Le Brigate Rosse e l’omicidio del 3 agosto

Stiamo parlando del 3 agosto 1981, chi se lo ricorda? Un periodo strano quello, gli anni 80, in bilico tra Stato, Mafia, Brigate Rosse, riforme, cambiamenti, omicidi, sentenze in sospeso, documenti spariti, parole dette in silenzio. Il 3 agosto 1981 moriva Roberto Peci, non a tutti è famigliare questo nome, probabilmente Patrizio Peci vi dice qualcosina in più.

Patrizio è un ex terrorista italiano appartenente alle Brigate Rosse, tra le quali militava con il nome di battaglia di “Mauro” e di cui fu anche il primo pentito. Il suo pentimento portò un grande aiuto allo Stato italiano ed un grande dolore in quel giorno del 3 agosto. 

Patrizio entrò a far parte delle Brigate Rosse nel 1976 e, dopo un periodo iniziale a Milano, militò nella colonna “Mara Cagol” di Torino di cui divenne uno dei principali dirigenti fino al suo arresto il 19 febbraio 1980; fu il primo pentito delle Brigate Rosse a collaborare con lo Stato e, grazie alle informazioni che fornì al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, rese possibile l’individuazione del covo brigatista di via Fracchia a Genova e l’operazione che ne derivò. Purtroppo sulle modalità del suo arresto e sulle ragioni del suo pentimento si scatenò subito una accesa discussione in seno alle Brigate Rosse, con risvolti tragici per la famiglia di Peci. Secondo le fonti ufficiali, Peci fu riconosciuto per caso da due carabinieri e arrestato. Una volta in carcere, sarebbe stata l’abilità del direttore a convincerlo ad incontrare il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e a rivelargli gli elementi riguardo all’organizzazione di cui era in possesso. Le Brigate Rosse, invece, si convinsero subito che Patrizio era stato arrestato una prima volta su precisa delazione di suo fratello Roberto, anche lui implicato nelle azioni di formazioni armate, poi rimesso in libertà per acquisire maggiori informazioni e poi riarrestato con grande clamore mediatico.roberto-peci-4244095_0x410

Purtroppo questa situazione non giovò a Roberto, ecco sbucato fuori il nome “pseudo-sconosciuto”, che pagò letteralmente per il pentimento del fratello. Le Brigate Rosse convinti ormai di una messa in scena, di un tradimento già programmato a tavolino da Patrizio, decisero di vendicarsi in qualche modo, dopo esser ormai stati apertamente traditi di fronte il nemico numero uno, lo sequestrarono per ben 55 giorni, processarono e condannarono a morte il fratello di Patrizio il 3 agosto 1981.  Ricordiamo che sono state un’organizzazione terroristica italiana di estrema sinistra costituitasi nel 1970 per propagandare e sviluppare la lotta armata rivoluzionaria per il comunismo.

Si sono presi mio fratello Roberto con l’inganno, una mattina. Lo hanno preso e sequestrato, per disperata e insensata logica di vendetta. Lo hanno rapito con un miserabile trucco, con l’obiettivo di allestire un processo farsa contro di lui e di ucciderlo. Ma in realtà lo hanno fatto solo per una feroce rappresaglia contro di me. Ogni volta che una scheggia di quella storia mi raggiunge, una ferita si riapre. Mi sono accorto solo per caso che io sono l’unico. L’unico che negli anni di piombo abbia abitato entrambi i gironi dei dannati: sia fra le vittime che fra i carnefici, sia fra chi ha amministrato la morte, sia fra chi ha conosciuto la morte, quella di una delle persone più care, quella che ti fa conoscere il senso della perdita irrevocabile.

Parole di Roberto, oggi con un altro nome, un’altra identità e in un’altra nazione probabilmente, dopo aver scontato 8 anni in carcere, mentre gli altri componenti furono condannati rispettivamente a 13 ergastoli.

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