La pittura è un arte che può contrarre diversi matrimoni, può sposarsi con la musica ed abbandonare la materia per divenire astratta, può andare a nozze con la letteratura e portare lustro, luce, per l’appunto illustrare. Bruno Caruso, che si è spento a 91 anni il 4 novembre dopo una lunga malattia, è stato un figlio prediletto dell’unione fra la pagina dattiloscritta e l’immagine, le sue penne si sono prestate alle parole come al disegno, i suoi inchiostri hanno spiegato e contemporaneamente hanno illustrato i contenuti.
Bruno Caruso nasce a Palermo nel 1928 e, nell’immediato dopoguerra, soggiorna a Vienna, Monaco, Praga, lasciando aperte le porte all’influenza di pitturi come Gustav Klimt, Otto Dix, George Grosz, con i quali condividerà l‘espressionismo figurativo, il coraggio e l’acume di rappresentare i volti della politica e del potere, nella facoltà e versatilità di lasciare un segno profondo, In fondo l’immagine è un colpo d’occhio, di consuma in brevi istanti, spesso con la sua forma graffiante e carica di trucco teatrale, ha la potenza di ritornare con passo guerriero ad ogni appello della memoria.
Pittore, disegnatore, illustratore poliedrico ed estroso, Bruno Caruso si trasferì a Roma nel 1959 e qui vi rimase fino alla fine dei suoi giorni. La stretta collaborazione con il giornalismo e con l’editoria per scrivere i mali della sua terra, fu fondatore di una rivista intellettuale intitolata “Sicilia” (1953) ed autore di numerosi articoli su L’Unità e L’Ora di Palermo, collaborando sempre da indipendente, distaccato dai contesti e dalle mode.
Un paio d’ali per volare
Poichè quest’artista possedeva un paio d’ali per volare, si dedicò alla lotta alla mafia come ai temi sociali e civili, i più ostici e duri, quelli che portano dentro le ferite della collettività: clochard, prostitute, malavitosi, matti, la fauna umana da galera e fango che, nonostante il pesante fardello di tristezza e squallore, le sue matite ed i suoi acquarelli hanno trasformato in poesia di intrinseca bellezza. Forse è proprio questa l’alchimia dell’arte figurativa: un ribaltamento ottico che azzera il male per sbalordire con la forma ed il sentimento.
Ricevendo anche un premio dall’allora Ministro Basaglia – si occupò di malati mentali e di manicomi, il gesto che ritrae è istantaneo nell’intreccio di tratteggi e linee nervose che arrestano l’anima nello sguardo e nella posa, come quando si prendono appunti veloci sul taccuino, vibranti e impregnati di esperienza diretta.
Volò anche sulla botanica con le illustrazioni dedicate agli orti e ai giardini (Orto Botanico di Palermo per esempio), sulla storia e sui miti con l’interessante mostra del 2012 – sempre nella sua città natale – in ricordo di Federico II: l’imperatore giovinetto fu immortalato con il suo falco in immagini vivaci e fiabesche, senza mai staccarsi dalla dimensione letteraria. E ancora i ritratti dei suoi conterranei, autori colti e autorevoli come Quasimodo, Verga, Pirandello, Brancati, Vittorini, Sciascia, con il quale era legato da intima amicizia, Bruno Caruso merita sul serio di essere ricordato nell’elenco degli intellettuali siciliani grazie ai quali “l’isola è rimasta a galla”, per riprendere la felice espressione del filosofo Manlio Sgalambro a proposito di un amaro destino che la vede zattera che affonda.
Grazie a coloro i quali che, oltre al talento ed al genio creativo, per essere artisti portano in grembo una necessità, imprescindibile e divina, ovvero quella di essere onesti.