Le muse di Salvador Dalì: dalla passione travolgente per Gala, all’affinità elettiva per Amanda Lear

Ogni uomo ha la sua musa, ma soltanto gli artisti sono in grado di rendere immortale una donna.

Quando poi le donne in questione sono esse stesse delle femme fatale, quel rapporto di reciproca influenza diventa magmatico, intenso, metafisico. Ecco cosa accomuna le muse di Salvador Dalì: passione, intrigo, fasciano, desiderio. 

Il pittore inizia la sua brillante carriera a Parigi. L’incontro con Picasso, Mirò, Max Ernst e soprattutto Giorgio De Chirico trasformarono radicalmente la sua pittura, avvicinando alla sua personalissima visione surrealista, intrisa di psicanalisi freudiana, tale da renderlo leggendario. Inizialmente, prima dei fortuiti incontri che segnarono la sua vita, era la sorella a posare come modella, dipinta alla finestra, tra le luci di Cadaquès. Ma le muse di Salvador Dalì sono di ben altro temperamento.




Fu proprio nell’amato villaggio di Cadaquès, che Dalì incontro Gala per la prima volta. Era il 1929.

Elena Dmitrievna D’jakonova o Gala Éluard Dalì

Gala, nata in Russia come Elena Dmitrievna D’jakonova era una modella russa. La sua storia inizia in un sanatorio in Svizzera, dove conosce il poeta Paul Éluard, che diventerà suo marito nel 1917. La storia d’amore tra i due è controversa, asfissiante, frustrante, tra ménage à trois  e tradimenti, ma ricca d’ispirazione artistica. Gala era in grado d’irretire le menti, confondere gli animi, intricare le emozioni. Fiera implacabile e disumana, molti artisti e poeti dell’epoca rimasero affascinati dal suo travolgente magnetismo.

Fu proprio Paul a condurre Gala a Cadaquès, dove il pittore Salvador Dalì era solito organizzare incontri con la scena culturale dell’epoca. Come un filo conduttore, il destino tesse le trame della storia cosicché ogni tassello s’incastri alla perfezione. Dalì restò immediatamente folgorato. Gala mandò tutti al diavolo: marito, amanti e la figlia Cècil. 

Passione, follia, erotismo, amore. Gala per il pittore non fu solo una musa, ma madre, amante, moglie e soprattutto ossessione. La fusione tra i due era assoluta. Si sposarono due volte, prima nel 1934, poi nel 1958. Dalì non ostacolava nemmeno le relazioni extraconiugali di lei, quasi volesse assecondare in assoluto la donna che amava, di dieci anni più vecchia.

“Poteva essere la mia Gradiva (colei che avanza), la mia vittoria, la mia donna. Ma perché questo fosse possibile, bisognava che mi guarisse. Lei mi guarì, grazie alla potenza indomabile e insostenibile del suo amore: la profondità di pensiero e la destrezza pratica di questo amore surclassarono i più ambiziosi metodi psicanalistici”

Salvador Dalì

Gala morì in Spagna nel 1982. Dalì decise di renderla per sempre una Dea immortale: la imbalsamò e la collocò nella cripta del castello di Pùdol, in Catalogna, comprato apposta per lei. Era la tomba di un dio. Un amore d’intensità tale è linfa vitale per un artista. Dopotutto, è questo che fanno le muse: nell’ispirazione del tormento, creano emozioni, intensità. Un sentimento così complesso, difficile da imbrigliare in strutture definite, al di là di ogni preconcetto, ha reso eterna una donna inesplicabile quanto indimenticabile.

Le muse di Dalì: Amanda Lear

Tuttavia, per quanto il loro amore fosse saldo e indissolubile, non fu soltanto Gala a cedere al fascino di altre menti, di altri corpi. Nel 1965, nel locale notturno Le Castel, a Parigi, Dalì conobbe una giovane donna, talmente affascinante che la sintonia tra i due fu immediata. Era Amanda Lear, giovane modella, appena approdata a Parigi. 

Il fascino androgino di Amanda, così spigoloso e poco femminile, colpirono il poeta all’istante, che la volle irrimediabilmente come musa. Si creò un rapporto completamente fuori dagli schemi: Dalì chiama Amanda “il mio angelo” e, nonostante la forte differenza d’età, di circa quarant’anni, il sodalizio tra i due durò ben sedici anni.




L’affinità mentale e spirituale era totale, assolutamente non convenzionale. Amanda definì il loro rapporto una sorta di “matrimonio spirituale”.  Gala approvava la loro unione, diventò immediatamente amica della Lear, tant’è che prese vita uno strano ménage à trois. Amanda seguiva i coniugi dappertutto, anche durante le vacanze estive. Dalì non poteva separarsi da lei e la moglie acconsentiva.

Amanda Lear, anni dopo, in un’intervista, sottolineò che Dalì amava spiritualmente sua moglie, ma che amava anche la giovane. Un rapporto così inteso, durato ben sedici anni, non curante degli scandali e delle malelingue, ne è la palese testimonianza.

Amanda Lear rappresentava una ventata di freschezza, un nuovo e del tutto imprevisto turbamento dell’animo, in grado d’ispirare e sedurre. Una musa perfetta, per quell’enfant terrible, votato completamente all’arte, tanto da tralasciare ogni aspetto umano della propria esistenza

Le muse di Salvador Dalì sono state il motore portante della sua arte. Senza dubbio il rapporto estremamente intrinseco tra il pittore e Gala ha fatto nascere opere dall’inestimabile valore, ma anche il “rapporto spirituale” con la Lear ha creato infinita suggestione.

Come poteva un uomo del calibro di Dalì non vivere la sua vita nel surrealismo del sentimento?!

Antonia Galise

 

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