Michele Marsonet
Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova, docente di Filosofia della scienza e Metodologia delle scienze umane
E’ noto che per produrre armi sofisticate come quelle in uso attualmente sono necessari minerali rari (o “terre rare”), presenti in natura in quantità limitate. Le nazioni che li possiedono sono quindi in posizione di vantaggio rispetto alle altre in caso di conflitti armati.
Gli Usa, tuttora il maggiore produttore mondiale delle suddette armi sofisticate, hanno tuttavia scoperto di essere in una posizione di debolezza in quanto all’estrazione dei minerali rari. E tale debolezza riguarda proprio il confronto della difesa Usa con quella della Repubblica Popolare Cinese e della Federazione Russa, guarda caso i due principali competitors degli Stati Uniti per il predominio mondiale.
Del resto la guerra in Ucraina ha dimostrato quanto gli armamenti avanzati siano necessari. E, infatti, il blocco delle forniture Usa e la scarsa consistenza di quelle europee ha causato la crisi dell’esercito di Kiev, con il sostanziale fallimento di una controffensiva sin troppo sbandierata.
La critica scarsità delle scorte strategiche di minerali rari e le implicazioni sulla difesa Usa
Il fatto è che le scorte strategiche Usa di minerali rari si sono fortemente assottigliate negli ultimi decenni. Ammontavano a 42 miliardi di dollari nel 1952, in piena Guerra Fredda, mentre ora si parla di soli 388 milioni di dollari. Questo fatto è stato notato con allarme dalla “House Armed Services Commission” di Washington, che ha altresì sottolineato le crescenti restrizioni cinesi all’esportazione dei minerali rari.
L’allarme riguarda soprattutto l’antimonio, un metalloide indispensabile nella produzione delle batterie, nonché in quella degli apparecchi di comunicazione, delle lenti dei visori notturni e dei puntatori laser. Durante la seconda guerra mondiale gli Stati Uniti disponevano di numeroose miniere. L’ultima delle quali, nell’Idaho, è stata chiusa nel 1997. Molto scarse le alternative in Occidente.
Per capirci, i dati indicano che la Cina produce 89000 tonnellate di antimonio, e la Russia 30000 tonnellate. Terzo produttore è il Tagikistan con 28000 tonnellate. Ma, in quanto Repubblica ex sovietica e confinante con la Cina, in questo Paese è ovviamente forte tanto l’influenza di Putin quanto quella di Xi Jinping, che possono esercitare pressioni per impedire l’esportazione del minerale in Occidente.
Il problema per la difesa Usa è che l’estrazione dei minerali rari è altamente inquinante, e la diffusione della coscienza ecologica nei Paesi occidentali blocca i governanti. Cosa che invece non accade in Russia e in Cina, dove il parere dell’opinione pubblica conta assai meno. Secondo fonti dell’esercito Usa, questa situazione pone l’America in una situazione di debolezza. Soprattutto se russi e cinesi adottassero una strategia comune e coordinata per frenare – o addirittura impedire – l’esportazione dell’antimonio e di altri minerali rari.