Tema caro ai filosofi, e molto discusso, l’amicizia ha attraversato nei secoli il pensiero di antichi e moderni. Una delle riflessioni più profonde in merito nell’antichità si deve al più illustre allievo di Platone. In questo articolo si proverà a ripercorrerla, chiarendo in cosa consistesse l’amicizia secondo Aristotele.
Sul tema il filosofo è tornato in più occasioni, ma per leggere la più completa trattazione dell’amicizia secondo Aristotele bisogna aprire l’Etica Nicomachea (IV a. C.). In particolare, i libri su cui concentrarsi sono l’VIII e il IX, nei quali lo Stagirita si dedica a una disamina del fenomeno a 360 gradi. Regalando alla posterità riflessioni di un’attualità sconcertante e qualche preziosa consapevolezza da tenere con sé nella vita di ogni giorno.
Un bene imprescindibile alla vita…
Trovandosi nella necessità di dare una definizione di cosa sia l’amicizia secondo Aristotele, si potrebbe rispondere: un bene imprescindibile alla vita. Anzi, forse addirittura uno tra i più imprescindibili di tutti. Del resto anche il sapiente, che può fare a meno di molto, ha pur sempre bisogno di amici. Anzi, a dirla tutta Aristotele in apertura della propria esposizione si spinge ad affermare che
senza amici, nessuno sceglierebbe di vivere, anche se possedesse tutti gli altri beni.
Dell’amicizia, infatti, hanno bisogno il ricco e il potente. Sia per mantenere la ricchezza e il potere, sia perché molta della gioia di avere denaro e cariche risiede nel poter essere utili agli amici. Del resto, dell’amicizia hanno bisogno il debole e il povero, per trovare assistenza e protezione. Ne hanno bisogno i giovani per spronarsi a migliorare e non commettere errori e i vecchi per trovare un reciproco supporto nella vecchiaia. Ma ne hanno bisogno anche quelli nel fiore degli anni, perché con l’aiuto degli amici si può riuscire a dare il meglio di sé.
Tutto questo perché l’amicizia secondo Aristotele è o una virtù o qualcosa che con la virtù si accompagna. E, in particolare, è un fenomeno che riguarda profondissimamente l’umano. Infatti, secondo l’antropologia dello Stagirita, l’essere umano si caratterizza, oltre che per il possesso del lògos (parola/ragione), anche per la sua socievolezza intrinseca. L’umano, lo afferma nella Politica, ha bisogno di altri umani accanto a sé per poter vivere:
Chi non è in grado di fare parte di una comunità civile o non ha bisogno di nulla perché basta a se stesso, non è parte dello stato. Quindi o è una bestia o è un dio.
… ma con dei distinguo
Tuttavia, con il suo occhio metodico da scienziato, ad Aristotele non poteva sfuggire un fatto di cui tutti abbiamo esperienza. Ossia che c’è amicizia e amicizia, non sono tutte uguali. Così, tenendo fede al rigore classificatorio che si può apprezzare in tutte le sue opere, anche in questo caso lo Stagirita compie le doverose distinzioni. E, in particolare, classifica l’amicizia in base al suo scopo in tre tipologie: l’amicizia per il piacere, quella per l’utile e quella per il bene. Di queste tre, argomenta il filosofo, in realtà solo l’ultima è salda e forte e perciò può essere detta “amicizia” in senso pieno.
Infatti, l’amicizia secondo Aristotele è una dichiarata, reciproca e stabile benevolenza tra due o più individui:
occorre per essere amici, essere benevoli gli uni verso gli altri e non nascondere di volere il bene l’uno dell’altro.
Se, però, per “bene” s’intende il reciproco piacere o il reciproco utile, allora l’amicizia risulta limitata dal proprio stesso scopo. Che, come se non bastasse, può altresì essere uno scopo non buono. Infatti, a dare piacere (se si è uomini malvagi) possono essere qualità o azioni malvage e vergognose. Allo stesso modo, un utile che accomuna può essere un’associazione a delinquere. Anche quando lo scopo sia buono, però, esso resta comunque circoscritto. Sicché l’amicizia dura finché dura l’utilità reciproca o il piacere che procura una certa compagnia. Non ci si affeziona a un altro per chi lui è, ma per ciò che rappresenta per noi. E, poiché le persone cambiano nel tempo, quando l’amico smette di rivestire questo ruolo, anche l’affetto e il legame inevitabilmente decadono. Diverso, invece, è il caso dell’amicizia per il bene.
L’amicizia secondo Aristotele, quella vera
Due amici possono essere tali per il piacere della reciproca compagnia. Oppure, pur non piacendosi molto, possono essere legati da opportunità politiche, economiche, imprenditoriali o di altro genere. In entrambi i casi, lo si è detto, si tratta di legami effimeri, non essenziali a definire l’identità degli individui o a scandirne le giornate. Tuttavia, a parere del filosofo esiste anche un’altra forma di amicizia, molto più profonda, che mette in gioco tutta l’esistenza degli individui coinvolti. Questo tipo di amicizia, che Aristotele definisce “perfetta”, è quella che caratterizza gli uomini buoni:
L’amicizia perfetta, invece, è l’amicizia degli uomini buoni e simili per virtù. Costoro, infatti, vogliono il bene l’uno dell’altro, in modo simile, in quanto sono buoni, ed essi sono buoni per sé stessi. Coloro che vogliono il bene degli amici per loro stessi sono i più grandi amici. Infatti, provano questo sentimento per quello che gli amici sono per se stessi, e non accidentalmente.
Gli uomini perbene, insomma, sanno essere piacevoli e utili gli uni per gli altri, ma non è questo che fa nascere e rinsalda le loro amicizie. Essi, piuttosto, si riconoscono per affinità elettiva, e ciò che di buono viene dalla relazione che nasce tra loro è frutto della loro predisposizione. Il loro rapporto, inoltre, perdura nel tempo, almeno finché restano uomini perbene – ed è difficile, almeno secondo Aristotele, che l’uomo di valore cambi. Anche perché questo tipo (raro) di persone riesce a costituire uno sprone per gli amici a migliorarsi costantemente. O, quantomeno, un monito a non commettere azioni di cui poi vergognarsi in presenza di quegli uomini coi quali si condivide la vita.
Il più politico dei rapporti sociali
Come sarebbe stato a Roma per Cicerone, anche per Aristotele, sia pure in modo diverso, l’amicizia tra gli uomini migliori costituisce un rapporto profondamente politico. Infatti, scrive il filosofo,
Sembra, poi, che sia l’amicizia a tenere insieme le città, ed i legislatori si preoccupano più di lei che della giustizia. Infatti, la concordia sembra essere qualcosa di simile all’amicizia. Ed è questa che essi hanno soprattutto di mira, ed è la discordia, in quanto è una specie di inimicizia, che essi cercano soprattutto di scacciare. Quando si è amici, non c’è alcun bisogno di giustizia, mentre, quando si è giusti, c’è ancora bisogno di amicizia. Anzi, il più alto livello della giustizia si ritiene che consista in un atteggiamento di amicizia.
In altre parole, come emerge dal passo citato l’amicizia secondo Aristotele è anche e soprattutto un elemento di coesione sociale. Quando si tratta, naturalmente, dell’amicizia in senso pieno, quella per il bene e non solo per l’utile o il piacere. Infatti, sembra che a parere del filosofo la virtù riesca, entro certi limiti, ad agire quasi per contagio, fornendo un modello ispiratore. Di conseguenza, secondo il suo ragionamento, ha successo e prospera quello Stato che riesce a favorire un rapporto di amicizia tra i cittadini. Essi saranno tanto giusti quanto riusciranno a fare e volere il bene l’uno degli altri.