Che differenze possono esserci tra i sorrisi degli uomini?
Almeno una volta nella vita, con un po’ di fortuna, sarà capitato a tutti di incontrare parole di uno sconosciuto che hanno aperto un varco nella riflessione.
L’incontro ci rende uomini, la riflessione ci rende uomini ancora di più.
Quando ci apriamo a un pensiero – guidato dalla ragione e dall’umanità – abbiamo la possibilità di comprendere molte cose.
È bello il modo del mondo di farci parlare con la vita, così per caso, in un giorno qualunque.
Come ogni giorno, da abitudinaria, come lo siamo tutti, alla solita ora, la stessa strada.
Il percorso che facciamo è sempre lo stesso, ma ciò che possiamo incontrare, è sempre diverso. Sono solita fare attenzione a tutto ciò che mi circonda, ho la strana concezione che il mondo è un libro da cui leggere le storie più emozionanti.
Quel giorno niente musica nelle orecchie, andavo di fretta, avevo perso quei minuti che potevano regalarmi una passeggiata leggera e quindi vedevo cosa quel giorno mi avrebbe potuto regalare, in una sorta di remix di vita.
Sapete no? Siamo schiavi dell’orologio che – per sfortuna o fortuna – abbiamo creato.
Due passi più in là da me una donna chiede informazioni a un uomo.
Lui non sa rispondere, lei sembra esausta.
Io cammino e spero non chieda a me, perché non ho mai, in tutta la mia vita, imparato una strada.
Non ho il senso dell’orientamento, ma ho il senso del cuore, ma non so quanto questo avrebbe potuto aiutare quella donna che aveva bisogno di una pratica informazione.
Io sono sempre stata poca pratica, molta teoria.
Pochi fatti, molte parole.
Tanti sogni, poca realtà.
Quel giorno fu diverso.
Quel giorno il mondo ha fatto sì che bastassi io.
La donna si avvicinò, io ero già nella modalità “gentile”, di quella che vorrebbe tanto aiutare, ma purtroppo non è in grado.
Mi chiese la via. Come volevasi dimostrare, non avevo idea di dove fosse, eppure ci stavo vicina, non mi era nuova. Poi mi disse il ristorante in cui doveva andare.
M’illuminai.
Quando non hai senso dell’orientamento, affini una memoria fotografica tale per cui, anche se non ricordi la via, sai ciò che c’è intorno.
Le indicai sicura il ristorante.
«È vicino non si preoccupi», la rassicurai.
Povera donna, era così stanca.
Aveva un accento diverso dal mio, facevo un po’ fatica a comprendere tutto quello che diceva, così iniziamo a parlare più con sguardi che con le parole.
Io le sorridevo perché ho sempre creduto nella potenza di un sorriso immotivato a risollevare una giornata e lei deve aver avuto davvero una giornata pesante.
«Sii gentile, ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre.»
Come siamo stupidi a volte: ci vuole così poco ad amarci e così tanta fatica per odiarci. E noi scegliamo sempre la via dell’odio, eppure mi sembra così difficile vivere al mondo. A volte, se solo ci amassimo di più, abbattendo differenze di ogni genere, in fondo inesistenti, vivremo più leggeri e con più sorrisi. Avremo il mondo intero ad asciugarci le lacrime se solo fossimo più uomini e ci sentissimo meno dèi.
Io con la pelle chiara, lei con la pelle scura.
Io con l’accento in un modo, lei con l’accento in un altro.
Io di una nazione, lei di un’altra.
Ma lo stesso sorriso, lo stesso passo svelto, gli stessi occhi coraggiosi, pieni di vita, ma stanchi.
Eravamo così uguali in quei nostri tratti diversi, che mi venne voglia di sorriderle di più.
Come può l’uomo dirsi diverso, quando ha più somiglianze che differenze?
Mi disse che camminava dalla mattina e ora erano quasi le diciotto. Aveva i tacchi ai piedi che ormai la facevano faticosamente camminare. «Sono stata a un colloquio, e bisogna essere eleganti».
Certo, ha ragione, nel mondo delle apparenze l’abito fa il monaco eccome.
«Non pensavo però che mi chiedessero subito di andare al ristorante. Nessuno sapeva dirmi la strada e quindi sono ore che giro in cerca di questo posto. Purtroppo bisogna fare tutto questo per un lavoro».
Lo so, lo sappiamo tutti, purtroppo, in che condizioni ci sta mettendo questo mondo che pretende tanto da noi, ma lui non fa nulla.
Il lavoro che le offrivano era da cameriera, quindi avrebbe finito tardi e doveva trovare una casa dalle parti del ristorante perché veniva da lontano, ed era sola. Avrei voluto abbracciarla, alleggerirla del peso della vita.
Parlammo un po’, con le nostre differenze linguistiche ci capivamo benissimo.
Poi arrivò il momento in cui ci separammo, lei verso il suo impegno, io verso il mio.
«In bocca al lupo» le dissi, augurandole con il cuore una buona vita, perché quella forza di sorridere che aveva “nonostante tutto” se la meritava davvero.
Quel giorno io diedi un’indicazione pratica a lei, ma lei fece molto di più, lei mi aiutò nel cuore.
Ignorante è chi crede che la pelle uguale ci conferisca diritti che leviamo a chi ha un colore diverso dal nostro.
Non siamo tutti figli dello stesso cielo?
Non abbiamo tutti gli stessi occhi, gli stessi sorrisi?
Non dovremo avere tutti le stesse possibilità a prescindere dalla terra da cui proveniamo?
Non respiriamo e amiamo alla stessa maniera?
Io non vedo differenze, io vedo un mondo in cui la felicità esiste davvero, se solo tutti sapremo amarci senza differenze.
Vanessa Romani