Le donne afgane impiegate dall’ONU continuano a subire la violazione dei loro diritti con restrizioni, intimidazioni e molestie.
La notizia delle ultime violazioni dei diritti delle donne afgane impiegate dall’ONU viene dal report di aggiornamento UNAMA (United Nations Assistance Mission in Afghanistan) di Febbraio-Aprile 2023 sulla situazione dei diritti umani nel Paese. Prima di queste molestie e restrizioni, a queste donne è stato vietato di perseguire il lavoro per l’ONU. Si tratta di forme discriminatorie che seguono i già emessi divieti sulla libertà personale e sul lavoro presso organizzazioni non governative (ONG) locali e internazionali di dicembre 2022.
La proibizione per le donne afgane impiegate dall’ONU di perseguire il loro lavoro, e gli abusi subiti, sono una violazione del diritto internazionale che contravviene agli obblighi stabiliti in numerosi trattati e convenzioni sui diritti umani. Inoltre, queste pratiche sono contrarie al mandato della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan. Come viene esplicitato nel report, l’ONU si dichiara per questi motivi non in grado di accettare o rispettare l’ordine delle autorità afgane.
La repressione talebana in Afghanistan
Protagonisti della violazione dei diritti umani di moltissimi cittadine afgane sono i Talebani che oggi governano di fatto il Paese. Tornato al potere nell’agosto 2021, durante il ritiro delle truppe statunitensi in Afghanistan e a seguito dell’accordo di pace del 2020, il gruppo fondamentalista ha terminato un’insurrezione durata vent’anni. Secondo un report redatto dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP, 2022), la loro presa di potere ha cancellato i miglioramenti del tenore di vita degli afgani ottenuti nei due decenni successivi all’invasione statunitense. L’economia si è ridotta e circa settecentomila posti di lavoro sono andati persi. Oltre il 90% della popolazione soffre di una forma di insicurezza alimentare e quasi tutti gli afgani vivono in povertà.
Nonostante l’impegno a rispettare i diritti delle donne e delle comunità religiose ed etniche minoritarie, il gruppo talebano ha imposto una dura interpretazione della legge islamica e intrapreso azioni brutali di dominio analogamente a quelle praticate alla fine degli anni Novanta. Tra queste ci sono la limitazione della libertà di stampa, la repressione violenta di manifestazioni, l’ordine per tutti i giudici di applicare la Sharia e la pratica di fustigazioni e di esecuzioni pubbliche. Inoltre, i Talebani hanno ristabilito il Ministero per la Propagazione della Virtù e la Prevenzione del Vizio, che applica divieti sui comportamenti ritenuti non islamici e pone forti restrizioni sulla vita delle donne del Paese, violandone i diritti.
Una serie di violazioni a catena
Quella delle restrizioni ai movimenti e delle molestie perpetrate sulle donne afgane impiegate dall’ONU è l’ultima di una serie di misure discriminatorie. Da quando hanno assunto il controllo del Paese, le autorità di fatto hanno adottato numerose misure arbitrarie basate sul genere, violando i diritti all’istruzione, al lavoro, alla libertà di movimento, alla salute, all’autonomia corporea e decisionale, alla libertà di associazione e all’accesso alla giustizia. Oggi alle ragazze è proibito lavorare e frequentare la scuola secondaria e l’università.
Oltre alle restrizioni alla libertà personale dettate dalle regole di estrema modestia, come l’obbligo di coprire interamente il corpo e di apparire in pubblico solo con un accompagnatore maschio, queste donne hanno visto il decimarsi del sistema di protezione e sostegno per coloro che fuggono dalla violenza domestica e la perdita di qualsiasi possibilità di ricorso. Amnesty International ha segnalato un drastico aumento del numero di donne arrestate per aver violato politiche discriminatorie. Molte di coloro che protestano pacificamente contro queste misure oppressive subiscono minacce, vessazioni, detenzioni arbitrarie con torture e stupri annessi.
Tutte le documentazioni che raccolgono le testimonianze raccontano i sentimenti di paura e di estrema ansia condivisi dalle donne afgane. Molte di loro descrivono la loro situazione come una vita agli arresti domiciliari, aggravata da problemi di salute mentale sempre più diffusi e dall’escalation dei suicidi. Si tratta di una situazione estrema di istituzionalizzazione della violazione dei diritti basata sul genere che non ha eguali al mondo e che maschera una discriminazione di genere profondamente normalizzata e radicata nella società.