Filippo Falotico, 20 anni.
Roberto Peretto, 52 anni.
Marco Pozzetti, 54 anni.
Se tre morti al giorno vi sembrano pochi andate voi a lavorare e sentirete la differenza di lavorare, morire e comandare.
Non sono pezzi di calcinacci, non sono blocchi di cemento, sono lavoratori e sono morti.
Sono volati giù come sassi, non ci sono più.
In Italia si muore di lavoro, lavoro nero e malpagato a soli 20 anni.
No, non siamo in un paese del terzo mondo, siamo a Torino in Italia dove il lavoratore dovrebbe essere garantito dalla Costituzione e dallo Statuto dei lavoratori.
Articolo 4 della Costituzione:
“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto…”
Lo Statuto dei lavoratori è una legge del 20 maggio 1970, la normativa principale della Repubblica Italiana in tema di diritto del lavoro.
Fu Giuseppe Di Vittorio leader della Cgil nel 1952 a parlare di Statuto per i lavoratori: una legge che garantisse i lavoratori.
Ci vollero quasi vent’anni prima che lo Statuto dei lavoratori diventasse legge e centinaia di lavoratori e studenti uccisi durante le manifestazioni dalle forze dell’ordine.
Fu approvato il 20 maggio 1970 grazie al ministro Carlo Donat- Cattin, partigiano bianco, ex sindacalista della Cisl torinese, considerato il politico più ‘ruvido’ della DC.
Con lo Statuto dei Lavoratori del 1970, che rimane un punto di riferimento per l’incorporazione dei diritti sociali, economici e culturali nel diritto interno, Carlo Donat-Cattin, insieme a Gino Giugni, ha avuto il merito di “portare la Costituzione nelle fabbriche”.
Leggete cosa scriveva il Corriere della Sera, sul discorso alla Camera del ministro Donat Cattin:
«Permeato di asprezze polemiche. Gli imprenditori e le forze politiche moderate – non escluse quelle che militano nella DC – sono state i bersagli delle ripetute tirate del ministro».
In realtà Donat- Cattin attacca chi è contro lo Statuto:
«I rilievi mossi allo Statuto risentono in gran parte di una mentalità privatistica dei rapporti sindacali ispirata da Dossetti, e rifletteno un punto talvolta esasperato fino a visioni di tipo americanistico che vedevano il sindacato come libero agente operante nella società al di fuori di ogni regolazione giuridica».
La punta avanzata della dura azione del padronato è stata rappresentata dalla Fiat, con «massicci licenziamenti di carattere politico e antisindacale».
Lo Statuto votato al Senato, fu approvato dalla Camera con 217 voti a favore (la maggioranza di centro sinistra – DC, PSI e PSDI, PRI, PLI, si orientarono per l’astensione PCI, PSIUP e MSI e si registrarono dieci voti contrari.
A tutti i governi lo Statuto dei lavoratori ha dato fastidio, soprattutto negli ultimi vent’anni dove molti sono stati i tentativi per cancellare i diritti dei lavoratori dai governi Berlusconi, a quello di Prodi, Monti, Renzi e Draghi.
Dava fastidio soprattutto l’articolo 18 dello Statuto:
“Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno subito per il licenziamento di cui sia stata accertata la inefficacia o l’invalidità a norma del comma precedente. In ogni caso, la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione, determinata secondo i criteri di cui all’art.”
L ‘articolo fu sostituito dal governo Renzi con il Jobs Act gradito agli industriali: l’introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e la possibilità da parte del datore di lavoro di licenziare un lavoratore dipendente senza giusta causa.
È chiaro che con il Jobs Act oggi il lavoratore è più ricattabile ed ha meno diritti di ribellarsi e di denunciare il datore di lavoro.
Troppi morti sul lavoro, tutti i governi sono responsabili da Berlusconi, a Monti, a Renzi e a Draghi perché sempre a favore degli imprenditori, degli industriali e contro i lavoratori.
La loro colpa è di privatizzare le aziende statali, lasciare che gli industriali trasfesrissero le aziende all’estero, dove la mano d’opera costa meno, e lasciare qui in Italia solo la commercializzazione.
Hanno lasciato che il lavoro fosse non più un diritto, il governo Conte ha sopperito alla mancanza di lavoro con l’assistenzialismo di 700 euro considerato da molti un privilegio, non riflettendo che solo il lavoro rende il cittadino attivo e capace di lottare per i diritti e contribuire allo sviluppo della società e della nazione.
Nessun governo ha mai pensato di colpire gli industriali che hanno portato via le aziende fuori, nessun governo ha pensato di debellare il lavoro nero, tranne qualche leggina, per zittire i sindacati e le associazioni.
Si riempiono la bocca di diritti per i lavoratori, ma guai a far pagare le tasse a tutti, guai a mettere la patrimoniale, guai a scioperare contro il governo, il 16 dicembre si voleva impedire alla Cgil e alla Uil di scendere in piazza con la scusa del Covid.
Oggi i lavoratori sono degli eroi invisibili, perché andare a lavorare è come vincere un terno a lotto, non sai se tornerai a casa vivo, per non parlare della paga misera che sei costretto ad accettare, o del lavoro in nero che accetti per non morire di fame.
I lavoratori muoiono, alla Caritas in fila a chiedere cibo ci sono sempre più italiani che hanno perso il diritto al lavoro, il diritto alla casa perché sfrattati, intanto i politici continuano a gonfiare le loro buste paghe e a garantirsi la pensione.
Si muore in Italia, perché costretto ad accettare un lavoro che non ti dà garanzia, la paga che ti propina il padrone e devi dire anche grazie, se no rischi il licenziamento.
Eroi invisibili incapaci di ribellarsi perché la tua famiglia ha fame.
E non è andando alla convention della Meloni o non partecipando allo sciopero, caro Letta, che avrai i voti dei lavoratori, ma stando dalla parte dei lavoratori come fecero Di Vittorio, Donat-Cattin e Berlinguer.
E non è votando la destra di Meloni, Salvini e Berlusconi che cambierà l’andazzo, perché loro sono e saranno sempre a favore degli industriali e imprenditori.