Il Coronavirus miete le sue vittime nel settore economico e di certo non è una sorpresa.
Abbiamo analizzato la mancata chiusura delle fabbriche, ma anche la gravità della situazione nel suo generico, la difficoltà nel gestire un’emergenza nazionale con tutti i suoi impedimenti. Ora parliamo dei professionisti, i piccoli imprenditori, i freelance: milioni di lavoratori lasciati indietro da un Paese che non ha mai puntato al futuro.
Il lavoratore autonomo è una sorta di oasi nel deserto, il baluardo di un settore terziario totalmente ignorato; l’innovazione e il mondo digitale non rientrano nella “lista delle cose da fare”, così come non viene contemplata una modifica tempestiva di quella famosa partita Iva. Nessun vantaggio presente o investimento sul futuro; nessun traguardo ai fini pensionistici rispetto a ogni altro settore; illustro al lettore un’incapacità che ormai si è posta come ereditaria nella nostra amministrazione politica.
È in situazioni come queste che il lavoratore autonomo riconosce il peso della sua posizione. Gli esempi non sono mancati in passato e persistono attualmente, come nel caso dei lavoratori dello spettacolo Ex Enpals, privati della banale soddisfazione del proprio pagamento.
Ricordo al lettore che l’APE Social (Pensione di Lavoratori Non Occupati – 63 anni, con 30 anni di versamenti) è stata riconosciuta solo ai lavoratori dipendenti; esclusi i parasubordinati, difficilmente destinati alla pensione.
Gli impaginatori, i pubblicitari, i coworker di qualche redazione online, tutti coloro che possono definirsi freelance non riconoscono sussistenza. Al contempo, nessuna volontà di accompagnarli nella loro crescita, poiché il nostro stivale ha sempre concentrato la propria attenzione sulla manifattura, l’industria; di rimando, senza considerare in che direzione dovrebbe dirigersi un Paese definibile come progressista. Certo, tengo a sottolineare che il settore industriale non giova di un’immunità dai problemi, anzi! Teniamo conto che non si sta procedendo ad un confronto.
Nelle attuali difficoltà da Coronavirus, ogni azienda potrà solo difendere se stessa; il lavoratore autonomo dovrà attendere una sorta di aiuto dal cielo, che certamente non arriverà per tutti. Si scorge all’orizzonte una gigantesca voragine, una spirale di versamenti, obblighi fiscali e, soprattutto, una privazione da ogni logica.
Difatti, parliamo di una partita Iva che non ha il diritto di ammalarsi o sentenziare alcunché; medesimo discorso per farmacisti e infermieri: numerosi gli infermieri assunti in questi giorni, a 30 euro nei reparti di rianimazione come liberi professionisti; i primi ad essere costretti alla partita Iva, difesi – per quel che può – da Federcontribuenti.
Anche qui, trattiamo un discorso un po’ vecchiotto, ma che non manca di saltar fuori in casi in cui l’emergenza è palpabile.
Se si parla di cambiamenti futuri, di certo questo è nel listino: la dimostrazione di un reale interesse per il futuro, nonché l’approdo di una nuova autonomia lavorativa, pragmatica e concettuale.
Eugenio Bianco