Dagli anni 30 agli anni 50, prima di essere soppiantato dal progresso, il mestiere di mondariso dava da mangiare a molte donne giovani e non. Esse partivano da tutta Italia a fine maggio verso le risaie che si trovavano nelle campagne di Vercelli, Pavia, Novara, Milano. Chi? Intere generazioni di donne che si occupavano della stagione di monda. Essa durava circa 30/40 giorni, ma a volte il lavoro si protraeva fino agli inizi di luglio. L’incarico delle operaie, dette anche mondine, era togliere le erbacce infestanti che disturbavano la crescita delle piantine di riso.
Le donne delle risaie: un mondo tutto da scoprire. Il contributo del regista Giuseppe De Santis con il film Riso Amaro
La vita nelle risaie era sicuramente dura, ma quando le protagoniste sono donne si apre inevitabilmente un mondo di curiosità tutte da scoprire. Le mondariso creavano una vera e propria comunità, piena di pregi e difetti. Queste donne erano legate da un forte senso di cameratismo, ma non mancavano le “guerriglie interne” e i complotti. Un’importante testimonianza è fornita dal film neorealista del 1948 Riso Amaro, diretto da Giuseppe De Santis, con protagonisti Silvana Mangano, Vittorio Gassman e Doris Dowling.
L’intento del regista, non è tanto la narrazione romanzata di un triangolo amoroso, bensì quello di documentare senza filtri una realtà tanto affascinante, quanto tragica. Riso Amaro, non a caso, si apre con il servizio di un giornalista che commenta la partenza delle mondariso per Vercelli. Questa scelta del regista fa intuire già dall’inizio la commistione di generi che ha reso il film “rivoluzionario”. Esso è infatti un intreccio tra documentario, noir e melodramma. Quest’ultimo aspetto è riscontrabile nei canti tipici che intonavano le mondine per comunicare tra loro o scambiarsi notizie durante il lavoro, essendo vietato conversare.
Le condizioni lavorative
Come molti altri mestieri femminili di quell’epoca, nonostante il regolare contratto di lavoro, quello della mondina era sottopagato e lo sfruttamento delle operaie era all’ordine del giorno. Come spiega il giornalista nell’incipit del film:
É un lavoro duro e immutabile. Le gambe nell’acqua, la schiena curva e il sole a picco sulla testa. Eppure, soltanto le donne possono compierlo: occorrono mani delicate e veloci. Le stesse mani che pazientemente infilano l’ago e cullano i neonati.
L’abbigliamento delle mondine e gli “alloggi”
Le risaie erano l’unico contesto in cui mostrare le gambe non era considerato scandaloso. Le mondariso portavano pantaloncini che arrivavano a meno di metà della coscia, grandi cappelli di paglia con cui riparavano la testa e il viso dal sole e camicie leggere. Alcune indossavano anche i collant ai quali tagliavano la parte dei piedi. Il film Riso Amaro ne fornisce uno spaccato durante una sensuale sequenza in cui la bella protagonista e femme fatale si veste per andare nei campi.
Queste lavoratrici stagionali venivano “sistemate” presso le cascine in prossimità delle risaie. Le più fortunate avevano una camera singola (o meglio, uno sgabuzzino adibito a camera) con una branda di paglia. Altre alloggiavano tutte insieme in dei granai adibiti a dormitorio.
La lotta tra “regolari e irregolari”
Giuseppe De Santis offre non solo un ritratto esaustivo della condizione lavorativa delle operaie, ma punta proprio sulle dinamiche interne che si generavano all’interno di queste “comunità“. Un primo esempio è dato dalla lotta tra lavoratrici regolari e irregolari. Le risaie non erano affatto esentate dalla presenza di lavoro nero: a dispetto delle operaie assunte con regolare contratto, esistevano anche le irregolari, che si introducevano nei campi grazie al “pagamento” di una percentuale della loro paga a degli speculatori. Tuttavia, nonostante gli scontri iniziali, il cameratismo vinceva in quanto le lavoratrici regolari riconobbero l’uguale bisogno di lavorare delle altre.
Il bisogno di lavorare nonostante tutto
Riso Amaro testimonia anche quanto sia forte la necessità di guadagnare. Molte donne nascondevano la gravidanza (o addirittura il neonato quando non avevano a chi affidarlo). Inoltre erano pronte a lavorare anche sotto le intemperie climatiche. Infatti, quando in caso di temporali il lavoro doveva interrompersi, le operaie perdevano il giorno di paga. Molte donne si ammalarono o persero la vita per aver lavorato sotto la pioggia battente.
I complotti
Nemmeno questi mancavano nelle risaie. Molte mondine si lasciavano coinvolgere in affari loschi, il maggiore tra tutti era il furto del riso. Nel film di De Santis la protagonista se ne rende complice insieme al protagonista maschile, Walter. Silvana, infatti, crea un diversivo per distogliere l’attenzione dal magazzino, così Walter e i suoi complici possono tranquillamente caricare i sacchi di riso sul camion e portarli via.
I momenti felici
Le mondariso avevano la domenica libera. La mattina si recavano in Chiesa e la sera potevano anche andare a fare compere o a ballare. Una descrizione dei momenti di divertimento di queste donne è fornita in una delle scene più famose di Riso Amaro: la sequenza in cui Silvana, ballando il Boogie Woogie, seduce Walter dando inizio alle vicende attorno cui ruota tutto il film. Inoltre, un altro momento di gioia e di festa era la fine della stagione di monda. Nelle cascine si organizzava una festa di addio dove le donne erano impegnate nell’organizzazione e nell’allestimento. Anche questo momento è ben documentato dal film, seppur in modo meno festoso.
Di mestieri antichi ormai scomparsi ce ne sono tanti. Nessuno di essi andrebbe dimenticato. Ma quello della mondariso è stato forse l’unico che può descrivere la forza fisica e d’animo delle donne. Proprio a questo si deve la scelta di Giuseppe De Santis di rappresentare proprio questa professione attraverso il film con Silvana Mangano.
Silvia Zingale