Il coronavirus sta travolgendo l’economia mondiale, lasciando milioni di persone senza lavoro e mettendo a rischio i conti di quasi tutte le grandi aziende.
Nel settore retail degli Stati Uniti, il Covid-19 potrebbe innescare trasformazioni profonde e radicali dell’economia americana. Il tutto potrebbe provocare un’accelerazione dei processi che altrimenti avrebbero richiesto anni per completare la loro parabola. Le uniche eccezioni sono rappresentate solo da alcuni giganti della distribuzione e del commercio online. Questi ultimi hanno notevolmente aumentato i volumi delle loro vendite, durante questa emergenza sanitaria.
In particolare, secondo i rapporti mensili di Coresight Research, c’è stato un crollo del 60% delle vendite al dettaglio, nel solo mese di marzo. In quest’ultimo, c’è stato un significativo declino del settore retail americano, a causa della pandemia, che ha fortemente influenzato e fermato il paese. Ciò che è stato particolarmente colpito è il settore dell’abbigliamento, perché i consumatori hanno notevolmente ridotto gli acquisti di articoli non essenziali.
Secondo un sondaggio di RetailNext, tra gli americani, c’è una buona percentuale di persone che ritiene che la pandemia avrà un impatto negativo sulle loro attività per oltre due anni. Inoltre, circa l’80% dei rivenditori ha, o prevede di implementare, nuove pratiche di salute e sicurezza nei negozi, per far fronte a questa emergenza.
Soffrono piccole e media imprese, mentre Amazon la fa da padrone
A soffrire particolarmente tutta questa situazione, sono soprattutto le piccole imprese, a cui non a caso è rivolto
il “Paycheck Protection Program” che almeno gli assicurerà prestiti federali con cui sopravvivere (forse) in questa emergenza.
Ma a patire sono anche le catene di medie dimensioni: le varie Sears, JCPenney, Neiman Marcus e J. Crew che, avevano già svariati problemi prima della crisi, ma ora potrebbero ricevere il colpo di grazia definitivo dal Covid-19. L’emblema di questa terribile situazione è rappresentato dalle migliaia di dipendenti che sono stati messi in congedo senza stipendio e alla fine dell’emergenza potrebbero non ritrovare più il loro posto di lavoro.
Invece, la situazione è diversa per le Big, come Amazon e Walmart che si apprestano ad assumere circa 250 mila lavoratori, per tenere testa ad una domanda in continuo aumento. Basti pensare che Walmart ha fatto registrare un +20% di acquisti nei suoi punti vendita e +30’% per il suo store online.
Ma a fare la parte del leone è Amazon, per il quale il virus ha rappresentato una vera e propria benedizione. Infatti, si stima che la piattaforma di Jeff Bezos ha avuto una crescita di merci vendute del 35% in più rispetto al marzo 2019. In particolare, su Amazon vanno a ruba beni, come il cibo per animali, la cui vendita è cresciuta di dieci volte, i farmaci per raffreddore e influenza, il sapone e le patatine.
Per la multinazionale americana, l’emergenza si è rivelata provvidenziale anche e soprattutto per l’investimento cospicuo, ma allo stesso tempo molto chiacchierato: la consegna a domicilio di generi alimentari, per la quale è improvvisamente divenuta esuberante la disponibilità di cittadini pronti ad aprire un punto vendita.
Walt Disney ha licenziato 43.000 impiegati
Di segno opposto l’annuncio arrivato da Walt Disney, che si è trovata costretta a licenziare 43.000 impiegati nei suoi parchi di divertimento chiusi per il Covid-19. Infatti, i Disneyland nel mondo hanno iniziato a chiudere per l’emergenza sanitaria, da metà marzo.
La notizia è stata divulgata dai sindacati, che hanno comunicato l’accordo, poi successivamente confermato dall’azienda. Questi ultimi licenziamenti concordati con il Service Trades Council (che rappresenta 3 associazioni sindacali), scatteranno il 19 aprile. Nonostante ciò, la società si è impegnata a pagare l’assicurazione sanitaria dei dipendenti licenziati per 12 mesi.
MARIO RUGGIERO