L’almanacco di Leopardi per l’anno che verrà: sarà buono?

L'almanacco di Leopardi per l'anno che verrà: sarà buono?

L’anno nuovo è appena iniziato e, considerato quello che è capitato negli ultimi due o tre, tutti forse ci siamo chiesti che cosa ci aspetta. C’è un’opera di Giacomo Leopardi che, tra il serio e il faceto, potrebbe valere la pena di rileggere: Il dialogo di un venditore di almanacchi e d’un passeggere. Noi lo abbiamo fatto, chiedendoci come sarebbe l’almanacco di Leopardi per l’anno che verrà.

Il dialogo di un venditore di almanacchi e d’un passeggere è un gioiellino di glaciale ironia che fa parte delle Operette morali (1835). In esso, come negli altri ventitré tra dialoghi e novelle, Giacomo Leopardi si serve della forma della prosa per ragionare ed esporre la propria filosofia. Più nello specifico, il tema del dialogo sono le speranze umane in un avvenire migliore. Speranze che, nel quadro del proprio pessimismo (definito dagli studiosi in questa fase come “cosmico”), il poeta vede come inevitabilmente destinate alle più amare delusioni. E dunque, quale sarebbe l’almanacco di Leopardi per l’anno che verrà?




Lo scambio di battute tra il venditore di almanacchi e il viandante

Il dialogo in questione mostra uno scambio di battute tra un viaggiatore e un venditore d’almanacchi per l’anno nuovo. Possiamo immaginarceli incontrarsi a un crocicchio, il venditore coi suoi bei calendari pieni di informazioni astronomiche, metereologiche e devozionali e il viandante svagato, quasi malinconico.
Quando il venditore propone la sua merce, l’altro non può fare a meno di domandargli se crede che l’anno venturo sarà felice. Quando il primo risponde di sì, il secondo comincia a domandargli se ricordi qualche anno passato che sia stato davvero, davvero felice. In difficoltà, il venditore risponde che gli pare di no. E, interrogato se vorrebbe mai rivivere tutti i suoi anni daccapo, ribatte che sì, ma a condizione di poter fare una vita del tutto diversa. Quale? Oh, non importa: la vita che a Dio piacesse dargli, senza saperne nulla in anticipo.

Ed è a questo punto lo snodo del ragionamento, quello che ci porta verso il cuore dell’almanacco di Leopardi per l’anno che verrà. Perché il viaggiatore riflette un po’ e poi commenta:

Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene. Se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?

Tirare le somme, c’è poco da stare allegri… Oppure no?

Ora, il discorso del viaggiatore ha una conclusione fortemente ironica. Se nessuno, potendo, vorrebbe rivivere la propria vita daccapo, allora la vita ha trattato tutti piuttosto male. Che è cosa, in effetti, che Leopardi in questa fase del suo pensiero crede. Non c’è ragione di credere che la vita futura comincerà a trattare meglio gli esseri umani. Quell’agognata felicità non ha maggiori probabilità di arrivare soltanto perché comincia un nuovo anno.

E dunque è questo l’almanacco di Leopardi per l’anno che verrà? Se ha fatto schifo in precedenza, non c’è ragione di sperare che migliori? Calma. In realtà, il dialogo non finisce così. Al viaggiatore, infatti, cortesemente il venditore risponde: “Speriamo“. Dopodiché, il viandante chiede al venditore di almanacchi di mostrargli il più bello che ha, lo acquista e se ne va. In quest’ultimo scambio, almeno a parere di chi scrive, c’è un portato residuale da non sottovalutare.

L’almanacco di Leopardi e il valore dello stare insieme

Bisogna ricordare, a questo punto, anzitutto che cos’è un almanacco. Si tratta, in sostanza, di un calendario provvisto di indicazioni sulle fasi lunari, la meteorologia, i tempi della semina e del raccolto. Non solo: spesso include informazioni sulle festività religiose e curiosità sulle vite dei santi, leggende popolari locali e altri temi. Un almanacco, insomma, è uno strumento che serve a proiettarsi nel futuro sapendo cosa aspettarsi con il sapere e la compagnia del passato, che male non fa. Sia pure un passato più generale e altrui che il proprio. Comprandolo, il viaggiatore leopardiano sembra voler entrare nell’anno nuovo con qualcosa in più della compagnia delle proprie illusioni.

In secondo luogo, va notato che l’acquisto dell’almanacco avviene proprio al termine di uno scambio, non solo commerciale ma umano. I due uomini dialogano del senso del presente, del passato, del futuro e di sé in mezzo a una via.
E forse è proprio questo ciò che può salvare un anno, vecchio o nuovo che sia. La possibilità di un dialogo, di un confronto, di un contatto.
Leopardi stesso sembra autorizzare questa prospettiva nella fase eroica del proprio pessimismo, cui approda proprio al termine delle Operette Morali. In particolare, in un altro dialogo di quest’opera, quello tra Plotino e Porfirio, i due filosofi discutono della liceità del suicidio. Essi la negano e poi si esortano a vicenda dicendosi:

andiamoci incoraggiando, e dando mano e soccorso scambievolmente, per compiere nel miglior modo questa fatica della vita.

Se, a livello dell’ordine cosmico, la vita è sofferenza – come il poeta crede – ecco che la risposta a questa sofferenza può venire dai rapporti umani. Dall’amicizia, per esempio. O da una chiacchierata leggerissima e profonda con uno sconosciuto a un angolo di strada.

E dunque, come sarà l’anno nuovo?

Su questo, l’almanacco di Leopardi per l’anno che verrà non ci dice proprio niente. O meglio, una cosa sì. Che dipende da noi. Dalle illusioni che coltiveremo e da quando e quanto sceglieremo di guardare in faccia la realtà, probabilmente. Ma, in larga parte, anche da come decideremo di porci nel rapporto con gli altri. Sia che si tratti di scambi ordinari, sia che si tratti di circostanze straordinarie, forse potremmo provare a prendere spunto dal viandante. Ed essere pessimisti (oppure ottimisti) eroici cominciando per prima cosa a fermarci a chiacchierare con uno sconosciuto di quello che ci aspetta.

Valeria Meazza

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