Cinque adolescenti somale, tra i 16 ed i 17 anni, riportano di subire violenze sessuali da parte delle guardie libiche. Stanno supplicando di essere rilasciate dal centro di detenzione di Shara al-Zawiya, uno dei centri gestiti dal Dipartimento per la lotta all’immigrazione illegale della Libia (DCIM), sostenuto dall’Unione europea nella sua lotta ai flussi migratori.
Quando le guardie libiche l’hanno salvata all’inizio di quest’anno, la giovane donna somala ha pensato che quella sarebbe stata la fine della sua sofferenza. Nei precedenti due anni, aveva subito prigionia e abusi sessuali da trafficanti di esseri umani noti per torture ai migranti che cercano di raggiungere l’Europa.
La diciassettenne, purtroppo, riferisce che le violenze sessuali sono continuate, solo che ora sono perpetuate dalle guardie del centro gestito dal governo libico a Tripoli. “Anche se non è la prima volta che subisco attacchi sessuali, questo è più doloroso perché è stato fatto dalle persone che dovrebbero proteggerci”, ha detto la ragazza parlando con Renata Brito, giornalista dell’Associated Press (AP), usando un telefono cellulare contrabbandato.
“Devi offrire qualcosa in cambio per andare in bagno, per chiamare la famiglia o per evitare le percosse. È come se fossimo trattenuti dai trafficanti”.
L’Associated Press non ha identificato le vittime di tali violenze e la stessa giovane ha chiesto di non essere nominata per evitare ripercussioni.
I contrabbandieri e i trafficanti in Libia – molti dei quali membri delle milizie – sono stati a lungo noti per aver brutalizzato i migranti. I gruppi per i diritti e le agenzie delle Nazioni Unite, però, dicono che gli abusi avvengono anche nelle strutture ufficiali gestite dal DCIM.
“La violenza sessuale e lo sfruttamento sono diffusi in diversi centri di detenzione (per migranti) in tutto il paese”, ha riferito Tarik Lamloum, un attivista libico che lavora con la Belaady Organization for Human Rights.
L’agenzia dell’ONU per i rifugiati ha documentato centinaia di casi di donne violentate durante la detenzione del DCIM o nelle prigioni dei trafficanti. Alcune sono state addirittura ingravidate dalle guardie e hanno partorito durante la detenzione, ha affermato Vincent Cochetel, l’inviato speciale dell’agenzia per il Mediterraneo centrale.
Il racconto della violenza
Il resoconto riportato dalla ragazza potrebbe risultare troppo vivido o forte in base alla sensibilità del lettore (eventualmente si suggerisce di passare al successivo paragrafo). È stata valutata l’ipotesi di non includere la descrizione della violenza per evitarne la spettacolarizzazione, ma è stata ritenuta prevalente la volontà della ragazza di riportare la vicenda nei termini che ha ritenuto più opportuni.
Una notte di aprile, verso mezzanotte, ha chiesto a una guardia di lasciarla andare in bagno. Quando ha finito, la guardia l’ha attaccata e le ha afferrato il seno con forza, ha ricordato. “Ero pietrificata e non sapevo cosa fare”, ha detto ad AP. La guardia ha toccato il resto del suo corpo, comprese le parti intime, poi si è slacciato i pantaloni e ha cercato di spogliarla nel tentativo di violentarla. Ha continuato la sua aggressione mentre lei piangeva, lottava e lo supplicava di lasciarla andare.
“Si è fermato solo quando ha finito”, ha detto. “Sono stata fortunata poiché ha finito in fretta”. La guardia le ha poi ordinato di pulire i vestiti che erano stati coperti dal suo liquido seminale, ha ricordato, scoppiando in lacrime.
Non una vicenda isolata
Terrorizzata, è tornata nella sua cella e ha raccontato ad una delle altre ragazze quello che era successo. Ha imparato presto che non era l’unica vittima. Tutte le ragazze, dai 16 ai 18 anni, avevano subito abusi simili o peggiori da parte delle guardie libiche.
Una sedicenne nella stessa cella ha detto all’AP che ha iniziato a subire molestie sessuali pochi giorni dopo essere arrivata al centro. Quando ha supplicato una guardia di chiamare la sua famiglia, lui le ha dato un telefono e l’ha fatta uscire dalla cella per chiamare sua madre. Una volta che lei ha riattaccato, lui si è messo dietro di lei e le ha afferrato i seni.
Lei ha rimosso le sue mani e ha iniziato a piangere. La guardia si è fermata solo dopo aver capito che altri impiegati erano al centro.
“Ogni giorno fanno questo. Se resisti, sarai picchiata o privata di tutto”.
L’assenza di prospettive ed il silenzio del governo
Almeno due delle ragazze hanno tentato di uccidersi alla fine di maggio in seguito a presunti pestaggi e tentativi di stupro, secondo il gruppo per i diritti locali Libyan Crime Watch e le agenzie delle Nazioni Unite. Una di loro, una quindicenne, è andata in ospedale il 28 maggio ed ha ricevuto le cure di Medici Senza Frontiere (MSF) solo per essere riportata al centro di detenzione.
Maya Abu Ata, una portavoce di MSF Libia, ha confermato che il personale del gruppo ha curato le due nella sua clinica. I team di Medici senza frontiere “hanno fatto pressioni su diversi interlocutori per il loro rilascio dalla detenzione ma questi tentativi non hanno avuto successo”, ha riportato la ragazza.
Il governo libico, al momento, non ha risposto alle richieste di commento sulle accuse rivolte alle guardie libiche.
L’UE non può ignorare l’operato delle guardie libiche
Il caso delle adolescenti di Shara al-Zawiya ripropone le domande sul ruolo dell’UE nel ciclo di violenza che intrappola migranti e richiedenti asilo in Libia. L’UE addestra, equipaggia e sostiene le guardie libiche per intercettare le persone che cercano di attraversare il Mediterraneo centrale verso l’Europa. Almeno 677 persone sono morte o scomparse prendendo questa rotta su barche inaffondabili quest’anno.
Dall’inizio dell’anno la guardia costiera libica ha intercettato 13.000 uomini, donne e bambini, un numero record. La maggior parte si trova ora in centri gestiti dal DCIM.
In alcuni dei 29 centri gestiti dal DCIM in tutto il paese, i gruppi per i diritti hanno documentato la mancanza di condizioni igieniche basilari, assistenza sanitaria, cibo e acqua, nonché la presenza di violenze e torture. Il DCIM riceve sostegno, forniture e formazione, anche sui diritti umani, attraverso il Fondo fiduciario dell’UE per l’Africa, che ammonta a 4,9 miliardi di euro.
La Libia è stata applaudita dall’Occidente per il cessate il fuoco raggiunto l’anno scorso e la nomina di un governo provvisorio all’inizio di quest’anno, che ha portato a visite di leader europei ed alla riapertura di alcune ambasciate. Nonostante una stabilità politica apparentemente crescente, le organizzazioni per i diritti umani dicono che il loro accesso ai migranti nei centri di detenzione sta diventando più difficile.
“Le armi tacciono, c’è un cessate il fuoco… ma le violazioni dei diritti umani continuano senza sosta”, ha detto Suki Nagra, rappresentante dell’UNHCR in Libia.
Anche quando vi sono denunce e arresti, alla fine le guardie criminali tornano libere a causa della mancanza di testimoni. Ultimo esempio, Abdel-Rahman Milad, arrestato l’anno scorso con l’accusa di traffico di esseri umani, che è tornato libero ad aprile senza processo.
Francesco Maria Trinchese