Al tempo dell’età d’oro della tv non poteva mancare la spy story, genere che s’è fatto sentire fin dagli anni sessanta nel cinema della guerra fredda. In questo calderone narrativo quasi di fantapolitica si possono notare tuttora degli approcci più fantasiosi ed ammiccanti alla Fleming o intrighi più realistici e metallici, sottili di Le Carré.
Proprio quest’ultimo è ripreso dal coreano Park Chan-wook, regista amato per Oldboy e The Handmaiden, che si rituffa nella lingua inglese dopo Stoker, film bello ed elegante, supportato da una Mia Wasikowska eccellente. Stavolta è la britannica Florence Pugh ad essere stata scelta come protagonista di una suo opera: si tratta però di un’impresa televisiva, quella dell’adattamento di The Little Drummer Girl, romanzo fortunato di Le Carré già trasposto al cinema nel 1984 con Diane Keaton, Klaus Kinski e la regia di George Roy Hill. I primi due episodi sono stati proiettati a Roma, in occasione della Festa del Cinema, questo 21 ottobre.
Siamo divisi tra la Germania dell’Ovest e la Grecia turistica negli anni ’70: Israele e Palestina dopo i fatti di Monaco usano l’Europa come campo di sfida. Una bomba a Berlino porta uno dei più importanti del Mossad, Martin Kurtz (Michael Shannon) a far partire una missione per prendere il celebre terrorista Khalil, Mozart degli attentati.
Riescono però ad arrivare a suo fratello minore, il quale è posto sotto stretto controllo, drogato, manipolato nella base tedesca. A Sud, nell’isola di Nasso, l’attrice Charlie (Pugh) è con la sua compagnia a godersi il sole e la vacanza offerta da un misterioso benefattore.
Il misterioso uomo già visto a Londra di sfuggita compare: Charlie è l’unica a non aver sospetti sulla figura che ha architettato il loro viaggio. Misteriosa resta l’identità dello straniero sfuggente. Si definisce un meticcio, si chiama Peter, la invita ad Atene per farle vedere il Partenone di notte. Ma lei non sa che proprio nella capitale greca il suo corteggiatore sta aiutando Kurtz per la causa israeliana. La rete e tesa e l’attrice non deve far altro che cascarci dentro.
Nel primo episodio il regista si controlla e mette in sordina la sua foga ed il suo talento. Questa è una Lady Vendetta che come le donne che l’hanno preceduta deve compiere un viaggio dall’ignoranza alla conoscenza ma è quella che più delle altre si ritrova in scacco.
La grammatica è classica, il genere va rispettato e Park Chan-Wook lo sa bene: nel secondo episodio cominciano infatti a sentirsi vibrazioni e nessi, stacchi e montaggi che sanno più della sua impronta. Gli attori sono diretti benissimo, in armonia tale che perfino un monocorde irriducibile come Skarsgaad non stona di fronte a Florence Pugh che ha una freschezza, una naturalezza ed un’energia adorabili. Chi ha visto Lady Macbeth sa di che diamante si sta parlando.
Questo assaggio della serie dà più soddisfazioni nella seconda che nella prima parte ma è sospettabile che il regista ci stia solo preparando ad un crescendo narrativo e stilistico degno del suo nome.
Antonio Canzoniere