È un luogo comune dire che intraprendere studi classici e umanistici dia la possibilità di sviluppare la capacità di pensiero.
Ma quanto è importante imparare a pensare? E si può davvero farlo?
A questi interrogativi, ha provato a rispondere D. F. Wallace, classe 1962, indubbiamente uno degli scrittori più innovativi dell’ultimo ventennio. Ricordato per racconti e romanzi (citandone un paio, La scopa del sistema e La ragazza dai capelli strani), era anche eccellente saggista e grande pensatore.
In merito alla questione degli studi classici, ha offerto il suo punto di vista in occasione di un famoso discorso da lui tenuto al Kenyon College il 21 Maggio 2005. Quello su cui si concentra il discorso dello scrittore è che lo studio di materie umanistiche non insegni tanto un metodo da seguire per imparare a pensare, quanto aiuti a discernere “cosa” è utile pensare, e cosa è un pensiero critico.
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Secondo D. F. Wallace la capacità fondamentale per imparare a pensare ha a che vedere con il controllo della propria razionalità.
La cultura aiuta e scegliere a cosa prestare attenzione e a cosa no, ma anche quale significato attribuire alle varie esperienze. Il dominio dei propri pensieri è alla base dell’apprendimento, ed è un mezzo indispensabile alla sopravvivenza e al benessere psicologico. Ma non è tutto qui.
La cultura, inoltre, aiuterebbe a liberarsi da quelli che sono i presupposti di standardizzazione del pensiero, mettendoci nella condizione di poter scegliere di guardare in maniera diversa alle varie situazioni della realtà. Solo così se ne può cogliere l’essenza, svincolandoci dalle verità predefinite dalla natura umana e permettendoci di superare le convenzioni e le loro ristrettezze.
Alla base della “genetica umana”, infatti, c’è una visione egocentrica del mondo.
Secondo questa, ognuno di noi pensa che il proprio sentire sia più reale rispetto a quello degli altri, e che le proprie idee siano inconfutabili. Ed è proprio l’inconfutabilità delle cose in cui crediamo il primo tassello del puzzle da far saltare per imparare a pensare, frutto dell’arroganza umana.
L’arroganza, infatti, è “convinzione cieca, ristrettezza di idee che si traduce in prigionia completa al punto che il prigioniero non sa nemmeno di essere sotto chiave”.
E, di conseguenza, nemica della cultura.
D. F. Wallace
L’abbandono della propria arroganza implica la necessita di un’umiltà di fondo e di un atteggiamento non superficiale nell’approccio alle cose.
Approccio che si deve avere verso i concetti complicati, come verso le realtà più ovvie, che sono spesso le più difficili da capire proprio perché la loro presunta ovvietà ci spinge a passare oltre e non analizzarle. E’ fondamentale sviluppare una consapevolezza critica riguardo se stessi e le proprie certezze, perché un’enorme percentuale delle cose a cui tendiamo a essere automaticamente sicuri risultano erronee e illusorie.
La mancanza di riflessione sulla realtà delle cose ha come unico epilogo l’inconsapevolezza, e l’unica alternativa all’inconsapevolezza, che ci condanna ad una vita fatta di routine e zone di confort è la libertà di essere sovrani del nostro cervello.
Questo richiede attenzione, consapevolezza, disciplina e impegno costanti. E ci permette di vivere con pienezza e non isolarci nel nostro microcosmo, ma essere in contatto con gli altri.
Questa è la vera libertà. Questo è essere istruiti e capire come si pensa. L’alternativa è l’incoscienza, la configurazione di base, la corsa al successo, il senso costante e lancinante di aver avuto, e perso, qualcosa di infinito.
D. F. Wallace
Ed è in questo modo, secondo D.F. Wallace, che la cultura, e anche di più le sue implicazioni, diventano davvero il lavoro di una vita.
Sofia Dora Chilleri