Chiunque abbia mai visitato Firenze, è incappato almeno una volta in una delle buchette del vino. Ma cosa sono?
Sono delle “finestrelle” molto piccole, che dal palazzo concedono un affaccio sulla strada pensato proprio per la vendita del vino.
L’associazione delle Buchette del Vino ha messo a disposizione una vera e propria mappa, e se ne conterebbero ben 170. E quelle meglio conservate si trovano in Via del Sole e in Via del Giglio.
Ma diamo un’occhiata alla storia di queste finestrelle; sembra che le prime siano state costruite nel 1500.
In concomitanza dello stravolgimento dei mercati europei, le famiglie fiorentine dovevano trovare nuovi modi per fare commercio. Decisero così di riconvertire terreni agricoli e i latifondi per dedicarsi alla produzione vinicola. E così, costruirono queste caratteristiche buchette, ovviamente pensate per le attività di vendita.
Ma ai tempi della peste, ricoprirono un ruolo particolare.
Durante l’epidemia del 1630, infatti, venivano usate per limitare il numero di contagi e la diffusione del morbo. Coloro che vendevano il vino, per evitare i contatti con i clienti, preferivano tenere chiuse le sale e limitare la vendita ad un primordiale take away.
Un ulteriore accorgimento lo si aveva anche nel maneggiare il denaro. Le monete, infatti, erano ritirate con una paletta di rame e buttate nell’aceto per disinfettarle.
Alcuni esercenti, in tempo di Covid, hanno pensato di prendere spunto dagli antenati.
E’ così che sono state ripristinate alcune di queste finestrelle, una tra tutte quella della storica gelateria Vivoli, vicino Piazza Santa Croce. Una sorta di continuità, un filo con il passato che non avremmo voluto certo riprendere – e chi se la augura, una pandemia?! – ma che fa sorridere, e ci fa pensare all’eredità di un passato remoto ma forse non poi tanto distante, verso il quale siamo senza dubbio in debito.
Le buchette ebbero però anche un’altra funzione, decisamente nobile.
Servivano per mettere a disposizione dei più poveri delle elemosine; le persone meno abbienti potevano così ricevere beni di sussistenza senza subire l’umiliazione della carità in pubblico. Una dimostrazione del benessere della città, così come dell’avanzare del concetto di bene comune a disposizione dei più svantaggiati. Dopotutto, Firenze è la città dove è nato l’umanesimo.
Se quindi passate da Firenze, soffermatevi ad osservare le facciate dei palazzi, e se vi va prendetevi la libertà di immaginare come era tra Cinquecento e Seicento, e come sarebbe bello se tutte le buchette fossero ripristinate alla loro funzione originaria.
Sofia Dora Chilleri