essere in grado di comprenderle. 

Nove occupazioni a Roma contro la scuola di Giuseppe Valditara 

Il consiglio dei ministri, a fine settembre, ha approvato due riforme che sono state proposte dal Ministero dell’istruzione al cui vertice vi è Giuseppe Valditara da ormai due anni. Il governo italiano ha l’obiettivo di approvare definitivamente la riforma entro dicembre, così che le nuove leggi entrino in vigore dal prossimo anno scolastico. La prima è quella che vuole introdurre un sistema punitivo nei confronti di chi non ha una buona condotta. La valutazione del 6 in condotta, da sempre considerata sufficienza, sarà infatti tradotta in un 5 in educazione civica. Di conseguenza, lo studente sarà costretto a “recuperare” una materia, a priori dalla gravità delle sue azioni e dei suoi comportamenti in classe. Non è previsto infatti un controllo proporzionale tra il voto di condotta e la gravità delle azioni compiute dallo studente. 

La seconda riforma è quella che prevede una riduzione del percorso di istruzione a quattro anni, con una specializzazione di altri due anni presso istituti tecnici superiori. Si è sottolineata l’importanza delle competenze tecniche e laboratoriali e l’aumento di aule multifunzionali. La proposta inoltre introduce una maggiore collaborazione con l’esterno, in particolar modo accordi con le aziende per i progetti di scuola-lavoro. Le ore necessarie per la promozione all’esame di stato sono almeno di 400. L’intento è quello di valorizzare gli impieghi nei settori produttivi e industrializzati, escludendo ogni altro interesse alternativo degli studenti. 

Nel corso dell’ultimo anno, sono stati stanziati due miliardi per la “scuola 4.0”, che vuole incentivare la scuola verso un uso sempre già digitale, che elimini la carta stampata e la sostituisca con tablet, contenuti digitali e la LIM in ogni aula – la lavagna interattiva multimediale. Altrettanti soldi che fanno parte delle sovvenzioni della quarta rata del PNRR saranno investiti in un’abbondante digitalizzazione. Tutti gli stanziamenti economici non tengono però conto di tutti i problemi strutturali, amministrativi e logistici degli edifici scolastici. Riscaldamenti e bagni non funzionanti, finestre rotte, cattedre vuote, allarmi fuori uso, aule non agibili. Gli studenti pretendono l’investimento di soldi nella riqualifica delle strutture scolastiche, il più delle volte sovraffollate, e la creazione di nuovi spazi adeguati alla sicurezza degli studenti. 

Un programma ben definito: l’educazione sessuale 

In opposizione al modello della scuola di Valditara, si propone un programma di educazione sessuale attraverso attivi dibattiti in classe, mediati da professori o insegnanti specializzati. L’educazione sessuale e l’educazione all’affettività deve essere una materia obbligatoria per eliminare radicalmente ogni forma di violenza fisica, verbale, repressione e discriminazione di genere. Il percorso educativo, come presentato e proposto dagli studenti, deve essere completo nelle sue sfere di analisi e studio. Si comprende un percorso sia in chiave medica – come l’educazione alle malattie sessualmente trasmissibili – sia in chiave etica ed affettiva – come la questione del consenso e l’analisi sociale del patriarcato. Il tutto sarebbe coronato dalla presenza di un centro anti violenza. Il CAR richiede un presidio permanente in ogni scuola, così da mantenere un controllo e una garanzia nell’ambiente scolastico ed essere presente sul territorio. 

L’importanza dell’autogestione e il benessere psicologico

Un’altra vertenza è quella che riguarda gli spazi sociali. Gli studenti e le studentesse, il più delle volte, non si sentono liberi di esprimere la propria opinione, ma sono giudicati e oppressi da un pensiero univoco ed omogeneo. È importante però che la scuola sia di chi effettivamente la vive, la sogna migliore e la piange quando ci sono i problemi. Al centro di tutto ci sono sempre gli studenti che hanno bisogno di crescere liberi e in grado di avere un pensiero proprio. Si chiede che ci sia la possibilità di autoformazioni riguardo a tutti quei temi che vengono considerati “tabù” o di cui se ne parla solamente da un punto di vista – come il conflitto israelo-palestinese. 

C’è anche la necessità di avere un ascolto psicologico che sia disponibile e gratuito in qualsiasi ora del giorno. Lo sportello deve garantire il diritto alla privacy di qualsiasi persona decida di aprirsi all’ascolto. Disagio, depressione e l’ansia sociale sono notevolmente cresciute e hanno colpito sopratutto i soggetti molto giovani durante l’epoca del Covid-19. La richiesta è quindi quella di uno spazio di supporto per garantire un benessere psicologico che è alla base di una sanità fisica e di una buona prestazione scolastica. 

La giusta educazione alla sensibilità di ciascuno studente e all’atteggiamento propositivo e non esclusivo è indicata anche, e sopratutto, nei confronti dei professori. Il CAR invita l’istituzione a prendersi cura e istruire anche i docenti stessi, che spesso sono autori principali di un’estrema competizione e forte invidie tra gli studenti. 

Nove occupazioni a Roma nel nome di un’altra società

La risposta delle istituzioni è sempre stato un silenzio assordante, nonostante tutte le richieste dalle piazze, le mobilitazioni nelle scuole, i tavoli ai ministeri. La conseguenza di queste mancate azioni, di questa indifferenza insostenibile è stata quella di occupare spazi che spettano agli studenti ogni giorno. Ma occupare uno spazio significa anche occupare il tempo della crescita. Significa sfruttarlo nel miglior modo per capire in che società vogliamo vivere e cosa vogliamo costruire per il futuro – o quel che resta.

“Il mondo è nostro” è lo slogan con cui molti dei collettivi autonomi, romani e non, si accompagnano nelle loro proteste pubbliche di piazza. È la scritta sugli striscioni che hanno aperto le danze alle nove occupazioni a Roma. È una citazione dal film “L’Odio” di Kassovitz e si vuole dire che sono gli studenti che si devono riappropriare degli spazi, desolati o pieni che siano, per renderli effettivamente sociali. Ma soprattutto, che abbiano una consapevolezza profonda, critica e politica,  di quello che avviene intorno a loro. È una citazione per dire che il mondo è delle persone che vivono per le strade, che lottano ogni giorno dal basso per conquistare diritti e una vita che sia libera non solo formalmente, ma anche sostanzialmente. 

Lucrezia Agliani

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