Il 1946 è stato un anno fondamentale per le donne in politica e ha segnato l’inizio di una fase nuova per l’Italia.
Si avvicina l’8 marzo ed è interessante analizzare la storia della partecipazione alla vita politica delle donne in Italia.
La discussione sulle donne in politica
Il tema delle donne in politica e del loro diritto a votare venne affrontato tante volte e una delle figure più attive in Italia nel rivendicarlo fu Maria Montessori. Nel 1906 scrisse infatti sul giornale «La Vita» un appello affinché le donne italiane si presentassero ai seggi.
Il primo dibattito sul suffragio universale in Italia avvenne nel 1912 con Giolitti. Nel 1919 Nitti propose l’allargamento del diritto di voto alle donne ma il progetto non arrivò all’esame delle Camere. Quattro anni più tardi Mussolini introdusse il suffragio amministrativo femminile che si scontrò, però, con la riforma degli enti locali voluta proprio dal fascismo.
Il 25 giugno 1944, pochi giorni dopo la liberazione di Roma, il Governo Bonomi stabilì che alla fine della guerra il popolo italiano avrebbe scelto tra Monarchia e Repubblica e eletto, a suffragio universale, un’Assemblea costituente. Il principale compito della nuova assemblea sarebbe stato quello di dare al Paese una nuova Costituzione.
La discussione sulle donne in politica e sulla concessione del voto arrivò finalmente al Consiglio dei ministri il 30 gennaio del 1945 su proposta di Togliatti e De Gasperi. Nonostante l’opposizione di alcuni membri del governo, la proposta venne votata dalla maggior parte degli esponenti perché ritenuta «inevitabile» per i tempi.
Il 1° febbraio 1945 ci fu l’emanazione del decreto legislativo luogotenenziale n. 23 che conferiva il diritto di voto alle italiane con più di 21 anni. Un decreto successivo, il numero 74 del 10 marzo del 1946, stabilì invece l’eleggibilità delle donne.
La posizione della Chiesa
Durante la discussione anche il Vaticano si era dimostrato favorevole. Il 21 ottobre 1945 Papa Pio XII disse che ogni donna aveva il dovere di non rimanere assente nella lotta politica. Per il Papa le donne sarebbero dovute entrare in azione per contrastare le correnti moderniste che minacciavano la condizione familiare e domestica degli italiani.
La Chiesa era certamente favorevole anche perché aveva su di loro una possibilità di convincimento maggiore verso il voto democristiano. Gli uomini frequentavano meno le messe e la vita parrocchiale e la possibilità di convincerli era minore.
Il 2 giugno del 1946 le donne votarono per la prima volta in occasione del Referendum Monarchia-Repubblica avendo un ruolo ed un peso determinanti. Votarono infatti 12.998.131 donne, contro 11.949.056 uomini.
Alcune erano state chiamate alle urne qualche mese prima per le amministrative. Per la prima volta nella storia vennero elette due donne sindaco: Ninetta Bartoli (a Borutta) e Ada Natali (a Massa Fermana).
Le donne elette all’Assemblea costituente
Dopo il voto sedettero quindi sui banchi dell’Assemblea costituente le ventuno prime parlamentari, denominate “Madri Costituenti”. Furono le prime donne in politica con un ruolo non locale e avevano il dovere di non deludere le aspettative delle donne che da partigiane, staffette e antifasciste avevano contribuito alla Liberazione.
Tra le deputate nove provenivano dalla Dc:
-Laura Bianchini;
-Elisabetta Conci;
-Filomena Delli Castelli;
-Maria De Unterrichter Jervolino;
-Maria Federici Agamben;
-Angela Gotelli;
Angela Maria Guidi Cingolani;
-Maria Nicotra Verzotto;
-Vittoria Titomanlio.
Nove erano iscritte al Pci:
-Adele Bej Ciufoli;
-Nadia Gallico Spano;
-Nilde Jotti;
-Teresa Mattei;
-Angiola Minella Molinari;
-Rita Montagnana Togliatti;
-Teresa Noce Longo;
-Elettra Pollastrini;
-Maria Maddalena Rossi.
Due deputate arrivavano dal Psiup:
-Angelina Merlin;
-Bianca Bianchi.
Infine una veniva dal partito dell’Uomo Qualunque:
-Ottavia Penna Buscemi.
Cinque di loro entrarono nella “Commissione dei 75”, incaricata di scrivere la Carta costituzionale: Maria Federici,Angela Gotelli,Tina Merlin,Teresa Noce e Nilde Jotti. Quest’ultima trent’anni più tardi sarebbe stata la prima donna a ricoprire, per tre legislature, la carica di Presidente della Camera dei deputati.
L’importanza del voto femminile
Come scrisse Tina Anselmi anni dopo ricordando quell’avvenimento, le italiane parteciparono in numero maggiore degli uomini, spazzando via le tante paure di chi temeva che fosse rischioso dare anche a loro il diritto di voto per una ipotetica insufficiente emancipazione.
Il voto delle donne fu uno degli aspetti più importanti del voto nel 1946 e la loro presenza alle urne permise all’Italia di fare un prezioso passo in avanti verso una parità di genere fondamentale per un paese moderno e democratico. Quello fu certamente l’inizio di un percorso di uguaglianza che nel tempo ha continuato a fare passi in avanti e che ha incontrato tante battaglie (ad esempio quelle per il divorzio e per l’aborto) ma che, in un’ottica più generale, deve tutt’oggi proseguire.