Le Isole Cook depenalizzano l’omosessualità

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Il parlamento delle Isole Cook ha depenalizzato i rapporti omosessuali. La legge che la rendeva punibile risaliva al Crimes Act del 1969 ed era stata ereditata dal periodo coloniale britannico. A partire dal 1° giugno 2023 l’attività sessuale tra uomini dello stesso sesso sarà ora legale

Le Isole Cook depenalizzano l’omosessualità

Le Isole Cook sono un Paese insulare autonomo nell’Oceano Pacifico, collegato politicamente alla Nuova Zelanda. Fino alla scorsa settimana qui l’omosessualità era punibile penalmente a causa di un provvedimento del Crimes Act del 1969 ereditato dal periodo coloniale inglese. In particolare, la sezione 154 del Crimes Act rendeva gli “atti indecenti tra maschi” punibili fino a cinque anni di carcere, accompagnata dalla sezione 155 che criminalizzava la “sodomia” tra uomini, punibile fino a sette anni di carcere. Per entrambe le leggi veniva inoltre specificato che il consenso non rappresentava un motivo di difesa nel caso in cui si fosse stati accusati di “indecent acts” e “sodomy” tra uomini. Questa legge però, la quale riguardava appunto esclusivamente gli uomini, non era mai stata applicata, sicuramente anche in relazione al fatto che la Nuova Zelanda rappresenta ultimamente un paese  di discreti successi per i diritti della comunità LGBT, come matrimonio egualitario, unioni civili e adozione per le coppie dello stesso sesso. La decisione di depenalizzazione dell’omosessualità è stata ufficialmente annunciata dal parlamento delle Isole Cook lo scorso 17 aprile ed entrerà in vigore a partire dal 1° giugno 2023.

Le parole del Primo ministro e del Ministro della Giustizia

A questo proposito, il Primo ministro Mark Brown ha dichiarato:

Una giorna storica in Parlamento, in cui il mio partito ha adempiuto al suo impegno di eliminare la discriminazione della comunità LGBT all’interno della nostra società e di sostenere i nostri impegni costituzionali per i diritti umani. Oggi abbiamo depenalizzato l’attività sessuale consensuale che coinvolge persone di età superiore al consenso. Come legislatori, non possiamo approvare leggi che discriminano consapevolmente i membri della nostra comunità. Il nostro Parlamento ha convenuto che, pur riconoscendo le convinzioni dei nostri singoli membri, la cosa giusta da fare per questo governo era votare contro la discriminazione e votare per una maggiore protezione delle vittime di reati sessuali. Ed è quello che abbiamo fatto”.

Anche il Ministro della Giustizia Mac Mokoroa si è espresso sulla questione, sostenendo che: Non è compito del governo dire alle persone quale sia la loro sessualità. Per assolvere il peccato. Dire alle persone come possono o non possono fare sesso. Il governo non deve avere posto nelle camere da letto della nostra gente”.

Depenalizzazione dell’omosessualità: opinione pubblica divisa

Il dibattito legato alla depenalizzazione dei rapporti consensuali tra uomini dura comunque da diversi anni. Già nel 2017 infatti il governo aveva introdotto un disegno di legge sui reati aggiornato, il quale proponeva di rimuovere i provvedimenti del 1969 che definivano reato “sodomy” e “indecent acts” tra uomini. Questa bozza fu poi messo da parte in quanto l’attenzione dell’opinione pubblica era al tempo incentrata sulle elezioni. Nel 2019 però la situazione sembrò regredire, in quanto il comitato ristretto che si occupa dei progetti di legge legati ai reati ritenne necessario reintrodurre i provvedimenti che criminalizzavano i rapporti sessuali consenzienti tra persone dello stesso sesso, che erano invece stati eliminati all’interno della bozza del 2017. Il presidente Tingika Elikana disse che la decisione era legata soprattutto ad una forte preoccupazione pubblica nei confronti della tematica, enfatizzando come questa decisione non fosse basata sulle convinzioni della Chiesa o sulle opinioni dei membri del governo, ma proprio sulle numerose richieste effettuate dai cittadini a riguardo. In particolare, Elikana affermò che:

“Nella bozza del disegno di legge del 2017 erano stati rimossi i provvedimenti legati all’omosessualità e l’opinione pubblica ha espresso il suo dissenso e preoccupazione a riguardo. Il comitato ha preso in considerazione il punto di vista dei cittadini in quanto eliminare certi provvedimenti significherebbe incoraggiarli pubblicamente in maniera implicita, in quanto non esisterebbe più una legge che proibisca tale condotta”.

Una giornata storica per il pacifico

Risulta chiaro quindi che l’opinione pubblica nei confronti dell’omosessualità sia ancora divisa e che la piena accettazione nei confronti di questa tematica non sia stata ancora del tutto raggiunta. Infatti, nonostante la depenalizzazione attuata in questo paese insulare dell’Oceano Pacifico meridionale, sempre per colpa dello stesso retaggio legato all’era coloniale, diverse isole vicine alle Isole Cook continuano a condannare e a reprimere le relazioni omosessuali. Tra queste ad esempio vi sono Samoa, Tonga e le Isole Salomone. Indubbiamente però questo costituisce un importante passo avanti e potrebbe rappresentare il trigger necessario anche alle isole limitrofe per la depenalizzazione dell’omosessualità, che è ancora motivo di reato in 60 paesi nel mondo e tra questi vi sono cinque paesi che continuano a punire i rapporti consensuali tra uomini con la pena di morte. Come è stato scritto infatti in un tweet dall’attivista per i diritti LGBT in Nuova Zelanda, Shaneel Lal, noto per aver guidato il movimento mirato a bandire le terapie di conversione dell’orientamento sessuale in Nuova Zelanda, questo evento rappresenta: “una giornata storica per il Pacifico. Questa è decolonizzazione”.

Simone Acquaviva

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