“Hippies conservatori”: sembra una paradosso ma è il nuovo fenomeno che sta attraversando i social media. Da emblema degli ideali di pace, amore e libertà nei tumultuosi anni Sessanta, il movimento hippie è oggi molto più vicino alle politiche conservatrici. Teorie del complotto, resistenza all’establishment, no vax : diverse generazioni sono accumunate da un insieme di valori contraddittori. Ma la controcultura è stata davvero rivoluzionaria? O questo è semplicemente il culmine di una fiamma che ormai si è spenta?
La parabola della controcultura
Nato come risposta a un’epoca di scontri e violenze, il movimento hippie – da “hip“, ossia alla moda – designa una generazione di giovani tra gli anni Sessanta e Settanta caratterizzati dal rifiuto delle norme sociali borghesi, dal pacifismo, da uno stile anticonvenzionale, dalla rivoluzione sessuale, dalla vita in comunità a stretto contatto con la natura e dal consumo di droghe psichedeliche.
Spesso bollati dai media come meri utopisti o pericolosi radicali, gli hippies vengono associati alle rivolte nei college statunitensi, tra cui le proteste contro la Guerra del Vietnam, le manifestazioni per i diritti delle donne e della comunità LGBTQ e le marce contro la segregazione razziale.
Quello degli hippies è stato forse uno degli unici movimenti di massa del XX secolo (dopo il comunismo): nonostante la breve durata, ha condizionato un’intera generazione e rivoluzionato per sempre i costumi sociali, oltre che aver influenzato notevolmente l’acquisizione di numerosi diritti importanti.
I figli dei fiori sono oggi cristallizzati nel nostro immaginario collettivo grazie alla musica rock e ad eventi culturali di enorme portata come il Festival di Woodstock: questi giovani immaginavano un mondo fondato sull’amore e sulla pace, su una profonda trasformazione che è rimasta tuttavia incompiuta.
Non sono mancati però i lati oscuri del movimento: il gruppo del folle Charles Manson e la strage di Cielo Drive sono solamente un esempio della dissennatezza che è stata capace di raggiungere una controcultura così estrema. Nonostante ciò, gli strascichi del movimento hippie sono ancora presenti nel nostro tessuto sociale e la controcultura viene costantemente romanticizzata malgrado siano passati più di 50 anni dalla sua scomparsa.
Un revival snaturato : la discesa verso il conservatorismo
La nostra epoca è sicuramente piena di analogie con gli anni d’oro del movimento hippie, soprattutto in un’America annichilita dalla frustrazione nei confronti del governo e ciò ha fatto sollevare l’ipotesi di un possibile revival del movimento hippie degli anni ’60. In effetti, un ritorno c’è stato ma del tutto diverso da quello che ci si aspettava: oggi i social media sono invasi dal movimento degli “hippies conservatori“.
Molti sono i baby boomers che, finita la febbre collettiva della Summer of Love, hanno abbracciato uno stile di vita borghese e ordinario. Altri, sono giovanissimi benestanti e frequentatori assidui del Burning Man che su TikTok fanno cosplay di una cultura (e un insieme di valori) che non gli appartiene. Sono però tutti accomunati dalla vicinanza a posizioni politiche di stampo conservatore.
Quello che sembra un ossimoro nasconde una realtà in cui i nemici degli hippies degli anni Sessanta e quelli delle destre odierne sono gli stessi. Infatti, sono proprio il Partito Repubblicano o i movimenti populisti a sostenere quelle che sono le battaglie degli “hippies conservatori ” del XXI secolo: si passa dal movimento no vax e dal rifiuto della medicina tradizionale a tutte le forme di resistenza contro l’establishment, dal veganismo, dall’apprezzamento per il raw milk e dalla filosofia zero waste alle teorie del complotto fino all’appoggio a movimenti religiosi più o meno tradizionali.
Alcuni parlano addirittura di “trustafarian” (da trust fund, fondo fiduciario), termine che designa una persona giovane e facoltosa che adotta uno stile di vita alternativo incorporando elementi da culture non occidentali e fingendo di appartenere alla classe lavoratrice. Ne è un esempio l’influencer e cantante Shanin Blake, la quale ha scatenato polemiche su TikTok dopo aver dichiarato di aver curato un’infezione renale grazie alla forza del pensiero.
La vicinanza tra hippies e conservatorismo è emersa più volte anche nei comizi dello stesso Presidente Donald Trump, che ha spesso utilizzato canzoni scritte proprio durante il periodo della controcultura, mistificandole allo scopo di coprire il bigottismo della sua parte politica e snaturandone così il vero significato.
Gli “hippies conservatori” sembrano estranei alle lotte per i diritti civili e sociali quanto più preoccupati a proteggere l’individualismo e i propri privilegi, mostrando di frequente comportamenti rasenti all’omofobia, al razzismo e al classismo. Questi nuovi fenomeni sociali potrebbero spazzare via ciò che la controcultura degli anni Sessanta ha costruito, cambiando definitivamente il volto del movimento hippie.
Rivoluzione dei costumi o utopia borghese-liberale?
Sorge dunque spontaneo domandarsi se il movimento hippie sia stato davvero rivoluzionario o, al contrario, solamente un’allucinazione collettiva di facciata.
Nell’analizzare il fenomeno della controcultura è bene precisare che la maggioranza di coloro che aderirono al movimento hippie erano giovani bianchi e borghesi, emblemi del WASP e incapaci di inserire una prospettiva di classe all’interno della loro lotta. A questo si aggiunge l’appartenenza di molti al movimento pro-life, indubbiamente molto distante dalla base femminista di numerosi hippies.
Come osservato da Michael Kramer nel suo saggio “Republic of Rock“, gli hippies stavano riformando il capitalismo creando mercati di nicchia che mercificavano ciò che era considerato “cool” e permettevano a chiunque di comprarsi uno stile di vita – ne risulta una divergenza del movimento hippie con l’anticapitalismo, in quanto la cultura hippie ad oggi è anche e soprattutto incentrata su varie forme di consumo, come dimostrano il rilievo raggiunto dalla musica di riferimento e dagli head shops.
Un altro aspetto molto controverso legato alla cultura hippie (e lontano dai valori della sinistra radicale odierna) riguarda il concetto di appropriazione culturale, in quanto il movimento è stato spesso colpevole di prendere degli elementi appartenenti a comunità marginalizzate – ad esempio, il popolo Romani o alcuni gruppi indigeni- e farli propri, come è successo con alcune credenze spirituali o con la stessa moda associata agli hippies.
Inoltre bisogna precisare che in molti casi gli hippies, nonostante il loro supporto a certe battaglie, non erano disposti a militare in un partito o diventare attivisti politici: questo perché si è soliti confondere il termine hippie con “yippie“, che designa proprio gli hippies radicalizzati e politicizzati. Questo spiegherebbe anche perché il movimento hippie non ha portato a cambiamenti significativi, a livello politico, all’interno della società.
Tutti questi elementi sono ancora più accentuati nell’attuale fenomeno degli “hippies conservatori”, nati sicuramente in risposta a una sinistra sempre più intellettuale (e dunque associata all’establishment) e nel contesto di una destra che ha saputo fare leva sul fattore nostalgia.
In definitiva, solamente quella parte del movimento hippie politicizzata e consapevole può essere definita come rivoluzionaria, incarnando valori che vanno oltre un semplice modo di vestirsi o la musica che si ascolta.
Gli “hippies conservatori” di TikTok si qualificano come l’ennesimo baluardo di una determinata fazione politica che cerca di nascondere atteggiamenti discriminatori dietro un’aesthetic stereotipata.
Sara Coico