L’agosto 1938 segna l’inizio della persecuzione antisemita del governo fascista, ormai alleato della Germania di Hitler. Dopo l’approvazione da parte del Gran Consiglio del fascismo del cosiddetto ‘Manifesto della Razza’, vengono emanati atti e decreti che vietano agli ebrei di frequentare scuole ed università, di sposarsi con persone di ‘razza ariana’, di esercitare professioni quali l’avvocatura o l’insegnamento. Quali furono le reazioni alle leggi razziali in Italia? E che influenza ebbe la Chiesa Cattolica sulla questione ebraica?
Le Leggi razziali in Italia vengono emanate in seguito agli accordi presi con la Germania nazista e rimangono in vigore in Italia fino al 1945. I vari decreti portano alla graduale espulsione degli ebrei dalla società, sia politica che sociale. Con la destituzione di Mussolini e la presa da parte dei tedeschi dell’Italia centro-nord, la persecuzione antisemita raggiunge il suo culmine. Infatti, la discriminazione si trasformerà in persecuzione; dai primi rastrellamenti, ad opera anche della polizia italiana, alle deportazioni nei campi di concentramento a partire dal 1943. L’Italia fascista è a tutti gli effetti promotrice e complice del genocidio ebraico.
Le leggi razziali in Italia: la graduale espulsione dalla società
Prima dell’emanazione delle leggi, viene istituito il censimento ebraico, volto a riconoscere la presenza degli ebrei sul territorio ( in quegli anni si contano circa 45.000 ebrei). Vera e propria a preparazione del terreno in vista delle future leggi. Michele Sarfatti, storico italiano specializzato nella storia ebraica in Italia nel ‘900, scrive infatti che «gli ebrei d’Italia vennero accuratamente individuati, contati, schedati».
Le leggi colpiscono sia gli ebrei italiani che stranieri (a cui verrà proibito di trasferirsi in Italia e a cui verrà revocata la cittadinanza) secondo un quadro specifico che identifica chi considerato di ‘razza ebraica’. Ciò secondo quanto stabilito da ‘Il fascismo e i problemi della razza‘, documento pubblicato sul Giornale d’Italia il 14 luglio 1938. Le leggi, basandosi sull’assunto della superiorità della ‘razza ariana’ su quella ebraica, vietano di fatto agli ebrei di contrarre matrimonio con persone ariane e di avere domestiche ariane al loro servizio.
il popolo italiano tra solidarietà e indifferenza
‘Eravamo emarginati dal regime, non eravamo emarginati dalla popolazione’
-Emilio Foa’, sopravvissuto all’Olocausto
Gli storici puntualizzano l’ambiguità della reazione del popolo alle leggi razziali. Nonostante la solidarietà espressa da molti, poche furono le proteste. Emblematica la figura dell’editore modenese Angelo Fortunato Formiggini, intellettuale che sceglie il suicido come forma di protesta contro i provvedimenti antisemiti. Sul biglietto che lascia alla moglie scrive ‘Non posso rinunciare a ciò che considero un mio preciso dovere. Io debbo dimostrare l’assurdità malvagia dei provvedimenti razzisti‘. Il suo caso costituisce un’eccezione, in un clima che, generalmente, potremmo definire di passiva accettazione.
Una fetta della popolazione è favorevole alle leggi. Le testimonianze della senatrice a vita Liliana Segre mostrano un quadro generale in cui, oltre alla discriminazione sul piano legale, gli ebrei subiscono anche l’emarginazione sociale da parte della popolazione. La senatrice ricorda inoltre i provvedimenti meno noti e meno citati : ‘Agli italiani di religione ebraica era proibito tenere cavalli e perfino pezze di lana (così da impedire il lavoro agli stracciai di Roma). Le proibizioni minori volevano raggiungere l’effetto di farti sentire diverso, inferiore, sottomesso‘. Le leggi vanno inevitabilmente a minare l’integrità e la dignità dei soggetti, che non possono più essere parte attiva ed integrante della società. Ciò sfocia successivamente nella violenza disumanizzante dei rastrellamenti e delle deportazioni.
La reazione della Chiesa all’emanazione leggi razziali in Italia
Non mancano certo gli italiani che, a costo della vita, proteggeranno persone ebree, le nasconderanno, procureranno loro documenti falsi. Tra loro molte donne e uomini di chiesa, appoggiati dal Vaticano. Nonostante ciò, secondo alcuni storici, la Chiesa non si schiera nettamente contro i provvedimenti, pur non condividendoli. In realtà, già in risposta al documento ‘Il fascismo e i problemi della razza‘, papa Pio XI si esprime pubblicamente contrario a quanto riportato nel testo. D’altro canto, molti esponenti del clero si dichiarano a favore dei provvedimenti. Tra questi, il francescano Agostino Gemelli, allora rettore dell’Università Cattolica, che scrive in forma anonima su Vita e Pensiero, parole cariche d’odio nei confronti del cosiddetto ‘popolo deicida‘.
La regolamentazione della persecuzione di una minoranza voluta con le leggi razziali in Italia costituisce una delle pagine più buie della nostra Storia. Ancora una volta, è necessario ribadire che per quanto doloroso, questa pagina non va cancellata. Perché i rigurgiti della cultura razzista sono ancora presenti. Primo Levi coglie immediatamente il perché della memoria collettiva e riteniamo giusto concludere con le sue parole, perché nessuna delle nostre potrebbe sostituirle. A distanza di decenni gridano ancora verità e sono portatrici di un messaggio attualissimo.
“Non iniziò con le camere a gas. […] Iniziò con i politici che dividevano le persone tra ‘noi’ e ‘loro’ […] con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso […] con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità […] con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione.
Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”.
-Primo Levi