Lo studio su nanoantenne e atomi d’oro é stato pubblicato su Nature Communications.
Luce sugli atomi
Nanoantenne perchè i singoli atomi o molecole sono da 100 a 1000 volte più piccoli della lunghezza d’onda della luce visibile. Insomma si, uno strumento per la giusta intenzione. Notoriamente, è difficile raccogliere informazioni sulla dinamica degli atomi, specialmente quando sono incorporati all’interno di strutture più grandi. Nel tentativo di aggirare questa limitazione, i ricercatori stanno progettando nanoantenne metalliche che concentrano la luce in un volume minuscolo. Ciò migliora notevolmente qualsiasi segnale in nanoscala proveniente dalla stessa regione. Le antenne sono la spina dorsale della nanoplasmonica, un campo che influenza profondamente biomisurazioni, fotochimica e fotonica.
Il verde della speranza
Ora, i ricercatori guidati daChristophe Galland presso la School of Basic Sciences scoprono cosa succede quando si illumina una luce laser verde su una nanoantenna d’oro. La sua intensità aumenta localmente al punto che gli atomi d’oro “cadono” fuori dal loro equilibrio , mantenendo sempre l’integrità della struttura complessiva. La nanoantenna dorata, inoltre, amplifica la debole luce diffusa dai difetti atomici neoformati, rendendola visibile ad occhio nudo. Questa danza di atomi su scala nanometrica può quindi essere osservata come lampi di fluorescenza arancioni e rossi, dovuti agli assestamenti. “Tali fenomeni su scala atomica sarebbero difficili da osservare sul posto, anche utilizzando microscopi elettronici o a raggi X altamente sofisticati. Questo perché i grappoli di atomi d’oro che emettono lampi di luce sono sepolti all’interno di un ambiente complesso tra miliardi di altri atomi”, afferma Galland.
Verso il microscopico
Le scoperte inaspettate sollevano nuove domande sugli esatti meccanismi microscopici mediante i quali una debole luce verde continua può mettere in movimento alcuni atomi d’oro. “Rispondere sarà fondamentale per portare le nano-antenne ottiche dal laboratorio nel mondo delle applicazioni – e ci stiamo lavorando”, afferma Wen Chen, il primo autore dello studio.
Daniele Tolu