I lavoratori della cultura non si pagano, sarebbe da irresponsabili!
Almeno così la pensa il sindaco di Deruta, Michele Tonaccini, interrogato a proposito del bando che ha suscitato un vespaio di polemiche, che si aggiungono alle già numerose problematiche dei lavoratori della cultura in Italia. Stiamo parlando del bando, in scadenza il 12 giugno 2020, relativo alla ricerca di un Direttore per il Museo Regionale della Ceramica e per la Pinacoteca Comunale di Deruta.
Il Direttore provvede alla direzione culturale, artistica e scientifica delle iniziative del Museo Regionale della Ceramica e della Pinacoteca comunale. Il ruolo di Direttore viene assegnato, in relazione agli standard prescritti dalla legge, ad una figura professionale specializzata in materia.
Così recita il bando, prevedendo degli standard elevatissimi per il ruolo da ricoprire: numerosi e prestigiosi titoli di studio, oltre che un’esperienza pluriennale nel settore. Per non parlare del fatto che, al futuro Direttore, spetteranno quasi tutti i compiti tecnici relativi ai due musei.
Dov’è l’inghippo? Nel compenso. Troppo alto? Troppo basso? No, assolutamente nullo, salvo che per un eventuale rimborso spese, che però sia opportunamente documentato.
A Deruta, quindi, essere lavoratori della cultura è praticamente un hobby da ricchi.
Perché solo un ricco potrebbe svolgere bene un incarico tanto oneroso senza alcuna retribuzione. In mancanza del nabbabbo di turno, non uno, ma ben due musei, andrebbero affidati alle cure di un direttore che, però, dovrebbe fare un altro lavoro per guadagnarsi da vivere. Il che ovviamente, significherebbe rilegare la direzione dei musei ai ritagli di tempo. Alla stregua dell’uncinetto e delle partite a bridge.
Per non parlare della totale svalutazione della preparazione e dell’esperienza del potenziale direttore. Si pretende competenza, ma si pretende anche di non pagarla.
Il sindaco Tonaccini ha così commentato le polemiche:
Se il Museo tornerà a essere fattore attrattivo, se le risorse torneranno a circolare, sarò il primo a voler affidare un incarico a titolo oneroso per la figura di direttore, contribuendo all’occupazione che è un mio obiettivo. Certo che c’è necessità di incentivare l’occupazione, ma sarebbe da irresponsabile, in questo momento, farlo e per di più con un incarico così oneroso e prestigioso
Certo, l’emergenza Covid ha messo a dura prova il bilancio nazionale, ancor più quello dei piccoli borghi come Deruta. Ma puntare a risanare il bilancio comunale esigendo che le persone lavorino gratis ci sembra piuttosto contorto. Soprattutto, lo ripetiamo, considerato che da queste persone si pretende il massimo della competenza in cambio del nulla.
Quel che è peggio è che l’episodio, pur essendo forse il più eclatante, non è l’unico nel suo genere. A parte il caso gemello di Senigallia dello scorso anno, risulta problematica la concezione del lavoro culturale in genere.
Già prima del lockdown aleggiava sullo Stivale l’idea che gli artisti ed i lavoratori dell’arte e dello spettacolo debbano lavorare gratis, perché il loro mestiere è un gioco che non necessita di particolari abilità. L’altro lato della medaglia, infatti è sempre stato quello dei principianti allo sbaraglio, quelli che da un giorno all’altro si svegliano cantanti, attori e che dir si voglia.
Inutile dire che, con l’emergenza, la situazione è decisamente peggiorata. Intere categorie professionali sono praticamente sparite, abbandonate a loro stesse, senza alcun tipo di sussidio ed impossibilitate a lavorare. Naturalmente sono nati una serie di movimenti in difesa delle suddette categorie.
Tra questi, per esempio, c’è AWI, ART WORKERS ITALIA.
Dal 1° maggio 2020 AWI ha lanciato il proprio sito web contenente il manifesto e del gruppo.
[AWI] include tutte quelle figure che operano all’interno di enti e istituzioni pubbliche e private per l’arte contemporanea.
AWI quindi è costituito dagli stessi lavoratori del settore, e si pone come scopo quello di individuare e sviluppare tutte le modalità di tutela dei lavoratori dell’arte che in questo momento mancano, definendo strumenti di tipo etico, politico, giuridico e contrattuale. Sulla stessa linea l’appello di ConfCultura al premier Giuseppe Conte, e la chiamata alle arti del Forum dell’Arte Contemporanea.
Da non dimenticare poi Mi Riconosci.
All’inizio di marzo 2020, infatti, l’associazione Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali ha lanciato un questionario. Lo scopo dello stesso era quello di capire quanti lavoratori del settore avessero perso o rischiassero di perdere il proprio lavoro e/o la propria fonte di reddito, e quanti avessero subito abusi o peggioramenti della propria situazione con lo scoppio dell’emergenza Covid.
I risultati?
Solo il 22% degli intervistati ritiene adeguate le misure intraprese finora dal Governo. Gli intervistati in massima parte temono una contrazione e un crollo strutturale del settore in cui lavorano: per questo le misure pensate solo fino alla fine dell’emergenza non possono bastare
Naturalmente, anche i rappresentanti di Mi Riconosci sono in prima linea nella protesta contro il bando di Deruta: chi la spunterà?
Mariarosaria Clemente