Come cambierà (o potrebbe cambiare) il mercato del lavoro nei prossimi cinque anni? A dare una risposta ci prova l’annuale rapporto Excelsior condotto da Unioncamere e Anpal. Il rapporto si è concentrato in particolare sulle professioni che saranno più ricercate dal mercato del lavoro nei prossimi cinque anni. Da qui al 2022 l’indagine ha confermato una tendenza ormai acclarata: le professioni più ricercate saranno quelle di stampo tecnico-scientifico.
Secondo il rapporto Excelsior, l’ammontare dei lavoratori richiesti sarà di 2,5 milioni, sia dipendenti che autonomi. Di questi, il 70% (cioè 1,8 milioni) dovrà possedere competenze elevate e alti livelli di specializzazione: nello specifico, per il 35,8% saranno richieste “high skills” per professioni specialistiche e tecniche.
Invece, i profili “low skills”, ovvero con scarse specializzazioni, si fermano a quota 743 mila unità, pari al 28,8% del totale.
Le professioni più richieste
Se è vero che in Italia ci si laurea sempre meno e il nostro paese è agli ultimi posti delle classifiche per numero di laureati, i “colletti bianchi” nei prossimi cinque anni potranno gioire. Pare che, dei 2,5 milioni di assunzioni previste, ben 780 mila saranno appannaggio dei laureati con economia, ingegneria e sanità in testa. La media è di 155.600 assunzioni di laureati l’anno.
Va altrettanto meglio per i diplomati, che contano circa 809.600 possibili assunzioni; in tal caso, saranno importanti gli indirizzi scolastici scelti (soprattutto elettronica ed elettrotecnica, turismo, amministrazione, finanza e marketing).
I restanti 988.500 ingressi stimati riguarderanno coloro in possesso della sola scuola dell’obbligo o di una qualifica regionale.
I profili che potrebbero rivelarsi maggiormente vantaggiosi nel mercato del lavoro nei prossimi cinque anni sono sempre di carature tecnico-scientifiche. Specialisti in informatica, chimica e fisica, scienze della vita e della salute; ma anche ingegneri, progettisti elettronici e industriali avranno una marcia in più sul totale degli occupati.
Sempre secondo le stime, andrà discretamente bene anche per i laureati in materie umanistiche: saranno infatti previste 42.100 assunzioni per i dottori in letteratura, filosofia, storia e arte.
Alcune criticità
Al di la delle previsioni, emergono alcuni problemi da questa riflessione. Il primo è di tipo “logistico-gestionale”: i 2.576.200 profili non sono poi così tanti se si tiene conto che la maggior parte andranno a sostituire dei pensionamenti. Quindi, al netto delle assunzioni per via dei neo pensionati (circa il 78%), le nuove assunzioni riguarderanno il restante 22% del totale. Questo dato tiene conto anche del possibile andamento positivo del Pil nei prossimi cinque anni: se la crescita economica si mantiene costante, i nuovi posti di lavoro così generati salirebbero dello 0,5% l’anno (+2,5% nei prossimi cinque anni).
Un’altra criticità concerne la rilevanza del cosiddetto “background formativo” che andrà a incidere sui livelli di specializzazione richiesti. Da qui scatta un altro problema, quello del legame fra istruzione e formazione. Per permettere a diplomati o laureati si apprendere competenze adeguate e incamerare esperienza si rende necessario un dialogo fra istruzione e mondo del lavoro, un nodo che la politica non è mai stata in grado di sciogliere. Infatti, coloro che più si trovano in difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro sono proprio i neo laureati per mancanza di esperienze lavorative.
Infine, un ultimo problema di carattere più generale. La ricerca di specializzazioni in ambiti tecnico-scientifici è il chiaro esempio di una involuzione del mercato del lavoro, sempre più alla ricerca di “competenze” pratiche e sempre meno interessato alla “passione” per il lavoro. La tendenza è quella di creare automi, lavoratori e lavoratrici che siano meri esecutori di prassi standardizzate: dal cameriere all’ingegnere nucleare, dalla commessa al tecnico di laboratorio non sono richiesti passione, coinvolgimento, vivo interesse per la mansione da svolgere. La sola dote contemplata è l’essere capaci, l’essere all’altezza.
Ne deriva che la maggior parte delle categorie umanistiche (lavoro, individuo, identità, comunicazione) necessita una profonda revisione. Ma, probabilmente, questa mia ultima considerazione sull’automazione lavorativa è di per se umanistica, quindi fuori contesto. Non è un caso se l’umanesimo non è contemplato in questo dominio della tecnica al quale siamo tutti ormai assoggettati.
Nicolò Canazza