Le dimissioni del premier irlandese Leo Varadkar

Le dimissioni del premier irlandese Leo Varadkar

Michele Marsonet

Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova, docente di Filosofia della scienza e Metodologia delle scienze umane


Arrivano le dimissioni del primo ministro irlandese, Leo Varadkar. Di origine indiana e leader del partito di centrodestra “Fine Gael”, ha annunciato la sua decisione in un momento cruciale, poche settimane prima delle elezioni europee e meno di un anno prima delle elezioni politiche irlandesi. Le ragioni di questa mossa rimangono ancora oscure, ma Varadkar ha citato motivazioni sia personali che politiche. Ha espresso il desiderio di passare il testimone, sottolineando che parte della leadership consiste nel riconoscere il momento giusto per farlo.


Hanno causato notevole sorpresa le dimissioni improvvise del primo ministro irlandese, il 45enne Leo Varadkar. Di origine indiana, Varadkar era stato eletto una prima volta nel 2017 e poi nel 2022. A capo del partito di centrodestra “Fine Gael”, decisamente europeista, ha dichiarato apertamente la propria omosessualità e vanta un’alta percentuale di consensi presso l’opinione pubblica.

Le motivazioni delle dimissioni del premier irlandese Leo Varadkar

I motivi delle dimissioni non sono ancora chiari, ma il “Taoiseach” (così si chiama in gaelico il primo ministro dell’Eire) ha dichiarato che si dimette per ragioni tanto personali quanto politiche. Ha aggiunto di non sentirsi più la persona giusta per guidare il governo, e che “parte della leadership sta nel sapere quando è il tempo di passare il testimone”.

Mi dimetto da leader del partito Fine Gael e mi dimetterò da premier non appena sarà nominato un successore. Ho avuto il privilegio di ricoprire cariche pubbliche per vent’anni, tredici dei quali trascorsi al governo, ma ora ho la sensazione di non essere più la persona migliore per la carica di premier.

– Leo Varadkar –

Le dimissioni giungono a poche settimane dal voto europeo e a meno di un anno dalle elezioni politiche irlandesi, causando così sconcerto negli ambienti politici dell’Eire. Varadkar è inoltre reduce da un viaggio negli Usa per le celebrazioni del giorno di San Patrizio, dove ha avuto colloqui con Joe Biden che, com’è noto, è di origine irlandese.

In realtà molti attribuiscono le dimissioni alla sconfitta subita nei due recenti referendum istituzionali, di natura inclusiva. I cittadini dell’Eire hanno bocciato la proposta di modificare la Costituzione, rimuovendo dei passaggi considerati sessisti, incluso quello secondo cui le donne farebbero meglio a “rimanere a casa” per prendersi cura della famiglia.

E anche questa bocciatura ha destato sorpresa. Evidentemente la Chiesa cattolica, pur avendo perduto parte della sua tradizionale influenza, continua comunque ad avere voce in capitolo nelle questioni che riguardano la società civile.

In effetti Varadkar si è detto molto deluso per l’esito dei referendum, manifestando apertamente il suo disappunto. A capo di una colazione che include, oltre al suo partito, i centristi del “Fianna Fail” e i Verdi, ha dovuto fronteggiare l’opposizione del “Sinn Fein”, che per anni è stato il braccio politico dell’Irish Republican Army (IRA). Proprio tale partito è in forte crescita nei sondaggi.

Si deve rammentare, a questo proposito, la recente elezione di Michelle O’Neill come nuova premier dell’Ulster, prima donna e prima cattolica a ricoprire tale incarico nell’Irlanda del Nord. La O’Neill, inoltre, è pure leader del “Sinn Féin” nordirlandese, il partito cattolico che punta alla separazione dal Regno Unito e all’unificazione di Eire e Ulster. E’ probabile che i due rami del “Sinn Fein” decidano di agire di concerto per accelerare l’unificazione, anche se Londra e i protestanti nordirlandesi, fedeli alla corona inglese, restano nettamente contrari.

L’uscita di scena di Varadkar lascia comunque un vuoto difficile da colmare prima delle elezioni. In corsa risulta il 37enne Simon Harris, attualmente ministro dell’Istruzione. In ogni caso il successore dovrà gestire il tradizionale nodo dei rapporti tra Dublino, Belfast e Londra, che dopo la Brexit è diventato ancora più spinoso.

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