In Danimarca è possibile misurare l’impronta climatica della propria spesa e scoprire quanto pesano le proprie scelte alimentari in termini di inquinamento. Questa l’innovativa funzione lanciata da Coop Danmark, il colosso danese con una quota di mercato del 40%, 1200 supermercati e ipermercati e circa 36000 dipendenti. Un impegno a responsabilizzare i propri clienti riguardo l’impatto della propria dieta sul clima.
L’impronta ambientale o Carbon Footprint (CFP) è un indicatore ambientale dell’impatto che le attività umane hanno sui cambiamenti climatici. Si esprime con l’ammontare di gas ad effetto serra emessi direttamente o nelle fasi di produzione di un bene o un servizio. Misurato in termini di anidride carbonica equivalente CO2 eq, il calcolo della CFP esprime il rapporto fra il riscaldamento causato dai gas serra coinvolti e il riscaldamento causato nello stesso periodo dalla stessa quantità di CO2.
Proprio questa è la funzionalità del tracker aggiunto all’app di Coop DK, un misuratore dell’impatto ambientale dei un prodotti alimentari in termini di emissioni dannose, consumo idrico e di risorse necessarie a tutte le fasi della produzione. Altra possibilità è quella di confrontare la propria impronta climatica con quella dell’acquirente medio. L’obiettivo è quello di educare i consumatori a una spesa dal più basso impatto ambientale possibile.
Questo processo di responsabilizzazione colpisce principalmente il consumo di carne e latticini. Ogni volta che si inserisce uno di questi alimenti l’app propone alternative vegetali a parità di valori proteici. Infatti l’allevamento animale è una delle principali cause di emissioni dannose che pesano di più sul surriscaldamento climatico.
In un’ intervista al Washington post il direttore della CSR di Coop, Thomas Roland afferma che a circa un mese dal suo lancio il 21% dei 1,2 milioni di utenti dell’app ha già usufruito della funzione.
I grandi effetti di una piccola scelta
L’intento di ridurre il consumo di carne e latticini è una decisione perfettamente in linea con le linee guida rilasciate dal Summary report della EAT-Lancet Commission per soddisfare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’ONU. La commissione raccomanda infatti di ridurre del 50% il consumo di carne in favore di una dieta più ricca di vegetali. Per raggiungere quelli che sono anche gli obiettivi dell’Accordo di Parigi l’impronta climatica di una persona dovrebbe aggirarsi attorno alle 3,1 libbre al giorno.
Lo sviluppo del tracker ha richiesto un anno di lavoro e le sue misurazioni restano comunque approssimative. Data la mole di prodotti disponibili, per alcuni è stato necessario utilizzare valori di riferimento approssimativi, tenendo conto l’irrilevanza delle possibili variazioni di produzioni. Anche la misurazione della carne segue valori standard indipendentemente dal metodo di allevamento.
L’accoglienza tra i fornitori di carne e latticini non è stata omogenea. Molti temono per la riduzione delle vendite mentre altri son favorevoli ad una maggiore trasparenza in favore di scelte più verdi ai consumatori. Comunque da sola la modifica delle pratiche di allevamento per minimizzare i consumi non basterebbe per prevenire gli effetti del surriscaldamento globale.
Strumenti come questo possono renderci consapevoli degli effetti climatici che hanno tutte le nostre scelte, e spingerci a piccoli cambi di abitudini verso uno stile di vita ecosostenibile. Siamo ancora in tempo per salvare le generazioni future dalla sofferenza di affrontare da soli un problema causato dalla nostra pigrizia.
Valeria Zoppo