L’implacabile avanzata dei coloni in Cisgiordania minaccia la pace e la dignità dei palestinesi

avanzata dei coloni in Cisgiordania

Andrea Umbrello

Direttore Editoriale di Ultima Voce


Nei territori palestinesi, una minaccia crescente e inarrestabile si sta facendo sempre più evidente e pericolosa: l’avanzata dei coloni in Cisgiordania. La presenza illegale e aggressiva dei coloni israeliani sta mettendo a repentaglio la stabilità e l’integrità della regione, costituendo una seria minaccia per la pace e la dignità della sua popolazione.


L’avanzata dei coloni in Cisgiordania occupata sta raggiungendo proporzioni preoccupanti, come rivela un recente rapporto di Al-Jazeera. Durante il periodo tra ottobre e gennaio, sono sorti almeno 15 avamposti e 18 strade illegali, accompagnati da recinzioni e posti di blocco, che soffocano pesantemente la libertà di movimento dei palestinesi. La presenza illegale di questi insediamenti incide sempre più profondamente sulla regione, minacciando il tessuto stesso della vita quotidiana dei suoi abitanti. Come un filo spinato avvolto attorno alla speranza, l’espansione dei coloni imprigiona il sogno di pace e libertà per la Palestina.

La crudele avanzata dei coloni in Cisgiordania ha costretto oltre 1.200 palestinesi a fuggire dalle proprie case, come riportato da gruppi per i diritti umani e le Nazioni Unite. Il brutale allontanamento ha condotto alla frammentazione di almeno 15 comunità di palestinesi, mentre i coloni, insensibili al dolore altrui, proseguono nella loro espansione, raggiungendo un numero impressionante di circa 700.000 e opprimendo coloro che sperano in un futuro di pace e prosperità.

Gli avamposti rappresentano accampamenti improvvisati, che possono variare da singole carovane a poche strutture modulari costruite su terreni rurali palestinesi. Sono eretti da membri del più ampio movimento di coloni israeliani, determinati a imporre la presenza israeliana su territori occupati illegalmente. Questi, sono spesso mossi da un’ideologia estremista, che propugna la colonizzazione integrale della terra palestinese e la forzata espulsione dei palestinesi, con l’obiettivo principale di rimodellare la demografia della Cisgiordania, ostacolando la creazione di uno Stato palestinese indipendente.

Nonostante sia chiaro che gli avamposti, così come gli insediamenti, violino il diritto internazionale, Israele adotta una visione selettiva, dichiarando illegali solo gli avamposti costruiti senza l’approvazione governativa. Tuttavia, paradossalmente, molti avamposti vengono in seguito autorizzati retroattivamente, assumendo così lo status di insediamenti legali, nonostante la loro origine illegale e il disprezzo per i diritti dei palestinesi.

Non è un caso se durante la guerra a Gaza nel 2023, il tasso di costruzione degli avamposti sia aumentato vertiginosamente. Mauricio Lapchik, attivista di Peace Now, sottolinea che i coloni approfittano dei periodi di conflitto per consolidare la loro presenza illegale.

Le immagini satellitari mostrano che gli avamposti sono costruiti sempre più in profondità nel territorio palestinese, separando le comunità e limitando l’accesso alle terre agricole. Inoltre, le strade costruite dai coloni attraversano terre palestinesi, diventando linee di divisione pericolose. Le strade, infatti, rivestono un ruolo cruciale nel consolidare la presenza israeliana in aree remote. Queste strade non solo occupano suoli palestinesi, ma si trasformano in sentieri pericolosi per gli agricoltori e i pastori locali, consapevoli del rischio di attacchi da parte dei coloni israeliani.

Anche in questo caso, le immagini satellitari mostrano decine di nuove arterie stradali costruite dopo il 7 ottobre, connettendo gli avamposti ad altre zone sotto il controllo israeliano, come fattorie o insediamenti. Questo fenomeno rappresenta una diretta minaccia alla sicurezza e alla libertà di movimento dei palestinesi, che si trovano costretti a fronteggiare nuove sfide e pericoli nella loro stessa terra.

In questo clima di repressione e violenza, l’escalation degli attacchi dei coloni contro i palestinesi, donne e bambini compresi, ha raggiunto proporzioni allarmanti, con l’ONU che documenta ben 573 attacchi solo nella Cisgiordania, spesso in collaborazione con le forze israeliane. La brutalità dei coloni si manifesta in modo lampante nel tragico episodio accaduto nel villaggio di Wadi al-Siq cinque giorni dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre: decine di coloni armati hanno devastato case e sottratto animali, costringendo gli abitanti a fuggire per proteggere la propria vita e sicurezza.

Chiaramente, gli avamposti illegali e l’avanzata dei coloni in Cisgiordania minacciano la possibilità di una soluzione al conflitto israelo-palestinese. Ma prima di discutere di rispetto del diritto internazionale e della cessazione delle costruzioni illegali nei territori occupati, occorre affrontare una verità ancora più dolorosa e preoccupante: dall’7 ottobre scorso, le barbare azioni dei coloni hanno portato alla morte almeno nove palestinesi, mentre le forze israeliane ne hanno uccisi addirittura trecentottantadue .

In un contesto così fragile, in cui la sofferenza diventa la moneta corrente e la paura si insinua nelle pieghe della vita quotidiana, ogni grido di dolore si trasforma in eco nel cuore di coloro che sperano in un futuro di pace e libertà. Dietro ogni statistica e ogni dato si nasconde una storia di angoscia e di sofferenza umana. Le cifre spietate dei palestinesi costretti a lasciare le proprie case, il terrore di fronte agli attacchi dei coloni, la tragedia di vite spezzate nel fragore della guerra: sono queste le voci che gridano giustizia, che chiedono un’azione risoluta e compassionevole.

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