Alluvioni, siccità, incendi, terremoti e guerre sono eventi disastrosi che sono diventati sempre più frequenti e spesso ingestibili e inevitabili. Gli squilibri hanno bisogno di esprimersi e prima o poi si manifestano per ritrovare in seguito un loro equilibrio e nel mentre purtroppo creano danni all’umanità. Queste sono situazioni che oramai non coinvolgono più solo i Paesi in cui avvengono questi disastri, ma sono diventati problemi dell’intera umanità. Ogni volta che avviene una catastrofe, sia ambientale sia di instabilità politica, l’interesse si dilaga ai diversi Stati e alle organizzazioni internazionali non governative. Le notizie così sono immediatamente diffuse in tutte le lingue del mondo e diventano di attenzione globale. Prevenire ormai questi eventi sarebbe come parlare all’oracolo di Delfi, perché i modelli e i diversi approcci utilizzati dagli studiosi non possono prevedere il futuro ma solo studiare il passato. Una strategia è comunque stata trovata; ovvero quella di creare delle comunità civili più resilienti alle catastrofi e ai disastri ambientali. Dopo un disastro affinché una comunità continui nel tempo bisogna anche che sappia ricostruirsi. Questa dovrebbe essere una delle caratteristiche delle comunità “resilienti”: non arrendersi alle avversità ma affrontarle positivamente senza mai cedere.
Durante il Forum mondiale sul Rischio, intitolato Undarstanding Risk (UR) e organizzato dalla World Bank, che si è tenuto a Venezia dal 16 al 20 di maggio, gli esperti di ogni settore provenienti da tutte le parti del mondo hanno affrontato il tema del rischio, provando a trovare delle strategie significative per prevedere, mitigare, proteggere e affrontarne le conseguenze se si dovessero manifestare. Ognuno ha portato al Forum non solo il proprio punto di vista sulla situazione ma anche azioni e progetti che hanno sperimentato in situazioni di disastri, sia ambientali sia economici sia dovuti a instabilità geopolitica, affinché le migliori pratiche possano essere divulgate ed essere d’aiuto ad altri, nel caso in cui dovessero affrontare situazioni simili.
L’Italia non solo ha portato il suo contributo ospitando il Forum in una delle sue città più belle, ma ha anche presentato una strategia che ha utilizzato e messo in atto nella sua città. Venezia, infatti, è stata la prima città italiana ad avere risposto all’appello nel 2010 della Strategia delle Nazioni Unite per la mitigazione del rischio di disastri (UNISDR). Le NU spingevano i Paesi membri a sviluppare delle politiche che si ispirassero al concetto di città resilienti. Dopo Venezia hanno aderito Ancona, Roma, Firenze e altre trentadue città italiane.
CORILLA è stata l’organizzazione partner dell’Amministrazione comunale di Venezia per sviluppare azioni che rendessero la città più resiliente. Tra le azioni più significative create dalla città possiamo ricordare quelle riguardanti la pianificazione di strategie per ridurre i danni al patrimonio artistico-culturale in caso di disastri. Un esempio è la costruzione di nuovi impianti antincendio con acqua dolce nelle calli, fondamente e campi vicino alle zone di interesse artistico-culturale, utili per ridurre i danni alle opere d’arte nel caso in cui si dovessero bagnare durante le operazioni per domare gli incendi. Poiché prima, in caso d’incendio a un Museo o Monumento, veniva utilizzata l’acqua salmastra dei canali che poteva creare danni permanenti alle opere.
Altre Istituzioni hanno presentato i loro progetti come quello del Fondo Globale per la Riduzione del Rischio (GFDRR). Il progetto esposto al Forum è stato il Codice per la resilienza (CFR), che ha lo scopo di creare una comunità globale di cittadini, governi e tecnici che forniscano necessaria assistenza tecnica, formazione e risorse per implementare azioni di pianificazione, di recupero e attività di ricostruzione dopo i disastri.
Il Team Umanitario OpenStreetMap (HOT), invece, ha presentato il suo progetto di mappatura partecipativa. Questa comunità è formata da cittadini e volontari delle zone colpite che creano istantaneamente delle mappe riguardo alla situazione della città e delle sue strade, fornendo così un supporto rilevante alle organizzazioni di aiuto post-disastro. È un metodo che parte dal basso, partecipativo e a basso costo, permette inoltre di dare in tempo reale delle informazioni geo-referenziate.
Non è facile gestire una catastrofe, alcune volte «se qualcosa potrà andare male, andrà male» come afferma il primo assioma della legge di Murphy, ma l’uomo non si arrende mai e modi di condurre delle manovre trasversali per affrontare il problema da un’altra prospettiva ne ha trovati molti, definendoli azioni e politiche. Queste strategie sono pervase dai concetti di collaborazione e di cooperazione, inoltre nel dare informazioni e aiuto ma soprattutto nel non arrendersi bensì di adattarsi: quindi essere resilienti.
Concetti che potrebbero sembrare scontati ma spesso di difficile realizzazione, soprattutto quando il mondo si deve riunire per decidere il come, il per chi e il perché agire.
Giulia Saya