I lampi radio veloci, meglio conosciuti col nome inglese fast radio burst, sono un fenomeno astronomico ancora abbastanza misterioso, ora lo sforzo congiunto di due team di scienziati operanti presso due radiotelescopi posti praticamente fianco a fianco nel deserto dell’Australia Occidentale ha dato origine a una ricerca pubblicata su Astrophysical Journal Letters. ne ha dato notizia l’International Centre for Radio Astronomy Research (Centro internazionale per la ricerca in radio astronomia).
Ma cosa sono i lampi radio veloci?
Da circa un decennio gli astronomi si sono accorti di alcuni deboli brevissimi lampi radio che si osservano in ogni direzione in cielo, il primo fu osservato nel 2007 da Duncan Lorimer, astrofisico della West Virginia University. In breve ci si è resi conto che questi segnali appaiono deboli per via dell’enorme distanza. in quanto sono fenomeni extragalattici e quindi si tratta invece di fenomeni davvero molto energetici.
Di ipotesi sull’origine ce ne sono pure troppe perché ne sappiamo ancora troppo poco su cosa origini questi lampi della durata di frazioni di secondo che, a seconda dei casi, rilasciano una quantità di energia che il Sole rilascia in periodi che vanno da ore a mesi.
Ora i suddetti radiotelescopi, che sono il Murchison Widefield Array (MWA) e l’Australian SKA Pathfinder (ASKAP), hanno osservato insieme la stessa porzione di cielo, perché due radiotelescopi? Perché captano frequenze diverse e il risultato è stato che ASKAP ha captato diversi lampi radio veloci che sono sfuggiti all’MWA.
L’MWA opera a frequenze più basse, dunque ci sono solo due possibili spiegazioni: la prima è che i fast radio burst non emettano a basse frequenza, la seconda è che i segnali a bassa frequenza siano bloccati durante il loro viaggio verso di noi.
Per capire quanto sia stato difficile lo sforzo congiunto ribadisco che non solo i lampi radio veloci durano millisecondi ma che sono assolutamente imprevedibili.
Il dottor Ramesh Bhat, co-autore dello studio, ha rivelato che i due radiotelescopi hanno dovuto scrutare la stessa area per mesi per ottenere dei segnali su cui gli scienziati potessero lavorare.
Senza dubbio questo lavoro in tandem tra due strumenti con sensibilità diverse in futuro potrebbe portare benefici ad altre aree dell’astronomia.
Roberto Todini